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Cinema

“Indivisibili”
di Edoardo De Angelis

A metà tra favola e cronaca

di Francesco Vannutelli / 4 ottobre

Avrebbe meritato di partecipare in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia Indivisibili, il terzo film del regista napoletano Edoardo De Angelis. Si è dovuto accontentare di passare fuori concorso nella sezione Giornate degli Autori (e poi al Toronto Film Festival, e al London Film Festival), lasciando spazio nella competizione ufficiale a film italiano con molta meno personalità.

Secondo Paolo Sorrentino, il film di De Angelis avrebbe meritato di essere scelto per rappresentare l’Italia ai prossimi Oscar come miglior film straniero. Invece è stato scelto Fuocoammare, in una stagione in cui c’erano almeno altri due titoli su cui tutti, critica e pubblica, si erano trovati d’accordo nell’elogiarli.

Parleremo delle scelte della commissione italiana in un altro momento, ma quello che probabilmente intendeva sottolineare Sorrentino indicando Indivisibili come suo favorito è quella rinnovata voglia di un certo gruppo di autori italiani di trovare nuovi linguaggi per il cinema italiano. Quella voglia, in sostanza, di fare qualcosa di diverso dal puro e semplice cinema d’autore o dalle commedie senitmentali in cui negli anni si è andata ad arenare le proposta del cinema nazionale.

In una periferia campana di case costruite a metà, prostitute, africani e vari esemplari di mostruosità umana, due gemelle siamesi, Desi e Viola, si esibiscono come cantanti in feste di matrimonio, comunione, battesimi e tutto il resto. Il pubblico è convinto che portino fortuna, chiedono di toccare il punto del bacino in cui le due sorelle sono legate. Le venerano tanto che un prete con l’orecchino e il giubbotto jeans vuole renderle il fondamento di una nuova chiesa da costruire. Sfruttate da un padre che scrive le canzoni e si gioca i guadagni – rigorosamente in nero – al videopoker e da una madre sempre con la canna in bocca, le due ragazze scoprono al loro diciottesimo compleanno che è possibile venire separate, basta andare nella clinica svizzera di un luminare disposto a operarle gratuitamente. La vita potrebbe cambiare, lontano da quella famiglia che ha sempre nascosto la verità.

Sono tanti i meriti di Indivisibili, tanti quanti i rischi che riesce a evitare. È un racconto crudo di una grande parte della realtà periferiche italiane, fatte di degrado, fanatismo ignorante e sfruttamenti vari, ma riesce a fermarsi prima di prendere strade troppo battute. È una favola che sa molto di Pinocchio ma che riesce a non cedere nulla all’ingenuità. È un film di genere per la costruzione dei personaggi di contorno e un film d’autore per la voce del racconto. È un romanzo di formazione – doppia formazione – di due sorelle diverse e legate non solo nel corpo, trascinato dalle incredibili gemelle Angela e Marianna Fontana, non siamesi nella vita reale, già viste in televisione alla ricerca di celebrità come cantanti.

La scrittura di Nicola Guaglianone, già autore del soggetto di Lo chiamavano Jeeg Robot, garantisce ancora una volta quella capacità di inserire uno spunto narrativo potente in un contesto originale. La periferia interculturale, la moralità ambigua del mondo dello spettacolo di infimo livello, le feste, le chiese da costruire formano un palcoscenico di livido e onirico realismo, fotografato da Ferran Paredes Rubio, da sempre collaboratore di De Angelis. È un immaginario che unisce Garrone e Fellini, la cronaca con la favola nera, i Freaks di Tod Browning (i nomi delle due gemelle sono gli stessi di Daisy e Violet Hilton, che compaiono nel film del ’32) con i video dei prediciottesimi su YouTube.

Non tutto, purtroppo, è perfetto. C’è una seconda parte in cui si va troppo vicini alla solennità del cinema d’autore, con tutti i suoi difetti. Manca un po’ di realismo della carne, un po’ di body horror alla Cronenberg (Inseparabili viene in mente già per il titolo, ma non solo), così come manca il coraggio di denunciare del tutto gli sfruttatori, di far vedere i mostri che non hanno difetti fisici.

Quello che è certo è che il trentottenne Edoardo De Angelis, arrivato al terzo film dopo Mozzarella Stories e Perez., è ora un autore nuovo del cinema italiano, uno di quei registi di cui va aspettato il nuovo film con curiosità e fiducia. Un regista in grado di dire ogni volta qualcosa di nuovo, in modo originale, con una voce che sa farsi riconoscere e suggerire soluzioni nuove.

(Indivisibili, di Edoardo De Angelis, 2016, drammatico, 100’)

LA CRITICA - VOTO 7,5/10

Indivisibili di Edoardo De Angelis conferma l’ottimo stato di forma del nuovo cinema italiano trovando ancora una volta il modo nuovo di unire i vari livelli del linguaggio cinematografico, tra genere, autorialità, cronaca e favola.