Saba e Aciman, da Ernesto a Elio

Due storie di formazione

di / 12 novembre 2020

Da Ernesto a Elio

Sofferto, controverso, incompleto: con una difficile storia editoriale viene pubblicato postumo Ernesto (Einaudi 2015) di Umberto Saba, romanzo così gelosamente custodito dall’autore che fino all’ultimo sembrò avere una certa difficoltà ad abbandonarlo, forse per la sua tormentata componente autobiografica. Con uno dei romanzi maggiormente apprezzato nel primo Novecento italiano l’autore porta con sé un’ondata di incredulità: ogni reticenza sull’omosessualità qui viene meno e Saba, soffocato dal contesto storico dell’immediato dopoguerra, con il suo scritto trasforma quel tabù indicibile in tema affrontabile.

Il romanzo propone in chiave biografica la vicenda del giovane Ernesto alle prese con la sua prima esperienza sessuale vissuta in stretta simbiosi con la ricerca della propria identità nello spaccato industriale del porto e del mare di una Trieste di fine Ottocento. Con tutta l’ingannevole innocenza tipica della sua poetica, Saba dà voce al controverso tema cardine della sessualità, tratteggiando l’omosessualità con toni garbati dal primo sbocciare timido fino alla tempesta emotiva del fragile protagonista.

Il tema della sessualità come chiave di cambiamento e consapevole crescita dell’individuo crea qui un legame con il notissimo Call me by your name (Guanda 2007) di André Aciman, portato alla ribalta dall’omonimo film di Luca Guadagnino (IMDb 2017). Sullo sfondo di una assolata cittadina ligure degli anni Ottanta, ci viene presentato il giovanissimo Elio alle prese con il primo tempestoso amore per Oliver, studente laureando ospite nella casa di famiglia. Aciman segue con maniacale cura i moti interiori del suo protagonista, tipici di un’anima pronta a rivelarsi e mettersi in discussione. Ma cosa accomuna due romanzi distanti per stile, ambientazione e epoca storica?

La scoperta della propria sessualità gioca il ruolo di innesco tanto della fictio letteraria quanto della crescita caratteriale che accomuna Elio a Ernesto: la dimensione primitiva di ragazzi, oppressi e spinti dalla curiosità, che vivranno esperienze che saranno punto di svolta della loro esistenza, con risvolti non sempre positivi. Entrambi si approcciano con leggerezza alla sublimazione dell’esperienza sessuale, inconsapevoli della sua portanza in quanto sorta di spartiacque tra fine della fanciullezza e ingresso nel mondo adulto.

In quest’ottica l’incontro di Elio con Oliver come quello di Ernesto con il bracciante compagno di lavoro, diviene parte integrante di un percorso formativo che i rispettivi romanzi, intendono raccontare: seppur in epoche distanti e con modalità diverse, descrivono senza artifici o stratagemmi l’omosessualità che non è più parafrasata, bensì presentata e eviscerata, a volte crudamente, dai due autori. Oliver e il bracciante sono uomini già adulti, la loro vita ambigua e trasgressiva, costituisce un mistero per i giovani amati che finiscono per esserne attratti, si spendono alla vita con passione nel caso di Elio o come per Ernesto, semplicemente con curiosità, senza maturare un autentico coinvolgimento.

Entrambi i protagonisti infatti partono dalla medesima condizione di fanciulli ancora estranei alle tribolazioni degli adulti. Sono giovani intellettuali in erba versati nelle arti e amanti della cultura: Ernesto coltiva la sua passione per il violino, desidera seguire lezioni di musica, spende i suoi risparmi in biglietti teatrali e concerti, dinamiche che rivelano una profonda contraddizione: il desiderio di crescere si somma a quello di assumere i caratteri identitari del padre che non ha mai conosciuto, ma dimostra allo stesso tempo il bisogno di rimanere bambino libero dalle responsabilità delle proprie scelte. Elio specularmente è in sintonia con il pianoforte, affascinato dalla storia dell’arte e la letteratura classica che, come un liquido amniotico, sembra avvolgere la casa, la campagna, il sole, il tempo e proteggere la sua persona in una rassicurante dimensione bucolica. Decisamente più maturo della sua età, come un adolescente combatte interiormente i moti passionali che animano e gli torturano l’anima.

La prima esperienza sessuale dei protagonisti genera uno sconvolgimento che porrà fine inevitabilmente alla dicotomia che li caratterizza: Ernesto nel trovarsi schiacciato da sensi di colpa inoculati da una società non ancora pronta ad accettare l’omosessualità, frequenta Tanda, la prostituta che lo inizierà all’amore eterosessuale per dimostrare di non essere uno di quei “deviati” che lo zio tanto disprezza. L’innamoramento di Elio per l’esuberante ebreo statunitense invece si manifesta apertamente: l’attrazione pervade il ragazzo divenuto adulto, ma che non lo è del tutto. Entrambi manifestano il malessere dovuto non tanto all’esperienza, bensì al cambiamento che questa porta con sé: Ernesto mentre supera resistenze ed inibizioni, è consapevole della trasformazione e di aver perso la spigliata innocenza propria dell’età adolescenziale ed Elio segnato dalla relazione ormai consumata e conclusa, realizza di essere un adulto con desideri e passioni che potrebbero anche nuocergli.

Attraverso la storia con Oliver e con il bracciante che Saba priva di un nome, il quadro inizia a prendere forma e i due giovani devono venire a patti con una realtà diversa da quella che entrambi si erano raccontati: una comfort zone costituita dalla routine lavorativa di Ernesto e dalla sonnacchiosa vita della campagna cremasca in cui Elio trascorre le vacanze estive. Una immobilità emotiva e psicologica a cui entrambi restano legati prima di acquisire il coraggio di far cadere quelle barriere invisibili che ne ostacolano il rapporto fisico: in questa ovattata cornice avviene la scoperta di loro stessi. Venire a patti con la propria identità genera un senso di calma che permette la sopravvivenza in sintonia con l’esterno, nonostante i logoramenti che la situazione comporta.

Accade così che Elio, sebbene si trovi a dover metabolizzare l’abbandono di Oliver tornato negli States per sposarsi, riesca a trasformare la malinconia verso il passato consumato e concluso in un progetto di vita per il futuro, abbandonandosi finalmente in un pianto liberatorio, manifestazione ultima dell’addio all’infanzia. La sezione finale di Ernesto si arresta sull’amicizia di Ernesto con un violinista adolescente di poco più giovane di lui, dalla cui bellezza il sedicenne triestino rimarrà soggiogato e affascinato: Ilio costituisce a tutti gli effetti il primo vero amore del ragazzo, «il meraviglioso fanciullo, che, non potendo essere, si sarebbe accontentato di avere».

A differenza di Elio permane in Ernesto il desiderio di nascondersi, la necessità di accettarsi ma di non esporsi a giudizi esterni.

La difformità sostanziale nell’epilogo del processo di trasformazione è riconducibile ai diversi contesti sociali in cui i protagonisti agiscono suscitando reazioni diverse tra le persone connesse loro emotivamente: mentre i genitori  di Elio, intellettuali avanguardisti degli anni Ottanta del Novecento, si stringono solidamente attorno al figlio, accettano l’adulto che è diventato e lo incoraggiano a prendere in mano il suo futuro, la nevrotica e scostante madre di Ernesto non orienta l’attenzione sul giovane adulto che ha davanti, piuttosto preferisce assumere un atteggiamento di protettiva negazione, trattandolo come un bambino incapace di contestualizzare i propri comportamenti: così avviene in Ernesto un rigetto dell’individuo adulto che poteva e stava per diventare, avviandosi verso la regressione all’età infantile, cullato dalle improvvise attenzioni materne cui era disabituato.

Due storie sostenute da percorsi dagli esiti simili ma non paragonabili, vicende immaginate e dipinte con raffinatezza stilistica a distanza di cento anni, azzardate da voci narranti provenienti da culture assai diverse: ciò che più stupisce è il percorso parallelo dei protagonisti che culmina con la conoscenza e l’accettazione di sé.  La costante del quadro narrativo e memoriale è la transizione dall’adolescenza umana e poetica allo stato adulto dell’individuo consapevole contro il muro della vita che di spigoli ne ha in abbondanza. Allora Saba e Aciman ci parlano, il primo con la sofferenza vissuta che allusiva riemerge immortale e bizzarra dal Canzoniere (Einaudi 2014) il secondo attraverso una storia di fantasia che a distanza di un secolo vuole essere un auspicio a quello che verrà, trovando così in Elio una degna conclusione di Ernesto.

 

 

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