“Grey Tickles, Black Pressure”
di John Grant

Nuovo viaggio, vecchi demoni

di / 2 novembre 2015

Inizio l’articolo ringraziando John Grant per averci mostrato i suoi demoni. Lo ha fatto ancora, rimanendo fedele al proprio stile: lirico, simbolico e fortemente ironico. Ciò lo si constata fin dalla copertina dell’ultimo Grey Tickles, Black Pressure (Coop-Bella Union). Vi ricordate la possente e oscura fierezza dalla cover del precedente Pale Green Ghost? Un elegante Grant seduto al tavolo di un rustico locale tipicamente islandese (sua patria da qualche anno) con un libro aperto sul palmo della mano, a simboleggiare l’immersione in una nuova cultura, l’inizio di un viaggio inedito, sia umano – la convivenza con la sieropositività – sia musicale, la svolta elettronica. La copertina di Grey Tickles, Black Pressure è altrettanto simbolica e palesemente più kitsch e sarcastica. Un arredamento e un abbagliamento sgargiante e la presenza di due gufi, simboli sia del dolore derivante da un imminente sciagura, ma soprattutto la chiaroveggenza da sempre incarnata da tali rapaci, soprattutto nella cultura nordica. Questo spiega il bagliore nei suoi occhi? Possibile. Sicuramente Grant ha sempre combattuto i suoi mali con la forza salvifica dell’arte. Ah, tornate un attimo alla copertina di Pale Green Ghost e guardate nell’angolo in basso a destra…

Procediamo: spostiamoci dalla copertina al titolo. Grey Tickles equivale nello slang islandese alla crisi di mezza età, Black Pressure è una delle definizioni di incubo in lingua turca. Il titolo è chiaro e si abbina perfettamente al corredo simbolico già presentato. Andiamo a vedere la cosa più importante: la musica.

Alla luce dell’ormai epico Queen of Denmark e di Pale Green Ghost, Grant sceglie di non scegliere. Mi spiego: anche il terzo album – come il precedente – è una convivenza tra l’anima acustica e melodica e quella elettronica. Sicuramente Grant continua a prediligere la forma synth-pop per creare una originale figura di elettro-cantautore dedito a plasmare involucri di tastiera e drum machine attorno alle sue crisi e dubbi. Il risultato è ancora una volta di valore qualitativo molto alto.

Se la produzione sonora di Pale Green Ghost era cupa e avvolgente, quella di Grey Tickles, Black Pressure è molto più ritmata e sfocia molto spesso nell’ammaliante battito disco music: ne è perfetta incarnazione il primo singolo, “Disappointing” in duetto con Tracey Thorn cantante degli Everything But The Girl.

Ma se qualcuno – dopo questo primo ascolto – aveva tacciato il nostro di eccessivo disimpegno e svago, rimpiangendo la sua inaudita vena drammatica, ascoltando tutto il lavoro ha cambiato repentinamente idea. Il ritmo è avvolgente, i ritornelli inarrestabili ma ciò non toglie nulla alla mole empatica ed emotiva gettata ancora una volta su disco dal cantautore e sapientemente gestita dal produttore John Congleton.

«And there are children who have cancer / And so all bets are off / I’ve got grey tickles and black pressure / And I’d rather lose my arm inside of a corn thresher / Just like Uncle Paul», canta Grant nel ritornello dell’omonima seconda traccia fornendo l’ennesima prova immensa del potenziale creativo. Ma come se non volesse adagiarsi troppo sulla bellezza del tono caldo e baritonale, il cantautore massacra subito dopo la propria voce: in “Snug Slacks” la campiona e la distorce in pure stile anni Ottanta, nella successiva “Guess How I Know” la fa soccombere sotto l’impatto distorto degli strumenti. Brano dopo brano il nostro si mostra in splendida forma e la freschezza di “You & Him” (il pezzo più rockeggiante) e “Down Here” parlano chiaro, soprattutto per l’arrangiamento e il lavoro dei sintetizzatori su quest’ultima. E se in “Voodoo Doll” si sfoga tutta la vocazione disco-sarcastica, ecco arrivare il k.o. che solo il buon Grant si può permettere: mettetevi seduti e lasciatevi scuotere dei brividi, è arrivata “Global Warning”. Altrettanto notevoli le seguenti “Magma Arrives” e “Black Blizzard”. Poiché tutto il disco è un frequente e vivace (ma non frivolo) alternarsi di battiti e campionamenti, il Nostro chiude la terza fatica con “No More Tangles” e “Geraldine” (ennesimo omaggio cinematografico, stavolta all’attrice Geraldine Page): una doppietta vecchio stile con superbe soluzioni orchestrali. Un degno finale.

Concluso Grey Tickles, Black Pressure l’ascoltatore è spiazzato: ha ascoltato un disco magnifico, eclettico, dalle svariate e intense sfumature,
ma dove è la serenità, l’appagamento del felice ascolto? Purtroppo nell’opera di Grant al momento non ci sono lieti fine: solo lo sfoggio di una musica altissima usata per sconfiggere quei maledetti “pallidi fantasmi verdi”. Quanto durerà questa battaglia al momento non lo sappiamo e forse non lo sa nemmeno il diritto interessato: ma finché tale duello genera tale musica, non possiamo che essere grati a chi sta combattendo.

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LA CRITICA

Ennesimo grande lavoro musicale e testuale a opera di uno dei più bravi e rappresentativi cantautori della scena alternativa mondiale.

VOTO

8/10

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