“Fotografie” di Rodolfo Walsh

di / 8 maggio 2014

Roberto Bolaño, senza per la verità essere molto originale, nel suo “I miti di Chtulhu” (ne Il gaucho insostenibile) affermò grosso modo che al giorno d’oggi (il suo oggi, parecchio simile al nostro) si preferisce la narrativa lineare, quella semplice dei best-seller, le cui storie iniziano e finiscono senza troppe pretese né complicazioni, senza troppi arzigogoli da morte-del-romanzo e sicuramente senza non detti né chissà quali intenzioni ellittiche. Letteratura comprensibile, in altre parole. Una narrativa onesta e fedele che, insomma, accompagni un lettore sempre più svogliato e televisivo, disgraziatamente incline allo spaesamento su carta, evitando di imporgli lavori di meningi troppo faticosi. Purtroppo quest’affermazione bolañana risponde a verità, sebbene, per fortuna (e il clamore suscitato dello stesso scrittore cileno ne sia già testimonianza sufficiente), esistano anche degli spazi letterari che se ne infischiano delle mediocri necessità del lettore sfaccendato, per restituire invece a tutti gli altri lettori un po’ inattuali ciò che realmente interessa a chi la letteratura la ama per davvero. La produzione di Rodolfo Walsh, autore argentino vittima della dittatura, desaparecido post-mortem nel 1977 e poliedrico lavoratore dell’universo editoriale, è uno di questi luoghi pericolosi e scomodi in cui trovare riparo dalla calma piatta e dalla soffice morbidezza senza spigoli imposta dal mainstream e dall’odiosissima narrativa di consumo e intrattenimento. Fotografie, la raccolta di racconti che porta la sua firma, di recente pubblicazione italiana (La Nuova Frontiera, 2014), è per l’esattezza uno di questi luoghi labirintici e disordinati, informi e staminali, in cui l’autore chiede al lettore, stavolta giocoforza voglioso e impavido, una certa complicità e un sovrappiù di furore esplorativo: un eccesso di attenzione e di rigore, in altre parole. Non a caso Ricardo Piglia, uno che della letteratura ellittica ha fatto una ragion d’essere (si legga per esempio il suo romanzo del 1980 Respirazione artificiale, pubblicato qui da noi a opera di SUR, nel 2012), profonde tutto il suo entusiasmo nel definire la narrativa breve di Walsh come uno dei grandi momenti della letteratura argentina (come riportato, a titolo promozionale e non solo, proprio sulla bella copertina di Fotografie).

A questo punto si dirà: «Certo, d’accordo, ma l’Argentina del Novecento è uno dei principali e più comuni territori in cui il proliferare di simili autori ha avuto luogo, complice il tira e molla golpista che ne ha contraddistinto la storia più recente. Niente di nuovo, dunque, con buona pace di coloro che per mestiere più o meno ben pagato incensano a spron battuto le lettere della sponda est del Río de la Plata». Tuttavia, nel caso di Walsh, imputare soltanto a tale condizione politico-ambientale le possibilità di emersione di una simile letteratura succulenta vorrebbe dire affidarsi a un determinismo dal sapore piuttosto ottocentesco, ancor più inattuale, dunque, del lettore testardo e inveterato amante di Walsh, Piglia e della letteratura che, spesso o talvolta, nasconde o semplicemente non mostra il suo specifico oggetto, lasciandolo sullo sfondo oppure anche al di là delle pagine. È infatti vero che i racconti contenuti in questo recente volume (che in sé contiene due raccolte della narrativa breve di Walsh, I riti terreni e Un chilo d’oro) hanno il pregio di appartenere davvero alle Lettere Belle, dittature o meno. Si tratta di racconti fatti per frammenti verdini da ricomporre e dunque seguire con l’occhio attento alle minime sfumature, ai minimi interstizi che il testo, tra una parola e l’altra, prevede oppure nasconde. Racconti che ruotano attorno al clima pesante dell’Argentina novecentesca, che illuminano la storia piccola della gente piccola, che hanno protagonisti defunti o contumaci, o che magari contemplano un finale banalissimo eppure straordinario. Tutto questo a detrimento del povero lettore da supermercato che, suo malgrado, cercherà altrove il c’era una volta, sperando di trovarci anche il vissero per sempre felici e contenti.

(Rodolfo Walsh, Fotografie, trad. di Anna Boccuti ed Elena Rolla, La Nuova Frontiera, 2014, pp. 224, euro 17)

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