Giorni di fuoco

Torna in libreria “Violette di marzo” di Philip Kerr

di / 31 marzo 2020

Copertina di Violette di marzo di Kerr

Con Violette di marzo (Fazi, 2020) ambientato a Berlino durante le Olimpiadi del 1936, Philip Kerr ci scaraventa dentro il viaggio nerissimo del detective privato Bernie Gunther. Un thriller politico attraverso il quale il protagonista ci svela la corruzione dell’apparato del potere nazionalsocialista.

Berlino, 1936. Grete e Paul Pfarr, una giovane coppia dell’alta società cittadina, sono morti nel proprio letto, nel rogo della loro casa incendiata. La Kriminalpolizei della capitale tedesca indaga, ma il padre della ragazza, il magnate Hermann Six, vuole che qualcuno arrivi a qualcosa prima degli inquirenti. Quel qualcuno si chiama Bernie Gunther e quello che cerca è una collana di enorme valore.

Non dev’essere facile la vita di un detective privato a Berlino durante il nazismo, specie se indaga sul duplice omicidio della figlia di un miliardario e di un rampante militare, entrato nelle grazie del capo delle Ss Himmler. È terribilmente complicato, anzi, se l’incendio risulta doloso e la collana sparita dovrebbe finire nelle grinfie del Nsdap, il partito nazionalsocialista, visto che la donna non ha lasciato testamento e le ultime volontà del marito sono quelle di dare tutto al Terzo Reich.

Una storia cupa e cattiva, che diventa affascinante se a indagare è un ex poliziotto dotato di una lingua al vetriolo, col quale ama castigare i pesci piccoli e grandi che sguazzano nel nutrito acquario nazista. Specie le Violette di marzo, cioè gli opportunisti saltati sul carro del regime dopo che nel marzo del 1933 Hitler ha preso il potere. La casa editrice Fazi ripubblica un classico del poliziesco politico firmato dallo scrittore britannico Philipp Kerr: il protagonista di questo romanzo, una figura difficile da dimenticare, si muove dentro una Berlino dipinta a tinte fosche, che di giorno però torna a brillare come la vetrina del regime, appositamente ripulita per gli imminenti Giochi olimpici, che deve mostrare al mondo l’efficienza organizzativa del Reich.

La scrittura di Kerr è affilata e precisa, i dialoghi serrati e impazienti, pieni di sarcasmo, le pennellate di realismo sono secche ed efficaci. L’autore di Violette di marzo è abilissimo nell’imbastire una trama fitta di intrighi e colpi di scena che utilizza la capitale tedesca come monumentale scenografia, lasciando muovere il suo protagonista lungo il celebre viale Unter den Linden, la scenografica Potsdamer Platz, i grandi palazzi di Berlino, per far vivere anche al lettore il folle sogno di grandezza, che si trasformerà in un incubo mortale, dei suoi nuovi padroni.

Violette di marzo è il primo libro della cosiddetta trilogia berlinese del romanziere, che tratteggia già così un degno erede della tradizione hardboiled, che si muove come il suo illustre predecessore, il Marlowe di Chandler, durante gli anni Trenta. Bernie Gunther è un donnaiolo, ama bere, è il classico antieroe troppo aderente alla realtà delle cose per opporsi apertamente al regime. Il detective sa perfettamente che deve stare al gioco se vuole continuare a essere libero, però non abbassa mai la cresta di fronte alle violenze dei suoi antagonisti in divisa: la sua sfida è quella di svelarne la corruzione profonda, l’ipocrisia abissale dei nuovi arrivati e la forma mentis psicotica di un gruppo di esaltati, capaci di plasmare un’intera nazione dentro il male assoluto.

(Philip Kerr, Violette di marzo, trad. Patrizia Bernardini, Fazi, 2020, pp. 318, euro 15, articolo di Domenico Ippolito)
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