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Il futuro anteriore dell’Europa

A proposito di “Cronorifugio” di Georgi Gospodinov

di Giuseppe Maria Marmo / 13 dicembre

Il nostro secolo, con molta probabilità, verrà ricordato come il tempo delle grandi dimenticanze. In passato raramente si è parlato così tanto dei problemi relativi alla memoria. L’aumento della durata della vita ha portato a un’incidenza crescente di persone che soffrono di Alzheimer o demenza senile. Sembriamo tutti destinati a dimenticare, e il tempo, lentamente e senza alcuna soluzione di continuità, a svanire. Sebbene la scienza abbia spiegato il motivo che soggiace a questi problemi, il pensiero, inevitabilmente, cerca un significato altro, un senso superiore, allegorico, a un male tanto subdolo capace di intaccare la nostra percezione del reale.

Cronorifugio (Voland, 2021), l’ultimo libro di Georgi Gospodinov vincitore del Premio Strega Europeo 2021, è un testo che si muove tra il romanzo politico, quello apocrifo-autobiografico e il saggio narrativo, e sembra voler parlare proprio di questo.

La perdita di memoria per Gospodinov è un monito, un invito alla comprensione. Coloro che hanno la porta del presente sbarrata non possono far altro che rivolgersi al passato, un tempo di ricordi e memorie sospese, composto da attimi, azioni ordinarie e oggetti desueti che diventano presto l’unico riparo sicuro nei confronti della complessità del quotidiano. L’ultimo possibile baluardo di felicità. Ancora di più se quella stessa felicità è fioca nella memoria di una mente in declino. Gaustìn – amico tanto immaginario quanto reale del protagonista, sua emanazione e oggetto della narrazione – è cosciente di tutto ciò: inadeguato egli stesso a vivere in un tempo preciso, decide di creare dei “cronorifugi”, luoghi con l’arredo e le comodità dei tempi passati in grado di far sentire a casa chi nel presente non riesce più a riconoscersi.

L’esperimento ha così inizio. La clinica del passato di Gaustìn nasce a Zurigo, grazie all’investimento di un emigrato bulgaro trapiantato in Svizzera, terra neutrale e quindi senza tempo: perfetta per accogliere ed essere popolata da tutti i tempi. Anche il narratore, che poi coincide con l’autore, collabora con la clinica: fa ricerche di archivio, crea storie, indaga sui colori e gli odori di decenni ormai trascorsi, tutto per ricreare un passato identico a quello che fu.

La prima parte del romanzo è particolarmente delicata: la voce narrante ripercorre le vite degli anziani che popolano la clinica e ci si immerge così nel loro passato, si soffre per le ingiustizie di un tempo non troppo lontano dal nostro, e allo stesso tempo si gode per delle felicità fatte di piccoli gesti, felicità forse solo sfiorate ma capaci di dar senso a una vita intera.

C’è una domanda però che si legge da subito in filigrana tra le pagine di Cronorifugio, e che con sempre maggiore intensità si fa largo nel corso della narrazione: fin quanto è giusto dedicarsi al passato dimenticando il proprio tempo? Il passato infatti è ammaliante, tutti vorrebbero viverlo, anche chi magari per questioni anagrafiche non può averne memoria, e così le cliniche si diffondono in tutta Europa. Le persone, anche quelle che non soffrono di alcuna patologia, cercano un comodo rifugio dal presente, ma per loro non si ha più il compartimento stagno dettato dalla malattia; i tempi si mischiano, la storia si fa quotidianità, e inevitabilmente le epoche fuse tra loro rievocano il caos che nel Vangelo di Giovanni annuncia l’apocalisse, in cui la fine del mondo viene identificata con la fine del tempo. Le città, adesso, si popolano di individui vestiti con abiti tradizionali: ognuno sceglie e vive la propria epoca, una nuova personalissima medicina al presente. Persino i nazionalismi europei pensano di appropriarsi di un passato splendente, fatto di memorie altisonanti solo immaginate, alla ricerca di un potere da rafforzare in un fulgido ma fantasmatico ricordo. Tutto si confonde dunque, la situazione politica si complica, e diventa difficile gestire città e nazioni dilaniate da tempi tanto diversi.

La banalità della vita si combatte attraverso le minuzie concrete di periodi astratti. La paura del futuro porta chiunque a rifugiarsi in quel mostro discreto che si rivela essere il passato, che conquista tutti e tutto come un virus. Il passato, tuttavia, quando scansa il presente e viola le altrui dignità, diventa pericoloso. I costumi popolari si impongono, e chi resiste, ostinato nel vivere il presente, viene preso di mira e disprezzato. La morbida tirannia della maggioranza non accetta defezioni, così l’Europa corre ai ripari e dispone un referendum generale per poter decidere il tempo da adottare per ogni nazione.

Cronorifugio è un libro impegnato, solo tangenzialmente autobiografico, un romanzo complesso per l’articolata struttura narrativa e le speculazioni storico-filosofiche che il lettore più attento troverà al suo interno; allo stesso tempo è un testo veloce, nostalgico, che si contraddistingue per la sua scrittura intimistica e leggera. Gospodinov scompone con grande qualità autoriale l’io, ricomponendolo attraverso la forzosa ripresa del passato inteso come memoria. Passato che, se non ragionato interiormente ma collettivizzato come fenomeno di massa, corre però il rischio di diventare nostalgia, fuga dal presente, oblio del male e quindi, infine, eterno ritorno del dolore.

Il protagonista del romanzo, un nostalgico che vive di ricordi, si rende presto conto che l’insicurezza di vivere il nostro tempo può ubriacare le facoltà razionali nell’esecuzione di una romantica fantasia restauratrice. E il pericolo reale è che se nessuno ricorda, allora, tutto diviene possibile. La dea del tempo, come un serpente che si morde la coda, restituisce oggi quello che aveva avuto luogo ieri; se rivissuto, il passato è destinato a culminare negli errori e nei dolori già provati dai nostri avi. Lasciarsi andare a fantasie nostalgiche non può che portare a un’apocalisse esistenziale, una corsa all’indietro verso un territorio dove non c’è nulla. Una spasmodica ricerca di un luogo nel tempo, un luogo però ormai vuoto, pieno di ragnatele e cose dimenticate, un luogo solitario che fa comprendere che in fondo è vero: l’uomo senza presente e senza memoria non può che sfumare.

 

(Georgi Gospodinov, Cronorifugio, trad. di Giuseppe Dell’Agata, Voland, 2021, 320 pp., euro 19, articolo di Giuseppe Maria Marmo)