“Il potere del cane”
di Thomas Savage

La riscoperta di un grande romanzo

di / 20 marzo 2017

Ci sono romanzi che riconciliano con la lettura, persino con il desiderio in sé puerile di vedere come finisce una storia – perché quella storia ha un sapore di verità, di cose essenziali, di resa dei conti di una vita. Benché lontanissima dalla tua, collocata in uno spazio-tempo, in un immaginario che non può appartenerti, ti suona vicina perché i suoi personaggi producono quell’effetto di realtà che ci si aspetta dentro l’orizzonte di una narrativa che si voglia realistica. A questo genere di romanzi appartiene Il potere del cane – non quello, assai più noto, di Don Winslow. Questo lo ha scritto mezzo secolo fa Thomas Savage, scrittore americano scomparso nel 2003. Il libro ora è di nuovo in circolazione da noi, tradotto da Luisa Corbetta prima per Ponte alle Grazie ora per Neri Pozza (ma è una riscoperta per gli stessi lettori americani che pare ne stiano facendo un gran parlare).

Siamo nel Montana, nel 1924. Nel ranch dei fratelli Burbank. L’uno, Phil, assai disinvolto, abile, stimato da tutti, l’altro, George, massiccio ma impacciato, timido e taciturno. Hanno ereditato e rivitalizzato un patrimonio importante dal Vecchio Signore e dalla Vecchia Signora, i genitori ora pensionati assai contenti di vivere lontano dalle asprezze climatiche e ambientali del ranch. L’America rude in cui si mescolano le prime automobili e mandrie portate a spasso per decine di chilometri ha ancora il sapore della sua freschezza sorgiva e insieme il fetore di passioni torbide, di pulsioni represse e tanto più temibili quanto si tenti di trasformarle in leggi morali. Su queste basi fragili quanto in apparenza rocciose (giusto il mondo che li ospita) si fonda l’equilibro di una singolare fratellanza, in cui il primo dei due Burbank sembra spiccare per personalità (e dettare legge). Premessa non inutile per cogliere il peso che nella storia viene da una svolta improvvisa: George, l’altro, l’uomo «con lo sguardo perso nel vuoto», si sposa, peraltro con una vedova – assai proba ma molto chiacchierata (il marito, un povero medico fallito e troppo sensibile per quel mondo, si è suicidato, il figlio sembra un disadattato, lei gestisce da sola la locanda che dà loro da vivere). Il punto di rottura è quello, l’inopinato matrimonio di George, che decide di portare la donna con sé nel ranch. Di lì, dalla collera di Phil, letteralmente schiantato dalla novità, la storia prende una piega drammatica che lasciamo alla curiosità del lettore.

Ciò che Savage mette in scena in Il potere del cane sono da una parte sentimenti inconfessabili (Annie Proulx nella postfazione ricorda come il successo – anche di critica – del libro fu accompagnato dal pruriginoso silenzio su un tema per l’epoca, e ancor più per il mondo americano, assai problematico: «L’omosessualità repressa che si manifesta come omofobia»); dall’altro sentimenti assai più elementari, perciò tanto più veri, persino imbarazzanti nella loro primitiva volgarità (invidia, gelosia, odio).

Se in termini letterari funzionano è merito dell’autore: siamo dentro il classico benché minoritario esempio di scrittura che cerca di sparire alla vista del lettore per far emergere la solida, plastica natura di uomini e paesaggio. Un realismo corposo, una bravura robusta che non si esibisce e dà risalto decisivo ai personaggi (compenetrati in un paesaggio assai pregnante, descritto anch’esso con la stessa controllata abilità).

Per Savage, di cui in italiano è leggibile anche La regina delle greggi, è chiaro come la forza di un racconto si annidi nei suoi personaggi, e come la forza di un personaggio letterario stia nella prossimità che riusciamo a sentire con i suoi tormenti, anche quando si tratta di un cowboy che con noi nulla ha da spartire: convinzioni, attitudini, paure e desideri. Ma messa così, non avremmo nulla da fare nemmeno con gli eroi della tragedia greca. Se hanno da dirci qualcosa è dunque in virtù di una inaggirabile evidenza, quella della condizione umana. E un vero western che cos’è se non una tragedia?

 

(Thomas Savage, Il potere del cane, Traduzione di Luisa Corbetta, Neri Pozza editore, pagg. 288, euro 17)
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LA CRITICA

Un ranch nel west, due fratelli troppo legati uno all’altro, l’irruzione di una donna e lo scoppio della tragedia: un grande romanzo dall’America rurale.

 

VOTO

8,5/10

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