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Libri

La catabasi del ritrattista

“L’assassinio del Commendatore. Libro secondo. Metafore che si trasformano ” di Murakami Haruki

di Chiara Gulino / 27 maggio

Con Metafore che si trasformano, questo il sottotitolo del secondo libro de L’assassinio del Commendatore (Einaudi, 2019), Murakami sembra apparentemente rinunciare a una delle caratteristiche principali della sua produzione narrativa, ovvero il finale aperto. Infatti quasi tutte le ipotesi e supposizioni emerse nel primo libro sembrano trovare una loro risposta e realizzazione. Dunque, questa seconda parte, assumendo i contorni del giallo tradizionale, risulta essere la più realistica delle opere dell’autore giapponese. Ma sempre di realismo magico si tratta. Non mancano, come sempre, gli elementi paranormali. Buona parte del racconto è ambientato infatti nel regno della metafora, un mondo in cui vengono meno le coordinate di spazio e tempo.

Ritroviamo infatti il nostro ritrattista, in una sorta di catabasi, rincorrere come un fantasma delle sue paure più recondite, per scoprire come avvicinarsi alla morte. Del resto, solo amore e morte sono in grado di interrompere il ciclico connettersi degli spazi e dei tempi. Laddove Ulisse era disceso nel regno dei morti per incontrare l’indovino Tiresia e interrogarlo sul proprio destino, salvo rimanere sul liminare, il nostro protagonista come Enea o Dante, lo attraversa e se ne lascia plasmare e trasformare.

A innescare il corso degli eventi è la scomparsa di Marie, la ragazzina che egli aveva iniziato a ritrarre nel primo libro per «catturare la sua vera natura». Non gli interessa infatti la bellezza di un soggetto ma «ciò che si celava al di là, in fondo al suo essere». A questo punto i personaggi del quadro di Amada prendono vita e vengono in soccorso del nostro protagonista. Le sfere degli avvenimenti innescati iniziano così a girare a vuoto contro il corso del tempo e il giovane pittore si ritrova nella buca dietro il tempietto da cui di notte avvertiva il suono della campanella.

Come Dante nella Commedia, si fa archetipo della umanità intera: nel suo percorso l’uomo cade spesso in molte buche brutte e profonde da cui fatica a risalire. Ma ecco che quando si tocca il punto più basso della disperazione e si è smisuratamente soli, ci viene in soccorso qualcuno. Riuscirà dunque a ritornare nel mondo reale, pur rimanendo sempre sospeso alla ricerca di una verità sempre ambigua e sfuggente.

C’è sempre un altro livello al di sotto della realtà. Il realismo coglie solo il visibile. Per esprime ciò che è invisibile, inesistente o coperto, ci vuole altro. Con il suo stile unico Murakami riesce a esprimerlo anche in questo romanzo. È fluido il confine fra quanto sta accadendo e quanto il personaggio sta rammentando, sognando o ricapitolando.

Tutti i personaggi di Murakami sono stratificati e complessi. In loro si può delineare un tratto comune: l’adolescenza li ha segnati in maniera indelebile: eventi drammatici come la perdita del migliore amico morto suicida in Kafka sulla spiaggia o la morte della sorellina più piccola come qui. Dunque, tutti i suoi protagonisti hanno vissuto la fase di transizione dalla giovinezza all’età adulta attraverso degli episodi traumatici che ne hanno definito la personalità e il percorso esistenziale.

Altro tratto comune è la solitudine del protagonista. Anche il nostro protagonista, ennesimo suo alter ego, è immerso nella solitudine e nella profondità del comporre. Nel Mestiere dello scrittore affermava: «[…] scrivere un romanzo, soprattutto un romanzo lungo, è qualcosa che si fa in solitudine. A volte ho l’impressione di stare seduto in fondo a un pozzo».

Forse è così che ci sentiamo anche noi lettori alla fine di questa ennesima avventura surreale e onirica di Murakami, seduti in fondo al pozzo, tremendamente soli, eppure con la voglia di dare una sterzata alla nostra esistenza o di ricominciare in un eterno ritorno.

 

(Murakami Haruki, L’assassinio del Commendatore. Libro secondo. Metafore che si trasformano,  trad. di Antonietta Pastore, Einaudi, 2019, pp. 440, euro 20, articolo di Chiara Gulino)

LA CRITICA - VOTO 7/10

Pur non eguagliando in qualità di trama vette inarrivabili come Kafka sulla spiaggia, questa seconda parte è molto più piacevole e movimentata della prima.