L’America desolata di Stephen Markley

Su “Ohio” di Stephen Markley

di / 16 luglio 2020

Copertina di Ohio di Markley

«Il feretro non conteneva nessuna salma. La bara Star Legacy modello Platinum Rose in acciaio calibro 18, in prestito dal Walmart locale, era solo ricoperta da una grande bandiera americana».

Così si apre Ohio, il romanzo d’esordio dell’americano Stephen Markley (Einaudi, 2020). Immagini tetre di una bara senza corpo per i funerali di Rick Brinklan, morto in guerra, e di una bandiera americana, simbolo di un’America che tornerà spesso nelle cinquecento pagine successive. Il tono cupo e crudo dell’incipit anticipa lo stile dell’opera, che segue le sorti di quattro ex compagni di liceo che si ritrovano per caso nella città natale lasciata da circa dieci anni.

Ohio mostra tutta la desolazione americana attraverso la città di New Canaan, che fa da sfondo quasi invadente per tutto il tempo del racconto. È la città in cui i quattro protagonisti, gli unici a non essere presenti al funerale della scena iniziale, si ritrovano a rivivere ricordando le persone che non ci sono più e soffermandosi su tutte quelle cose che non cambiano mai e che si reperiscono in tutti i posti in cui capita di vivere: una serie di non luoghi che dimostrano il capitalismo arrivato in periferia, con i soliti Pizza Hut, discount, Dunkin’ Donuts, centri abbronzanti e negozi per animali che rendono una cittadina uguale all’altra.

Le descrizioni paesaggistiche sono altrettanto desolate, a tratti ricordano lo stile di Kerouac, citando stelle cadenti dell’Alabama, «paesaggi sbiancati d’America», «i campi che ardevano da tutte le parti». È una notte d’estate, eppure i racconti non rimandano alla libertà estiva, ma al grigiore invernale.

Il provincialismo di New Canaan mette continuamente in luce l’altra America, quella abbandonata e addolorata, colpita dallo spopolamento urbano post crisi industriale. Troviamo le inutili americanate, le tavole calde con le foto di Marilyn Monroe attaccate alla parete, i divani in pelle, «il prototipo del ristorante di provincia, pacchiano, arredato con i pezzi sgombrati da casa del nonno appena defunto».

«New Canaan sembrava il microcosmo simbolo dell’angoscia suburbana. Quella piccola fila di negozi aveva perso tutte le insegne, si vedevano i contorni spettrali delle attività scomparse insieme ai contorni più piccoli lasciati sull’intonaco dalle viti arrugginite. Per il resto la strada presentava i soliti tumori. Casa con cartello VENDESI. Casa con cartello PIGNORAMENTO».

Ogni capitolo è dedicato a un personaggio della storia: ci sono quattro protagonisti, ma tutti appaiono in ogni capitolo, e il libro diventa una sorta di labirinto in cui le stesse storie sono raccontate da punti di vista differenti, almeno fino al punto di svolta. Pertanto, non sono mai davvero le stesse.

Il capitolo iniziale ha come protagonista Bill Ashcraft: con le stesse convinzioni politiche che lo accompagnano dai tempi del liceo, fa ritorno in città non per il funerale dell’amico, ma per consegnare un pacchetto misterioso. Con la tipicità da personaggio di film americani, è l’ex campione della squadra di pallacanestro fidanzato, ai tempi del liceo, con la ragazza più popolare, Lisa Han. Un pacifista contrario alla guerra degli americani e con convinzioni anticapitalistiche.

Dieci anni dopo si ritrova solo con quelle, senza aver realizzato i suoi sogni, senza aver cambiato il mondo. Ashcraft è un personaggio che provoca nostalgia e tenerezza, che crede nei propri valori e alla fine, nella sua ipocrisia, tanto gli basta. «Anche dopo tutto questo, un motivo per rialzarsi c’era sempre. Per trovare il coraggio di vivere ed essere vivi. Per ribellarsi a quell’entropia senza volto, alla logica selvaggia dell’accumulazione che li avrebbe riportati tutti all’esilio, che voleva spogliarli di ogni cosa, di ogni luogo e ogni persona che avevano amato».

Stacey Moore è un’altra protagonista della storia, tornata a New Canaan per incontrare la madre di Lisa Han, con la quale aveva scoperto la sua omosessualità ai tempi del liceo e che non aveva più rivisto dal diploma. Che fine aveva fatto Lisa? Perché di lei restano soltanto cartoline spedite da posti sparsi nel mondo? E perché non usa più i social? È soltanto sul finale che la storia di Lisa Han, presente nei racconti di tutti i personaggi, trova una risposta. Proprio quello di Stacey è uno dei capitoli più affascinanti, intriso di teorie ecologiche e citazioni di classici dell’ecologia, delle credenze della famiglia Moore, bianchi borghesi ipercattolici, e dei disagi della sua omosessualità. Il suo capitolo ha un finale sospeso, sta lasciando la città ma una figura di una donna, che lei riconosce, la ferma chiedendo aiuto.

Ohio prosegue con altri tre capitoli, in cui si incontrano Dan Eaton, reduce dall’Iraq che torna in città per vedere Hailey Kowalczyk, la sua ex ragazza, personaggio fondamentale della storia. Tra ricordi di liceo e ricordi di guerra, si torna a menzionare il famoso «omicidio che non c’è mai stato», una sorta di leggenda liceale già citata nelle pagine iniziali, secondo cui qualcuno forse era scomparso o era morto per sbaglio, o forse aveva inscenato la propria morte e viveva ormai lontano dalla città.

Arrivano i personaggi di Tina Ross, ex cheerleader del liceo, Lisa Han e il finale della storia dell’omicidio che non c’è mai stato. È una storia che viene poco approfondita, come se fosse una semplice diceria che non influenza le vite dei personaggi, ma che alla fine si rivela la risposta a tutte le domande. Proprio Hailey la è la prima a parlare dell’esistenza di un video hard di Tina Ross e Todd Beaufort, svelando che quest’ultimo aveva accoltellato una ragazza che aveva una copia del video. Cosa sta facendo Tina Ross? E perché emana odore di benzina? Anche questo capitolo ha un finale sospeso. Macchine della polizia e un omicidio.

Lo scrittore è abile nel mettere in luce i progressi intellettuali e umani dei personaggi, tutte le pagine sono intrise di flashback. A tratti è una lettura lenta, e il lettore è sensibilmente vicino ai temi trattati: dal capitalismo alla guerra, dalla forte presenza del razzismo in America alla politica di Obama, dai temi ecologici ai figli partiti per la guerra, e sullo sfondo trentenni che si guardano indietro e provano pura nostalgia per i tempi andati e i sogni non realizzati, per le persone amate e quelle non apprezzate che non ci sono più.

Non c’è alla base una trama accattivante, è un libro fatto di intrecci, ricordi, visioni, in cui il superfluo sembra protagonista e il non detto alla fine si rivela essere il vero senso della storia. Soltanto alla fine i quattro personaggi scopriranno il segreto che ha segnato le loro vite.

«La vita stessa è diventata l’ultima risorsa usa e getta, sfruttabile. Faremo di tutto. Spianeremo le montagne, cancelleremo intere specie, sposteremo fiumi imponenti, ridurremo in cenere le foreste, cambieremo il pH dell’acqua, ci ricopriremo di sostanze tossiche. La nostra specie ci ha messo due milioni di anni ad assumere la posizione eretta e solo cinquecento generazioni a fare il resto. La nostra è la cultura dell’abbondanza, del tutto dovuto, e in pratica di poco altro. Abbiamo messo a rischio la nostra eredità perché non sappiamo controllarci. Non sappiamo controllare la nostra brama».

 

(Stephen Markley, Ohio, trad. di Cristiana Mennella, Einaudi, 2020, 538 pp., euro 21, articolo di Giusy Esposito)

 

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