“Leviathan”
di Andrej Zvjagincev

Parabola sul potere assoluto e la sua distruzione

di / 8 maggio 2015

In una piccola città vicino al mare di Barents, nella regione nord-occidentale della Russia, vive il meccanico Kolya con la sua seconda moglie Lilya e il figlio del primo matrimonio Roma. La famiglia di Kolya vive lì da sempre, in una casa-bottega che si affaccia sul mare, ma l’equilibrio domestico è minacciato dalle pretese del sindaco Vadim che vuole per sé la terra su cui sorge la casa. C’è stato un contenzioso finito per vie legali e la corte d’appello ha riconosciuto il diritto del sindaco di prendere la terra dietro il pagamento di un corrispettivo molto basso, 350mila rubli (più o meno diecimila euro). Aiutato dall’amico Dimitri, conosciuto sotto le armi e nel frattempo diventato un importante avvocato a Mosca, Kolya cerca di ottenere ragione al di fuori della legge, ricattando Vadim con una serie di documenti che dimostrano la sua corruzione. Solo che il ricatto non va come Kolya sperava.

È un regista molto amato dai festival internazionali, Andrej Zvjagincev. Nel 2003, con il suo film d’esordio Il ritorno ha vinto il Leone d’oro a Venezia. Nel 2007 Izgnanie, il suo secondo film, ha portato il premio per il migliore attore di Cannes al protagonista Konstantin Lavronenko. Nel 2011 Elena si è aggiudicato il premio speciale della giuria della sezione Un Certain Regard di Cannes. Con Leviathan, il suo ultimo lavoro presentato ancora a Cannes nella passata edizione, è arrivato il premio per la miglior sceneggiatura della Croisette, il Golden Globe per il miglior film straniero e una nomination all’Oscar per il miglior film straniero.

Non ha avuto vita facile in patria, Leviathan. In un primo momento è stato bloccato dalla censura russa perché ritenuto apertamente anti-Putin. L’uscita delle sale è arrivata solo in un secondo momento. Zvjagincev si è ispirato alla storia vera di un saldatore del Colorado che si è visto portare via la terra dagli interessi industriali intorno a lui, ma è chiaro che tutto, ogni cosa, in Leviathan ha un forte valore simbolico, sin dal titolo. Nella tradizione biblica, il Leviatano è un mostro marino nato per volontà di Dio. Nel Libro di Giobbe viene definito «il re su tutte le bestie più superbe», e proprio il libro di Giobbe è una ispirazione costante che attraversa tutto Leviathan, spogliata da ogni connotazione religiosa, ma solo come racconto del dolore dell’innocente, di Kolya nuovo Giobbe chiamato a sopportare ogni tipo di abuso. Il Leviatano, però, è anche il titolo dell’opera del giusnaturalista Thomas Hobbes dedicata al potere dello stato che deve essere assoluto sopra ogni cosa, e come simbolo per rappresentarlo Hobbes aveva scelto proprio il mostro biblico.

Il film di Zvjagincev è senza dubbio un film sul potere. Un film contro il potere che strappa libertà e dignità agli uomini semplici. È chiaro, nel momento storico-politico della Russia di oggi (o piuttosto degli ultimi quindici, vent’anni) un simile discorso va a colpire direttamente chi il potere lo incarna, l’uomo con l’autorità più alta, e quindi Putin. Zvjagincev non fa niente per nascondere il suo obiettivo. Lascia che i suoi personaggi si esercitino con il tiro a segno contro i ritratti dei vecchi uomini di stato russi, lascia anche che si lamentino che non ci sia niente di più recente da colpire. Vadim, che incarna tutta la corruzione immaginabile per un uomo di stato, ha il ritratto di Putin alle sue spalle in ufficio, a indicargli la direzione. Il potere del singolo perde completamente di vista l’altro per essere espressione dell’interesse personale più crudo.

Il Leviatano è simbolo duplice ma unico. Non è solo il mostro marino, esterno al mondo degli uomini ma capace di distruggerlo, o il sovrano assoluto, che invece il mondo degli uomini deve reggerlo, non è l’uno o l’altro a intermittenza, è entrambi in ogni momento. Il potere devasta, non costruisce, toglie, non dà. Dio non è da nessuna parte, non c’è nessuna autorità al di sopra degli uomini. Negli spazi immensi del mare di Barents il dolore di Kolya e della sua famiglia viene lasciato galleggiare nelle pozze di acqua stagnante, tra scheletri immensi di balena e relitti di barche. La chiesa è vicina al potere, lo consiglia e si sottrae per non sapere al di fuori del vincolo della confessione. È un paesaggio di desolata solitudine umana.

La casa di Kolya è una piccola isola di speranza in mezzo a tutto questo. Zvjagincev la accarezza con la telecamera, ce la fa conoscere in ogni centimetro, ce la fa sentire come nostra. Annegato nei litri di vodka che manda giù, Kolya vede la sua piccola vita strappata un pezzo alla volta da Vadim e lo spettatore sta lì con lui. A Giobbe alla fine Dio rende tutto quello che ha tolto. A Kolya non va altrettanto. bene.

(Leviathan, Andrej Zvjagincev, 2014, drammatico, 140’)

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LA CRITICA

Film dall’enorme valore simbolico, Leviathan di Andrej Zvjagincev riflette sul potere e sulle sue conseguenze sulla vita degli uomini qualunque. Tutto assume un valore maggiore collegandolo alla realtà della Russia contemporanea, ma già come puro oggetto di cinema – immagini, regia, recitazione, dialoghi – è un film memorabile.

VOTO

8,5/10

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