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[Best 2017] I Libri

di Redazione / 27 dicembre

Chissà perché questo bisogno non sfiorisce… Anzi, si converte, si raffina, ma ci resta tra le mani.

Ordinare un po’, cavalcare un’illusione così tenera che ci allinei per un attimo le scelte, come un plotone di bimbi ammaestrati. Con calma, dispiegando le forze in successione decrescente, per detonare l’attesa del numero minore, del merito vincente.

Quindi, ossessivi rei confessi, maniaci blasonati, dipendenti efferati dal gioco del podio, siamo qui a sgranare queste ultime briciole d’anno (editoriale) per proporvi cosa del 2017 rimarrà sullo scaffale.

Un 2017 sempre gremito di titoli, tanto che inizialmente sembra proprio di sbracciarsi in un circo di mangrovie, ma aguzzando appena un minimo l’intuito, non ci è voluto molto a reputarlo spesso gonfio solo d’aria.

Innumerati i tentativi di riesumare fasti di passati successi, con seguiti decisamente più fragili (anche se ancora ottimamente venduti), tra cui Origin di Dan Brown, La colonna di fuoco di Ken Follett e Il ministero della suprema felicità di Arundhati Roy. Diciamo che archiviare il 2016 è stato sicuramente più difficile.

Ma comunque, al di là dei (meritevolmente) pluripremiati Pulitzer e Strega, eccola qui la nostra classifica dei libri di quest’anno finora non recensiti e che vi consigliamo:

 

10) Qualcosa sui Lehman di Stefano Massini (Mondadori).
Folgorante esempio di testo incatalogabile. Ibridato da contaminazioni continue. Un’eccellente insalata di linguaggi e rimandi, tra il fumetto, il cinema, il teatro, la letteratura e un mondo altro che li contempla e li prescinde. La storia di una famiglia e del suo ingegno, che dalla Germania deborda oltre l’oceano. Fino al trionfo, fino allo schianto. Tre generazioni di rischi, dal bestiame al cotone all’azzardo finanziario. Testo totale, straordinario anche nella sua versione teatrale, per la regia di Luca Ronconi.

 

9) Il libro del padre di Urs Widmer (Keller).
Un libro di pagine bianche, che sarà la vita a popolare di parole. Un libro che il piccolo Karl riceve per i suoi dodici anni e che finisce così, masticato dal buio. Sarà suo figlio a colmarlo per lui, restituendo occhi e memoria al ritratto di quel padre temuto, sofferto e amato senza sosta. Un gioiello di luci sottili.

 

8) Tutto quello che non ricordo di Jonas Hassen Khemiri (Iperborea).
Chi siamo davvero a sipario disteso? Sciolti nella notte, resistiamo soltanto in ciò che gli altri trattengono e raccontano di noi. Il giovane Samuel muore senza una causa accertata e uno scrittore cerca di ricomporne i pezzi attraverso le voci di chi lo ha afferrato per qualche attimo di sé. Ma quello che emerge è un volto di fiume, tremulo e incostante, dove niente si scrive con certezza. Finalista al Premio Strega Europeo.

 

7) Iron Towns di Anthony Cartwright (66thand2nd).
Un microcosmo di sogni violati, tra acciaierie incolte e idolatrie calcistiche. Gli eroi dello sport tatuati sul corpo come spettri di un successo impossibile, nello stomaco di una società operaia ormai dismessa. Una grandiosa prova narrativa.

 

6) Un complicato atto d’amore di Miriam Toews (marcos y marcos).
Ripubblicato dopo dodici anni, il romanzo sprofonda nel cuore mennonita canadese, dove Nomi, adolescente avvizzita d’inquietudine, aspetta grandi incontri e impossibili ritorni. Uno scorcio emotivo di strazio e d’incanto.

 

5) L’ordine del tempo di Carlo Rovelli (Adelphi).
Lontani miglia e dimensioni dal registro di fiction, questa è un’escursione nel mistero più insondabile che si possa accarezzare: il tempo, come architettura immaginifica o labile illusione; invenzione, condanna, salvezza. Con la maestria di un affabulatore e virate poetiche di inattesa bellezza, Rovelli illustra e decostruisce principi scientifici considerati intangibili. Per chiunque abbia sete di lezioni illuminanti.

 

4) Il tuffo di Jonathan Lee (SUR).
Nella Brighton del 1984, il Grand Hotel brilla di un’esplosione solitaria. Qualcuno ha piazzato una bomba durante il Congresso del Partito Conservatore e il risultato sono cinque morti. Ma nei giorni dell’intanto, nel dirupo temporale tra la sistemazione dell’ordigno e la sua deflagrazione, si smatassa una vicenda umana ricca e irresistibile. Chi pecca, chi ripara, ritrovandosi a sbagliare.

 

3) Il prodigio di Emma Donogue (Neri Pozza).
Una bambina inspiegabile, digiuna da quattro mesi eppure perfettamente sana; una comunità spaesata, che si avvinghia a timori profetici laddove la scienza è costretta a raggelarsi. Affresco d’Irlanda di tardo Ottocento, una trama brillante, una prosa che intrappola.

 

2) È giusto obbedire alla notte di Matteo Nucci (Ponte alle Grazie).
Ai confini estremi della città di Roma, là dove il Tevere sfocia nel mare, vivono individui reietti, in un ecosistema difficile da immaginare, ma in cui è possibile sparire, come cerca di fare il Dottore, il personaggio principale della storia, arrivato lì in seguito a un dramma personale che gli ha stravolto la vita.  Una discesa agli Inferi, un romanzo la cui lingua merita una profonda attenzione.

 

1) L’arminuta di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi).
Il Premio Campiello di quest’anno è una storia di radici. Tranciate e poi riannodate a forza. Una bimba povera viene spedita da parenti più agiati fino ai suoi tredici anni e all’improvviso viene riconsegnata al mittente. E così diventa appunto l’Arminuta, la ritornata, impegnata a capire il perché di un nuovo rifiuto. Una scrittura lirica, carnosa, vibrante, per il libro migliore dell’anno. Fame placata, ma sempre per poco.