Lo sguardo edulcorato di un flâneur al rovescio

“La manutenzione dei sensi” di Franco Faggiani

di / 18 giugno 2018

Le vite descritte nel romanzo La manutenzione dei sensi (Fazi Editore, 2018), ambientato nell’antico villaggio delle Alpi torinesi di San Sicario, sono quelle di un mondo in miniatura, al centro di una solitudine che trascina ogni cosa nel proprio vortice con tutta la violenza delle sue bufere di neve, con le loro «raffiche di schegge di vetri taglienti», male di vivere quale moderna condizione esistenziale di cui l’autore, il giornalista Franco Faggiani, è al contempo lucido cronista e filosofo.

Eppure dolore, apatia, rassegnazione, asocialità finiscono per confluire in una storia a lieto fine che, nel disegnare la parabola positivamente evolutiva dei suoi personaggi – in particolar modo quella di Leonardo Guerrieri, vedovo cinquantenne protagonista e voce narrante del libro e del figlio adottivo Martino Rochard, affetto dalla sindrome di Asperger – sembra inizialmente avviarsi sul solco del classico romanzo di formazione ottocentesco o Bildungsroman, (tra i cui esempi più noti ricordiamo di passata Il rosso e il nero di Stendhal e L’educazione sentimentale di Flaubert) per poi tradire le aspettative distaccandovisi gradatamente durante il corso della narrazione. Infatti, a differenza di questi capisaldi della letteratura, Faggiani smantella e ricompone il genere in una sorta di romanzo di formazione edulcorato, in cui la trama viene a perdere l’impatto propulsivo e la grandezza della sua forza tragica in favore di una attenta e partecipe riflessione sui valori del dialogo, della coesione sociale e della solidarietà umana.

È dunque a causa dell’intento divulgativo di un preciso messaggio etico – peraltro esplicitamente dichiarato da Faggiani stesso – volto ad attirare il più possibile l’attenzione di lettori, genitori, insegnanti e media sul delicato quanto spesso tralasciato tema degli asperger, al contrario di  Frédéric e del suo amico di gioventù Deslauriers, i quali in L’educazione si ritroveranno, sconfitti, ad ammettere l’un l’altro l’insuccesso delle proprie vite, o del giovane Julien Sorel che in Stendhal finirà ghigliottinato, che Leonardo Guerrieri supererà il dolore della perdita della moglie e saprà aiutare il piccolo Martino a confrontarsi con i propri disturbi comportamentali e fobie sociali; così come la figlia maggiore Nina, giovane osteopata in carriera, scoprirà insieme al padre e al fratello acquisito i solidi valori umani della comunità montana nella quale sono stati accolti e integrati.

Orientamento strutturale e contenutistico che, se pur paga un chiaro prezzo in termini artistici, d’altra parte offre un valido richiamo al confronto su uno degli argomenti di attualità più intenso e dibattuto degli ultimi anni, quell’accoglienza del diverso in tutte le sue declinazioni che, al di là del focus sulla sindrome di Asperger, possiamo chiaramente leggere in filigrana nelle duecentocinquanta scorrevoli pagine che ne compongono il testo.

Similmente all’autore – non a caso reporter – agisce il ribaltamento di un suo personale sguardo di flâneur perché, scavalcandone tanto il significato più aderente datogli da Benjamin di attento osservatore del paesaggio cittadino, dal quale raccoglie osservazioni sociali, culturali ed estetiche, quanto quello dell’accezione che ce ne offre  Edgar Allan Poe in L’uomo della folla, vale a dire di chi non è a proprio agio con se stesso e perciò cerca la massa, nella quale può nascondere la propria solitudine osservando senza essere osservato, qui il Leonardo Guerrieri protagonista del romanzo è un flâneur al rovescio, un uomo inizialmente asociale che via via evolve il suo atteggiamento aprendosi agli altri e la cui visuale, sfuggendo all’orientamento dell’ambiente urbano, che detesta in quanto vissuto come simbolo di un’omologante spersonalizzazione, si indirizza alle montagne del borgo cinquecentesco di San Sicario non già per disvelarvi un mondo, quanto piuttosto limitandosi a denudarlo.

Le cose, ma in ugual modo le persone, i sentimenti, le situazioni della vita, la stessa sindrome di Asperger, perdono l’inafferrabilità del loro senso, cosicché alla propria impenetrabile polivalenza di significato viene sostituito il valore univoco di una lettura ottimista che ricompatta il quid che sfugge, ciò che della realtà ci affascina e insieme atterrisce proprio perché ambiguo e frammentato. Eppure, se in questa storia agile che non sa di letteratura Faggiani tralascia l’osservazione fantasmagorica e critica dell’intellettuale, in compenso rivendica alla natura il suo diritto elementare di madre, il ruolo consolatorio e unificante che il suo spettacolo ci regala, quella necessaria manutenzione dei sensi che ci predispone all’ascolto dell’altro e del diverso, a partire da quel grumo oscuro che ci vive nel profondo ed è innanzitutto a noi stessi estraneo e non compreso.

 

(Franco Faggiani, La manutenzione dei sensi, Fazi Editore, 2018, pp. 250, € 16.00)
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LA CRITICA

Difficile trattare il tema della natura come forza rigenerante che ci predispone all’ascolto del diverso. Il tentativo di trarne un romanzo per tutti non riscatta le pur buone intenzioni, sconfinando nel sentimentalismo didascalico una lettura di per sé altrimenti gradevole.

VOTO

5/10

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