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Varia

“Lo zoo di vetro”
di Tennessee Williams

Fragilità e insoddisfazione: ritratto di famiglia

di Roberta Biondi / 20 maggio

Un soggiorno spoglio, un arredamento modesto, poche luci e tanti ritratti fotografici in seppia appesi al soffitto. La scena si apre così, in una penombra dove Tom, interpretato dal regista Arturo Cirillo, inizia a raccontare la storia della famiglia Wingfield tra una boccata e l’altra dalla sua sigaretta. Il dramma di Tennessee Williams, scritto nel 1944, parla di una famiglia imperfetta, incompleta, dove l’abbandono del padre continua a vivere nei vecchi dischi che Laura, timida e complessata a causa di un problema alla gamba, ascolta ininterrottamente, unica occupazione insieme alla sua collezione di minuscoli animali di vetro. Le insicurezze e le personali ribellioni di Laura e Tom si scontrano perennemente con la morbosità di Amanda, una madre scoraggiata e delusa ma sempre presente con i suoi consigli e le sue esasperanti puntualizzazioni. Ossessionata dalla paura che la figlia sia condannata a un destino di solitudine, esorta Tom a trovarle un pretendente, ed è così che nella sua vita ricompare Jim, il ragazzo affascinante e spigliato di cui Laura era segretamente innamorata ai tempi del liceo.

L’insoddisfazione e l’impossibilità di fuggire dalla propria condizione di statici personaggi irrealizzati tengono insieme i componenti della famiglia, che fin dall’ingresso del pubblico in sala restano inchiodati alla loro piccola realtà domestica.

Ma di reale c’è ben poco in questi personaggi nascosti dietro il proprio personale paravento di incertezze: l’unico che sembra poter portare un cambiamento, o meglio una parvenza di realtà, è proprio Jim, che lascia intravedere uno spiraglio nella penombra delle claustrofobiche pareti di casa Wingfield. Uscirne però sembra impossibile, e le distanze di cui tanto si parla, quelle stesse distanze di cui il padre assente era così innamorato, si esauriscono fra quelle quattro mura, e possono essere colmate solo attraverso proiezioni o sterili espedienti, come il cinema e l’alcool per Tom, o gli animaletti di vetro per Laura.

Il mondo esterno è un’illusione, tanto vicino quanto irraggiungibile, concetto reso alla perfezione dalla scelta di inserire nell’armadio le luci stroboscopiche del Dancing Paradiso, la sala da ballo di fronte. La speranza infranta sta tutta qui, in questi fugaci lampi di luce che Laura vede ormai senza più stupore, come quelli che fuoriescono dallo scrigno in cui conserva la sua preziosa collezione.

La nostalgia per un passato pieno di rimpianti e per un futuro che minaccia di essere nient’altro che una proiezione fin troppo fedele del presente è una costante nella messa in scena di Cirillo, e si riflette pienamente nelle canzoni di Luigi Tenco che Laura fa partire da un giradischi all’angolo della scena.

La potenza del testo di Tennessee Williams è forte e presente, ma alla sua struttura non vengono apportati particolari cambiamenti, a differenza di quanto spesso accade con le rappresentazioni teatrali delle opere del drammaturgo statunitense. Questa versione de Lo zoo di vetro non osa nessuna visibile variazione o reinterpretazione, ma le scelte registiche avvicinano il dramma a un contesto attuale e a noi decisamente vicino: un esempio è la madre invadente, possessiva, prorompente, la cui influenza sugli altri personaggi contribuisce a creare un ambiente familiare in cui è fin troppo facile riconoscersi. I tre interpreti Milvia Marigliano, Monica Piseddu e Edoardo Ribatto assecondano con naturalezza il realismo dell’opera, in una recitazione pulita e immediata. L’interpretazione alterna il dramma a momenti di amara comicità, tanti, forse troppi: la sensazione di straniamento che generano ha un senso, ma tende a diventare una costante quasi fuori luogo. Uno spettacolo che nel complesso non lascia insoddisfatti, ma che fa del proprio potenziale inespresso una caratteristica difficile da ignorare.

 

Lo zoo di vetro

di Tennessee Williams
regia Arturo Cirillo
traduzione Gerardo Guerrieri
con Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Arturo Cirillo, Edoardo Ribatto

In scena al Teatro India dal 18 al 22 maggio 2016.

 

LA CRITICA - VOTO 6,5/10

Una rappresentazione immediata, scorrevole e lineare, ma il cui potenziale, ben visibile in alcuni espedienti scenici e interpretativi di qualità, non viene espresso nella sua totalità.