Flanerí

Musica

Get Well Soon, Amen

Il ritorno della band di Konstantin Gropper

di Luigi Ippoliti / 5 aprile

Nel 2008 usciva Rest Now, Weary Head! You Will Get Well Soon e ancora oggi è una di quelle piccole perle nascoste, un po’ di nicchia, per cui ti sembra strano che non abbia avuto successo. Un po’ di più quantomeno. Che se ne parli, che sia riconosciuto.

Comunque: i Get Well Soon tornano con Amen, a quattro anni dall’ultimo The Horror. Al loro esordio (davvero brillante) avevano captato la possibilità di far convivere, in un contesto musicale chiaramente diverso da quello di oggi, un’evidente inclinazione radioheadiana con sensazioni post-rock seconda ondata, due pulsioni che, pur avendo radici che assorbono acqua dallo stesso terreno, hanno componenti estetiche lontanissime. Qualcosa che potesse, a sprazzi, dare la sensazione Thom Yorke nei This Will Destroy You. Esperimento riuscito.

Poi un cambio di direzione,  il periodo barocco con Vexations (dove ci sono alcuni brani davvero memorabili, tipo “Seneca’s Silence“), sempre con i cinque di Oxford in testa, ma questa volta con in più Neil Hannon e i suoi The Divine Comedy a tracciare la direzione (portandosi appresso un dandismo che, facendo un paragone musicale e non solo con qualcosa di nostrano, può condurci ai Baustelle,  autori tra le altre cose anche loro di un Amen).  Un mezzo passo falso con gli spaghetti western di The Scarlet Beast O’Seven Heads  e il buon Love, dove non ci sono particolari picchi ma nemmeno cadute pericolose.  Infine le colonne sonore scritte e l’influenza avuta sull’ultimo The Horror.

Arriviamo a oggi, 2022. Nonostante non ci siano i guizzi e gli impulsi degli esordi (quel potremmo fare qualcosa che non sia solo bello ma anche altro) ma con  una consapevolezza e una coscienza più sviluppata, Amen esce fuori con prepotenza e splendore. Basterebbe solo  il ritornello di “This is Your Life” (cosa che ci ricorda quanto sia brano Gropper ad azzeccare le melode) così spazioso, ampio, arioso, nostalgico, disperato,  e con quell’effetto leggerissima sulla voce (sulla bellissima voce di Gropper) tipo effetto Daft Punk, per entrare nell’ordine di idee che i Get Wel Soon hanno scritto qualcosa di importante.

Tutto l’album gira alla grande: ogni pezzo è incastrato, dà la sensazione di avere un senso da solo e nell’insieme. Chamber pop, folk rock, indie, spunti anni’80 (Cure, Depeche Mode), i Radiohead, i Portishead e una fortissima identità. Emerge come in passato la qualità di scrivere canzoni con un buon tasso di bpm riempiendole di malinconia tipica delle ballate (“My Home is My Heart“, e anche qui come prima, il ritornello è da mettere nelle lezioni di scrittura di ritornelli). Emerge la bellezza intrinseca nei testi di Gropper, criptici e poetici. Emerge il fatto che, come detto all’inizio, un gruppo come questo meriterebbe (avrebbe meritato) maggiore attenzione.

Un album dei Get Well Soon è sempre una cosa bella, quando esce come Amen ancora di più.

 

LA CRITICA - VOTO 7,5/10

Ottimo ritorno dei Get Well Soon, che tornano ai livelli degli esordi con “Amen”. Konstantin Gropper si conferma cantautore talentuoso e ispirato.