Psychodonna di Rachele Bastreghi

L'album dell'artista toscana

di / 16 giugno 2021

Non è il primo tentativo da solista per Rachele Bastreghi, Psychodonna. Sei anni fa usciva con un bel lavoro, Marie, ma era un Ep di sette tracce, di cui due erano cover. La gestazione era stata completamente diversa: tutto nasceva dopo la sua interpretazione di una cantautrice francese, appunto Marie, nella fiction Rai Questo nostro amore.

In questo 2021, invece, dopo L’amore e la violenza 1 e 2, un vero e proprio esordio con un album di nove tracce, presentato come Lp e non come Ep. Pochi mesi dopo quello del suo compagno di viaggio nei Baustelle, Francesco Bianconi, che ha scritto il suo primo album solista, Forever.

La quasi concomitanza di queste due uscite porta quasi in automatico a doverne parlare insieme. E questo porta a pensare, a ripensare, a immaginare e a reimmaginare come venga percepita la figura di Bastreghi all’interno dei Baustelle.  Non c’era bisogno di Psychodonna per capirne la reale importanza. Chi ha sempre pensato che  fosse una sorta di gregaria, che si limitasse a cantare o a interpretare la fastidiosa parte sensuale del gruppo (contrapposta a quella oramai quasi ascetica di Bianconi), o non conosce i Baustelle o è in malafede.

Facendo comunque un breve parallelismo tra i due album: mentre Bianconi si è distaccato di netto nei confronti dell’approccio alla Baustelle (escludendo Fantasma, a cui deve molto),  in Psychodonna ci  ritroviamo in un contesto più familiare, qualcosa con cui abbiamo abbiamo avuto a che fare lungo la carriera del gruppo toscano – “Come Harry Stanton”, “Poi mi tiro su”, “Lei”, sono imbevute di Baustelle, soprattutto degli ultimi due L’amore e la violenza.

Su un’architettura sonora già rodata (per esempio l’arpeggio di “Not for me” riporta direttamente ad “Andarsene così“, da Amen), con alcune deviazioni tipo la cover scritta da Ivano Fossati per Anna Oxa del periodo punk (Oxanna), “Fatelo con me“, o il tecnho pop di “Penelope“, Bastreghi ha tirato su un vero e proprio concept che ha come nucleo narrativo la spinta esistenziale verso il non-essere ciò che è ordinario, lo status quo, il binario.

Riconosciamo in Bastreghi una scrittura evoluta e precisa.  Capace di veicolare la diversità come spinta propulsiva in un mondo che tende all’autoconservazione ipocrita e di facciata; come necessità il fuggire da certe logiche consolidate nel tempo e rivendicarne il proprio distacco.

Psychodonna è un album importante che non deve essere lasciato andare via e messo da parte come progetto B. C’è una coscienza di fondo che è difficile da trovare in giro, e una  sensibilità importante nell’affrontare quella materia infinitamente eterogenea che sono le esistenze.

La voce di  Bastreghi è una voce, è un inno all’autodeterminazione. Un taglio sulla superficie di un mondo miope.

 

 

 

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LA CRITICA

Rachele Bastreghi scrive un album importante, Psychodonna, di matrice baustelliana, incentrato sulla libertà di essere ciò che ci si sente di essere.

VOTO

7,5/10

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