“III” di Moderat

Dopo tre anni, il ritorno Sasha Ring, Gernot Bronsert e Sebastian Szary

di / 27 aprile 2016

III il nuovo album di Moderat

Lo hanno rifatto.  Apparat (Sasha Ring) e  Modeselektor (Gernot Bronsert e Sebastian Szary) sono tornati a lavorare insieme.  III, uscito tre anni dopo lo splendido II e sette dopo il big bang I, trasmette fin da subito compattezza. Compattezza, dalla Treccani, l’esser compatto. Compatto deriva dal latino compingere, collegare. Ecco, in III, ogni brano è collegato, non solo in una deduttiva sequenza spazio–temporale. In III ogni istante è collegato oltre che a quello immediatamente precedente e a quello immediatamente successivo, a tutti quelli che lo formano, a ogni scelta di inserire il basso in quel determinato momento, a quella batteria campionata fatta partire in quel punto e non in quell’altro, a quei synth, a quella modulazione vocale.

E quella di ogni istante collegato in maniera iper capillare con tutti gli altri istanti potrebbe sembrare semplicemente l’immagine mentale che deriva dall’ascolto di un album che ci è piaciuto particolarmente, e in parte può essere vero. Ma III ci permette di farsi ascoltare trasformandosi in esperienza fisica, muscolare. Un senso di muscolarità che ha origine nell’ elettronica robusta dei Modeselektor e dalla gracilità vocale di Apparat, una combinazione che da più di dieci anni sta influenzando la combinazione ellettronica/pop. L’ascolto di III, per quanto paradossale, sembra avvenire in slow motion, pur essendo tutto fuorché un album–slow motion: traslando questo concetto visivo verso quello uditivo, si ha l’impressione vedere ciò che si sta ascoltando, riuscendolo a soffermasi e a godere dell’ascolto dei vari brani che si susseguono in una esaltante realtà aumentata. III suona come la corsa di un animale preistorico, l’attenzione  ostinata del regista verso la tensione e la contrazione muscolare, in uno scenario lunare.

Osservando la carriera del progetto Moderat, è forse possibile vedere in III un lavoro conservatore. Magari non hanno osato più di tanto, si sono accontentati, ma non sembra per qualcosa che abbia a che fare con l’appagamento artistico o altro, sembra più dettato da una scelta cosciente. C’è stata una frenata, questo pare evidente. Una frenata volontaria. E ci troviamo sprazzi di Burial, di Jamie XX, di James Blake, di Four Tet. III non è un lavoro che fa da spartiacque, non è uno shock musicale. Anzi, ci troviamo in un universo distate anni luce da un’ipotetica rivoluzione.

Il punto è questo: la qualità dei Moderat è talmente alta che, mentre il loro accontentarsi è semanticamente esatto,  se diamo a accontentasi un’accezione negativa – cosa che in ambito artistico è sempre vista come un passo in dietro rispetto al prima – ci si accorge di quanto la lettura di questo album in questi termini non possa che essere limitante.

È chiaro, confrontarsi con la filogenesi di un artista è fondamentale per la comprensione del suo lavoro, e anche qui ovviamente è importante (I e II facevano presagire forse a un lavoro molto più sub–urbano, burialmente parlante). Ma questa volta, per chi scrive, l’ascolto di questo lavoro è avvenuto in maniera completamente diversa, e non per auto imposizione. III ha un carisma intrinseco per cui III è esistito e esiste al di fuori dei rimandi, delle influenze, dei contesti, della ricerca musicale o dell’osare. Non esisteva un prima (I e II, al pari di III, sono lavori che hanno un peso specifico imponente nel mondo dell’elettronica) o un dopo (come e dove sarà IV?), esisteva esclusivamente il presente di III.

Capiamo a cosa stiamo andando incontro dal primo pezzo, “Eating Hooks”, dove il falsetto viene filtrato da un vocoder ben calibrato con l’apparato elettronico sottostante; passando per l’esaltante “Running”, roba da jogging spaziale, e per “Reminder”, singolo che ha anticipato l’uscita di III, arriviamo a “Ghostmother”, un pezzo elettropop costruito seguendo un ipotetico manuale sulla costruzione di pezzi elettropop,  verso “Finder”, dove sembra che il Thom Yorke di The Eraser suoni per Jamie XX nella stanza di Apparat; sorretti da una batteria cupa, synth che propagano elettricità nell’aria duettano con Apparat mentre canta «From your narrative shed / A common scent of lavander / Fills the air» in “The Fool”.  Per finire, la quasi pop “Intruder” e la psicotica “Animal Trails” anticipano l’ultima traccia, la ballata industriale “Ethereal”.

Ora non ci resta che andare a vederli dal vivo – i fortunati che sono riusciti ad anticipare il sold– out delle due tappe italiane – a Milano (28 Aprile, Alcatraz) e a Roma (29 Aprile, Spazio 900), oppure aspettare il 14 Giugno quando saranno a Torino alla Reggia di Venaria Reale.

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LA CRITICA

Terzo lavoro per l’accoppiata Apparat-Moderselektor, III non stravolge le prospettive del progetto Moderat, ma trascina l’ascoltatore in un universo dove la bellezza risiede nell’amalgama riuscita di elettronica e pop.

VOTO

7,5/10

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