“Gli ultimi libertini”
di Benedetta Craveri
Una meravigliosa epopea sul ’700 libertino
di Michele Lupo / 4 aprile 2016
Fra antichi privilegi di casta e le tentazioni dell’imminente rivoluzione si muovono sette personaggi, sette uomini vissuti negli anni di uno snodo fondamentale della nostra storia, quel ’700 francese che l’autrice di Gli ultimi libertini (Adelphi, 2016), Benedetta Craveri, ci aveva già splendidamente raccontato in altri libri adelphiani.
Tentazioni, si diceva. Non sarebbero stati libertini altrimenti, anche se l’autrice ci tiene a marcare una netta differenza con la versione (tutt’altro che pacifica in effetti) del libertino come grossolano edonista senza scrupoli e senza altri obiettivi che il piacere solo e comunque. Il duca di Lauzun, il visconte Joseph-Alexandre de Ségur, il duca di Brissac, il conte di Narbonne, il cavaliere di Boufflers, il conte Louis-Philippe de Ségur e il conte di Vaudreuil attraversano l’Illuminismo con piena consapevolezza della sua decisività storica (l’ultimo è il solo a non essere liberale); ne traggono il meglio compatibilmente con le loro origini, si muovono e agiscono in un teatro esistenziale molto aperto: al piacere, all’arte del sedurre coniugano ambizione individuale e sensibilità per i nuovi paradigmi all’origine delle successive rivoluzioni “progressiste”.
Così, la crisi dell’Antico Regime appare in una luce meno cupa di quanto non voglia la vulgata scolastica: questa aristocrazia intellettuale più che implodere e collassare per lasciare spazio al nuovo, sembra avvicinarlo, promuoverlo, sobillarlo. A partire dal primo dei sette, il duca di Lauzun che – incredibile no? – si lamenta della mancanza di merito nel decidere onori e glorie di una carriera! Come gli altri, vuole guadagnare prestigio non grazie al nome che porta ma attraverso l’opera. E invece deve fare i conti con una corte di protetti spesso inetti, maldestri. Fra una donna e l’altra, fra un piacere e una passione (compresa quella per l’elusiva Maria Antonietta) studia economia, si affilia alla massoneria, si pone al comando delle truppe francesi in America, ben consapevole di quanto ciò potesse servire la causa dei nuovi ideali in corso e insieme della lotta al predominio inglese. Il filantropo duca di Brissac, anch’egli massone, acuto collezionista d’arte, amò fra le altre l’assai vilipesa Madame du Barry e le consentì di «acquisire consapevolezza della parte migliore di sé». La seduzione è un’arte non opzionale per un libertino; merita di essere coltivata con pazienza e metodo: laddove la resistenza è tenace, «bisognava insinuarsi in una vita senza allarmarla» – lo sapeva benissimo il cavaliere di Boufflers.
Le capacità seduttive non restano confinate nella collezione di amori – peraltro, fra di loro sembra predominare il tipo Casanova e non quello, dissimile, del Don Giovanni: qua ci si innamora, anche. Amano la conquista – non solo di donne –, i disegni per ottenere incarichi e ruoli che nella storia del tempo possono essere decisivi. Vogliono cambiarla, da ambasciatori, funzionari, diplomatici, convinti come sono che la Francia debba lasciarsi alle spalle l’assolutismo. Se aspirano al comando, ci arrivano o falliscono per vie strategiche, persino istrioniche – il che non vuol dire sleali, ma sempre elegantemente attrezzate: arte della parola innanzitutto, senso della scena, sprezzatura all’occorrenza.
Craveri tra le fonti per Gli ultimi libertini si affida alle memorie stesse dei protagonisti – tutti loro chi tanto chi meno trovavano anche il tempo per scrivere – e ovviamente sa benissimo quanto ognuno possa romanzare a piacimento la propria vita; ma al netto delle forzature più o meno volontarie (Proust, che di aristocrazia seppure ormai anacronistica e perciò stesso disfatta, se ne intende, ancora deve nascere), si tratta di vite talmente e indubitabilmente ricche di esperienze da apparire già letterarie. Altrettanto ovvio è che invece raccontarla, una vita, è un’arte. E Benedetta Craveri quest’arte la conosce: costruisce, monta, indugia distribuendo vuoti (pochi in verità) e pieni con sagacia. E come nel finale di un dramma mozartiano alcuni (se non tutti) dei protagonisti si ritrovano partecipi a vario titolo e diverse posizioni nella macchina che prepara gli Stati Generali del fatidico 1789, monarchici certo, ma non reazionari – persuasi, come dei Parini più energici e brillanti, di poter mutare per così dire dall’interno senso e valore a una casta in declino («aristocratici che si opponevano al privilegio»). Che poi la storia andasse più veloce e tumultuosa di quanto previsto è un altro discorso.
(Benedetta Craveri, Gli ultimi libertini, Adelphi, 2016, pp. 620, euro 22,50)
LA CRITICA
Benedetta Craveri con Gli ultimi libertini ci regala la storia degli ultimi libertini di Francia, vere quanto romanzesche.
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