L’altra Campania
di Luca Mercadante

A proposito di “Presunzione”

di / 21 maggio 2019

copertina di Presunzione di Luca Mercadante

Nell’era del romanzo globale è molto facile che gli scrittori siano influenzati dalle letterature straniere piuttosto che da quella nostrana. Un situazione proficua dal punto di vista culturale, perché apre nuovi scenari e ulteriori possibilità di narrazione, ma in un certo senso “deleteria” per la costruzione di lingua e stile. Il confronto principale che deve avere lo scrittore è quello con la lingua in cui scrive: non conoscere il proprio canone – al di là dell’ignoranza sul sedimentarsi di tematiche e dibattiti all’interno della propria cultura – significa non aver avuto modo di confrontarsi direttamente con la propria lingua materna. Non so quali siano le influenze di Luca Mercadante, che esordisce con Presunzione (minimum fax, 2019), ma nella maturità della sua scrittura mi sembra di scorgere la limpidezza stilistica di Arpino e Parise. Una lingua levigata, piana, costruita frase su frase e disposta in modo da reggere un edificio dalle fondamenta solide.

Presunzione è un ottimo romanzo innanzitutto per la solidità della trama e la consistenza della narrazione: scene ben architettate, narrazione scandita senza eccessi, personaggi dalla psicologia coerente, dialoghi mai troppo letterari. Senza personalismi l’autore si fa da parte, dando spazio al punto di vista dei suoi personaggi, che riesce – come nei migliori romanzi a impianto classico – a rivestire di meraviglia persino il quotidiano. Come per la lingua, anche il microcosmo di Mercadante è marcatamente italiano: racconta la provincia di Caserta dagli anni sessanta in poi. Si tratta di una ricostruzione in presa diretta, mai forzata o caricata dell’eccessivo peso della memoria, mai inficiata da qualche manierismo d’atmosfera. In un periodo storico in cui la Campania è diventata elemento importante dell’immaginario italiano tramite il ritualismo barocco dei racconti di camorra, narrazioni in grado di riportare anche un punto di vista meno estremo – come questa o Tutte le promesse di Raffaele Mozzillo – sono necessarie e positive.

Mercadante racconta la storia della famiglia Guida: Bruno è un ragazzo non troppo problematico, ma alle prese con le ubbie dell’adolescenza, per questo come molti ragazzi si trincera verso il disgusto dei suoi simili e la presunzione di essere migliore. Accanto a lui suoi padre, ossessionato dalla scomparsa del fratello Piero, una figura che rappresenta sia per lui che per il figlio l’incarnazione dei propri sogni di evasione. Ogni membro della famiglia Guida ha un rapporto peculiare con la propria terra e le difficoltà croniche dell’immoto Meridione: Piero le attraversa scomparendo, suo fratello le combatte fino a scontrarvisi, Bruno cerca di esorcizzarle tramite un distacco che non gli riesce troppo bene. È proprio negli occhi del giovane che si agitano le potenzialità, i vettori contrastanti dell’adolescenza, ed è proprio dal limbo dell’immaturità che nasce il disegno più vero della sua terra, di cosa significa vivere in un territorio solcato da ferite evidenti.

La bravura di Mercadante sta nel ricostruire l’ambiente scolastico in cui si muove Bruno – microcosmo ulteriore nel microcosmo meridionale – senza mitizzare gli anni dell’adolescenza né porre l’accento su un eccessivo trasgressivismo. La storia scritta dall’autore risulta organica perché non cerca di stupire a tutti costi, e così facendo colpisce riconnettendosi con le memorie particolari di ogni lettore. In questo romanzo riflessivo e pacato si annida lo sguardo di una scrittore maturo, in grado di arrivare all’essenza delle cose eludendo l’ansia da prestazione che attanaglia molte penne nostrane. Chi legge Presunzione non avrà timori di sorta, si immergerà nella storia lasciando che il meccanismo mimetico prenda il sopravvento.

(Luca Mercadante, Presunzione, minimum fax, 2019, pp. 270, euro 18 euro, articolo di Giovanni Bitetto)
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LA CRITICA

Un romanzo di impianto classico solido e ben architettato, la provincia di Caserta raccontata tramite un punto di vista coerente e d’impatto

VOTO

8/10

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