Le lettere dell’amicizia fra Cioran e Ţuţea

“L’insonnia dello spirito”, raccolta epistolare curata da Antonio Di Gennaro

di / 2 maggio 2019

copertina di "L'insonnia dello spirito" di Emil Cioran

La Bucarest dei primi anni trenta del Novecento rappresenta, dal punto di vista culturale, una fucina di intellettuali e letterati bohémien, la maggior parte dotati di una verve geniale fuori dal comune. Si riunivano al Casa Capşa, ricettacolo di accese discussioni politiche e asilo di sfaccendati con l’inclinazione alla diatriba.

Tutti più o meno giovani e tutti accomunati da un’insofferenza riguardo all’allora attuale situazione socio-politica della Romania, questi individui erano febbrilmente proiettati verso una radicale rigenerazione spirituale del proprio paese, del quale attaccavano ferocemente l’inettitudine a livello storico e soprattutto la quasi costitutiva mediocrità a livello intellettuale.

Da questo humus culturale fiorirà un’amicizia la cui durata, grazie alla sua autenticità e in virtù di una profonda affinità spirituale, sfiderà gli inevitabili eventi storici che seguiranno. Mi riferisco all’amicizia tra Emil Cioran e Petre Ţuţea, due figure di spicco della cosiddetta “Giovane generazione”, riunitasi attorno alla personalità carismatica del professor Nae Ionescu – «aveva un fascino straordinario, un grande seduttore» affermerà molti anni dopo lo stesso Cioran. Entrambi all’epoca simpatizzanti dell’ala di estrema destra rappresentata dalla Guardia di Ferro – un manipolo di fanatici capitanati dal carismatico Corneliu Zelea Codreanu e ispirati alle direttive più estreme del fascismo europeo – si ritroveranno poi, seppur motivati da cause differenti, a rinnegare i loro eccessi di gioventù legati all’esaltazione sciovinista di quel periodo.

In particolare Cioran, successivamente al suo trasferimento in Francia e alla separazione dall’amico nel 1937, giungerà alla maturazione filosofica di uno scetticismo radicale e non esiterà a definire quella fase della sua vita come “patologica”, abiurando in blocco quegli ideali e vergognandosi di aver ceduto al fascino dell’azione dell’individuo nella Storia («come ho potuto essere colui che ero?»).

Per quanto riguarda invece Petre Ţuţea, soprannominato il “Socrate della Romania” per le sue spiccate doti oratorie, a seguito di travagliate vicende personali e politiche che lo porteranno a essere incarcerato dopo la guerra, non si tratterà di una vera e propria abiura bensì di una conversione religiosa. Durante il periodo di detenzione, infatti, egli abbraccerà la fede cristiana: «Ho pensato allora all’esistenza di una forza sopracosmica e trascendente, chiamata Dio. Solo Lui poteva riuscirci, vale a dire, liberarmi dalle catene».

Il dialogo epistolare tra i due intellettuali rumeni, riportato in L’insonnia dello spirito (Mimesis, 2019), abbraccia un periodo temporale che va dal 1936 al 1941 e rivela i tratti di un’amicizia di rara purezza, fondata su di un legame che, nonostante le diverse strade che entrambi presero e la radicale diversità di vedute, permarrà costante nel corso del tempo: «Caro Petre, tu e altre due persone fate parte della categoria di coloro a cui penso ogni giorno – che io lo voglia o no», scrive Cioran nel luglio del 1936, e così Petre, nel 1974: «Caro Emil, ti chiedo di credere alla mia costante amicizia».

Un reale rapporto di amicizia, dunque, la cui autenticità ha per fondamento un sentimento più nobile rispetto a quello dell’amore – «l’amicizia mi lega al mondo molto più di tutti gli istinti» –, poiché risulta immune da penosi compromessi e non necessita, all’occorrenza, di attenzioni forzate, di ridicoli sotterfugi o di bugie, in quanto si nutre altresì di un’onestà reciproca e di un’incondizionata sincerità. Questo termine ricorre spesso nelle lettere di Ţuţea, egli ne fa la parola che sigilla l’immensa stima che nutriva nei riguardi di Cioran, insieme al rammarico per il fatto che lui, Petre, era troppo inetto per praticarla a tutto tondo, dal momento che si trovava invischiato nella sfera politica ed era incapace di rinunciarvi: «Nella mia vita ho pensato e sentito come te. La differenza tra di noi consiste nel mio rifiuto di praticare una sincerità assoluta, perché sarei voluto diventare un politico e gioire della stima della folla stupida», al contrario di Cioran, che con la politica non ebbe niente a che fare e che incarna semmai l’opposto del pensatore engagé.

L’uno scettico radicale, l’altro transfuga in una dimensione mistico-cristiana, Emil e Petre, nel corso degli anni e nonostante la lontananza, nutrirono un profondo e affettuoso interesse verso il destino dell’altro – come inequivocabilmente si avverte dal tono delle lettere.

Entrambi si vedono accomunati dalla nostalgia del passato, quando da giovani poterono godere dell’intima vicinanza in un clima, quello della Bucarest degli anni trenta, in cui si era liberi di dar sfogo alla propria stravagante personalità, dove gli sfaccendati flâneurs del pensiero, i cosiddetti “falliti” – che non facevano nulla, ma a ogni modo erano per Cioran «dotati di un’intelligenza eccezionale» – si incontravano e discutevano al caffè, stringendo amicizie tanto più significative in quanto dettate dal più genuino disimpegno. Fino ad arrivare poi a alla condivisione meno felice, fondata sulla constatazione della propria irriducibile solitudine – «Sono felice di poter essere qui da solo, terribilmente solo» –, dell’inevitabile sofferenza esistenziale e della faticosa «insonnia dello spirito» che tale sofferenza genera.

Dotata di una prefazione che delinea un’esauriente ricostruzione storico-biografica e di un apparato critico di note che per la loro puntualità non lasciano decisamente niente a desiderare, la raccolta epistolare L’insonnia dello spirito, curata da Antonio Di Gennaro, si rivela una preziosa perla all’interno della collana che raccoglie il carteggio delle corrispondenze avute da Cioran nel corso della sua vita.

 

(Emil Cioran, L’insonnia dello spirito, trad. di Ionuț Marius Chelariu, Mimesis, 2019, pp. 90, euro 6, articolo di Daniele De Cristofaro)
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LA CRITICA

L’incontro con l’eccentrico Petre Ţuţea segnerà indelebilmente la vita di Emil Cioran e costituirà una tappa fondamentale nell’evoluzione psicologica del noto pensatore romeno. Le lettere raccolte in questo piccolo volume rendono testimonianza della singolarità dell’intimo rapporto di amicizia tra i due.

VOTO

8/10

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