L’Apocalisse viene dalla Sardegna

Intervista a Gianni Tetti, autore di “Grande Nudo”

di / 24 aprile 2017

Grande nudo di Gianni Tetti (Neo Edizioni, 2016) è un romanzo capace di radicarsi subito e profondamente nel lettore. Le tenebre che iniziano a incombere nelle lande sarde avvolgono subito il lettore. Di seguito, le vicende dei personaggi lo inabissano in una narrazione che non lascia scampo. La situazione è drammatica: spietati attentati, la Terra infetta e un’umanità sempre più spregevole. In tutto ciò, l’avvento di una donna, Maria: forse l’unica speranza in quest’imminente Apocalisse. Grande nudo è romanzo di poetica e violenta intensità e vista la mole di spunti che offre, il modo migliore per affrontarli è sicuramente discuterne con l’autore…

 

Un romanzo corale con un minimo comune denominatore: la Sardegna. Ci racconti cosa lega così visceralmente le tue opere a questa terra?

Non potrei scrivere di nessun altro luogo. In Sardegna risiede il mio spirito, il mio nucleo ancestrale, non c’è niente che conosca meglio della mia isola e quindi niente che possa raccontare con maggiore cognizione di causa. Non parlo della geografia dell’isola, ma delle facce, delle voci, della lingua, del carattere dei luoghi e delle persone. Questo mi permette di essere onesto con i lettori, di dare qualcosa di me in ogni pagina e scendere in profondità nella narrazione e nell’animo dei personaggi. Detto questo, i miei non sono libri sulla Sardegna. La mia isola diventa un mondo, un teatro per parlare di umanità, di tempo e di anima.

 

Il tempo ci appare come una variabile costante ma lontana, indefinibile: non abbiamo riferimenti precisi, solo accenni alla contemporaneità – dal Tg2 a Bonolis. Come mai questa scelta?

La storia parte dai nostri giorni, e racconta di questi tempi burrascosi, riferendosi anche a fatti temporalmente vicinissimi e di stretta attualità. Tuttavia amo creare il mio tempo, filtrare la realtà attraverso i miei occhi, creare un mondo altro per parlare del nostro. La narrazione si discosta presto dal presente per immaginare un futuro ma non ho voluto perdere di vista neppure per un attimo la realtà che ci circonda. Penso che l’avventura descritta dal mio libro avesse bisogno di un mondo trasfigurato e di un po’ di magia.

 

Il tempo che rima con l’altro protagonista astratto del romanzo: il vento.

E qui torniamo alla Sardegna. Il vento è un elemento che caratterizza la mia isola e di conseguenza le vite dei suoi abitanti. Il vento è anche il collante principale dei miei tre libri. In I cani là fuori è un vento forte, che disturba i personaggi e agita gli alberi. In Mette poggia è un vento di scirocco, caldo e sferzante. Lo scirocco, secondo alcune credenze popolari porta il diavolo per le strade, ed è questa la paura di molti dei protagonisti del libro. In Grande nudo il vento muove letteralmente i fili di alcuni personaggi, che lo seguono, come fossero marionette. Ma è anche un vento che parla, sussurra un nome: Maria. Maria è la protagonista di Grande Nudo, uno donna portata dal vento.

 

In Grande nudo abbiamo delle scene di violenza estrema: come ti sei approcciato alla scrittura di questi momenti, soprattutto nell’ottica degli altri passaggi estremamente poetici e delicati presenti nel romanzo?

La mia convinzione è che la violenza sia insita nella natura umana, e ne sia una parte imprescindibile, una delle caratteristiche peculiari. Per cui non mi spaventa, non mi scandalizza, non mi sembra per niente strano parlarne o descriverla. Mi pare anzi che sia l’unico modo onesto per parlare di essere umani. Ci siamo dotati di strutture complesse al solo scopo di arginare questa violenza. Ma, a ben vedere, ci siamo riusciti solo in minima parte. In Grande nudo la violenza non è più presente o efferata di quanto non lo sia in una tragedia di Sofocle. Ma sono presenti anche altri lati peculiari del nostro essere, la forte tendenza ai legami, il bisogno di amare, la necessità di credere in qualcosa oltre noi, qualcosa che giustifichi le nostre miserie e le renda meno misere, l’inguaribile tensione verso il bello, lo spavento, lo stupore verso l’enormità della natura, tanto spettacolare quanto spietata. Così sono nati nel libro, in modo molto naturale, spontaneo, momenti duri e momenti poetici. I primi necessitavano di uno stile secco, senza scampo, i secondi avevano bisogno di lirismo e morbidezza.

 

Grande nudo è un romanzo dalle potenti simbologie…

La simbologia è uno dei motori dell’opera, e racchiude, in buona parte, elementi dei miei studi preparatori per il libro. È anche un gioco in cui mi diverto a coinvolgere il lettore. In generale sono i personaggi stessi che colgono simboli, spesso sbagliando, spesso per paura o ignoranza.

 

Circa settecento intense pagine: com’è stato il rapporto con l’editor?

Angelo Biasella è il mio editor fin da I cani là fuori. Otto anni di rapporto intenso, spesso contrastato ma ricco di soddisfazioni. Ormai siamo due vecchi amici, ci conosciamo bene, e basta poco per capirci. Come ogni editing tra noi, anche questo è stato duro, lungo, sofferto e non privo di contrasti anche forti. Ma c’è massima fiducia reciproca e siamo arrivati sempre a scegliere la strada migliore per il libro. Sono molto soddisfatto del lavoro di editing e credo (non sono l’unico a crederlo) che Biasella sia uno dei migliori editor in circolazione.

 

Hai avuto dei modelli, dei riferimenti letterari (o non letterari) che ti hanno ispirato prima o durante la composizione del libro?

In ordine sparso i romanzi di Ágota Kristòf e Sergio Atzeni sono state letture di ispirazione per Grande nudo e lo sono, in generale, per la mia scrittura fin da quando ho iniziato. Tra le letture preparatorie, che sono state tante e diversissime tra loro, ci sono alcune parti della Bibbia, Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond così come i fumetti di Enki Bilal. Infine adoro il cinema di Haneke, Kubrick, Fellini, Lars Von Trier e Pasolini e penso che qualche suggestione sia arrivata da ognuno di loro.

 

Un aspetto che ho molto apprezzato di Grande nudo è il ruolo salvifico del libro calato nel disperato contesto apocalittico dell’opera: pensi la stessa cosa anche nella realtà dei giorni nostri? Riponi la tua fiducia nella letteratura?

Ripongo fiducia in ognuno di noi, con la sua storia e i suoi pensieri. Il libro, in fondo, non è propriamente un’opera letteraria, quanto più un raccoglitore di voci, vite, pensieri, ma finisce per esserlo, quando va nelle mani di un uomo che ama i libri e leggere, e si perde tra quelle pagine scritte male, a mano. Il libro ha solo un affidatario che lo cede a chi vuole scrivere qualcosa, e nessuno firma quel che scrive, quindi i pensieri sono anonimi, eppure sempre diversi e connotati. Se non fosse per questo anonimato, assomiglierebbe alla bacheca di Facebook: migliaia di storie, di vite, racchiuse in poche righe, senza censure, senza vergogna, senza una mano univoca che li guida. Solo voci, e ogni voce parla per sé. Alla fine il risultato è una sorta di puzzle dove i frammenti si fanno eco l’uno con l’altro. Volevo far parlare la varia umanità che ruota attorno ai protagonisti, i diseredati con le loro vite che, parallelamente alla storia principale, scorrono, nascono, terminano. Volevo che il libro suonasse come un bisbiglio, prima misterioso poi via via sempre più forte. Volevo che fosse un elemento di speranza, la speranza legata a un libro, alla scrittura, al racconto di sé, rivedersi, raccontarsi, reclamare la propria esistenza, e la propria dignità, volevo che i protagonisti del libro arrivassero a credere in qualcosa: nella cultura, in loro stessi, e nell’umanità che li circonda, perché siamo, in fondo, una gran bella cosa.

 

Grande nudo è stato candidato al Premio Strega… sensazioni, emozioni?

Ho saputo della candidatura nel corso di una presentazione del Biblio tour che ogni settimana mi porta a visitare un paio di biblioteche in piccoli centri. Ero di fronte a molta gente, ed è stato emozionante, quanto improvviso. La candidatura in sé rappresenta un momento importante nel mio percorso di narratore e una spinta enorme a proseguire su questa strada: lunga, stretta, imprevedibile, ma piena di soddisfazioni. Detto questo, l’euforia è passata dopo qualche ora, c’è tanto da fare ancora.

 

(Gianni Tetti, Grande nudo, Neo Edizioni, 2016, pp. 688, euro 17)

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