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Cinema

“Irrational Man”
di Woody Allen

Allen di nuovo alle prese con “Delitto e castigo”

di Francesco Vannutelli / 15 dicembre

Presentato fuori concorso a Cannes, Irrational Man è il quarantacinquesimo film di Woody Allen in quarantanove anni di carriera, il trentacinquesimo uscito negli ultimi trentatré anni. È un film classico di un certo stile di Allen, quello proprio dei film drammatici, che qui conosce una declinazione nuova che fonde vari aspetti della sua filmografia.

Abe Lucas è un professore di filosofia caduto in una depressione acuta da circa un anno. Sulle cause circolano varie voci che vanno dall’abbandono della moglie alla morte di un amico in Iraq. Quando arriva a insegnare nel college di una piccola cittadina la sua fama lo ha già preceduto. È un noto sciupafemmine, un contestatore, un innovatore del pensiero filosofico, almeno questo è quello che si dice. In verità, Lucas è un alcolizzato nichilista incapace di apprezzare nulla della vita. Stringe due amicizie fondamentali, una con la professoressa Rita Richards, l’altra con la studentessa Jill Pollard. Entrambe sognano che Lucas le porti via dalla loro vita, da un matrimonio che non si rende conto di essere fallito, da un fidanzamento troppo inquadrato in convenzioni per essere stimolante. Il professore però non ha veri motivi per innamorarsi di nessuna delle sue donne, finché un giorno, per caso, non trova uno stimolo nuovo per vivere nella progettazione del delitto perfetto.

L’interesse di Woody Allen per le correnti di pensiero dell’esistenzialismo europeo nasce in maniera indiretta dalla visione dei film di Ingmar Bergman. La curiosità per le suggestioni di Kierkegaard presenti nell’opera del maestro svedese si è trasformata negli anni in uno studio più attento dei testi filosofici, ma ha contraddistinto il cinema di Allen in maniera consistente sin dalla prima svolta verso i toni drammatici con Interiors del 1978.

Questo Irrational Man arriva come una sorta di saggio di fine corso. Woody Allen dichiara in maniera esplicita il debito nei confronti dell’esistenzialismo ateo nella formazione della sua visione del mondo parlando attraverso il depresso professor Lucas di morale, responsabilità e caso. Ogni volta che nella sua lunga filmografia Allen si è avvicinato al thriller ha rifatto, in forme diverse, Delitto e castigo di Dostoevskij, il più grande romanziere esistenzialista di sempre, studiato come un pensatore dai filosofi del secondo Novecento. Basta guardare Crimini e misfattiMatch PointSogni e delitti, per fare alcuni esempio.

In quest’ultimo film, l’omaggio – o il riferimento – si fa ancora più esplicito arrivando a indagare aspetti diversi delle conseguenze dell’azione. Come Raskolnikov, Lucas commette il male per arrivare al bene, eliminando una persona malvagia per migliorare, anche solo in maniera infinitesima, la qualità generale della vita di tutti. A differenza di Raskolnikov, il professore non è distrutto dall’angoscia dell’omicidio ma anzi riscopre il valore della vita proprio attraverso la sua negazione. Capisce dopo un anno di paralisi personale che è l’azione il vero significato dell’essere umano, non il pensare, non il teorizzare sistemi per vivere meglio.

Proprio per questo, Irrational Man conserva, rispetto ai precedenti “thriller filosofici” di Woody Allen, un tono generale molto più vicino alla commedia nera che al dramma, rivelando solo verso la metà la sua natura di indagine esistenzialista sul senso dell’azione umana. In altri tempi, quest’ultimo film del regista di Manhattan sarebbe stato un romanzetto filosofico, un apologo morale che rappresenta in finzione  pratica i contenuti teorici di un sistema di pensiero. Allen, non essendo un filosofo, non riesce a filtrare la quantità di informazioni che vorrebbe gestire finendo per trasformare il suo film in un compendio di filosofia esistenzialista da ripassone generale. Troppo spesso i dialoghi finiscono per assumere il tono di tirate moraleggianti piuttosto vuote, e l’evoluzione della trama affidata assolutamente al caso – nel pieno rispetto di una delle lezioni che un Lucas ubriaco impartisce ai suoi atterriti studenti – è poco più di uno spunto interessante.

Dalla sua, Irrational Man ha una messa in scena splendida grazie ai colori di Santo Loquasto, Suzy Benzinger e Darius Khondji. Joaquin Phoenix, in evidente sovrappeso alcolico, fa bene Abe Lucas nel cliché del beone nichilista. Emma Stone, al secondo film con Allen dopo Magic in the Moonlight, fa bene il cliché della musa del maestro.

(Irrational Man, di Woody Allen, 2015, thriller, 96’)

LA CRITICA - VOTO 6/10

Dopo averci girato intorno per anni, Woody Allen esplicita il suo debito nei confronti della filosofia esistenzialista con un apologo morale sul senso dell’agire umano che recupera molti temi già trattati in una forma nuova di commedia nera, ma Irrational Man è poco più di un esercizio retorico sulla colpa e il caso.