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“L’infinito” di Tiziano Scarpa

di Luca Errichiello / 21 dicembre

Cosa succederebbe se un personaggio storico si ritrovasse catapultato improvvisamente dal suo passato al giorno d’oggi? È evidentemente una domanda a cui hanno già risposto in molti, sia in ambito letterario, che teatrale, che cinematografico. Tiziano Scarpa ci riprova, con L’infinito, che già dal titolo indirizza alla volontà di considerare la celebre poesia di Giacomo Leopardi. Quest’ultimo improvvisamente si ritrova a ventun anni a casa di Andrea, uno studente alle prese con l’esame di maturità. Fin dall’inizio è evidente l’ovvia distanza linguistica che separa Andrea da Giacomo, pur tuttavia accomunati dalla curiosità di scoprire l’altro. Il prevedibile intreccio porterà Giacomo ad aiutare Andrea ad affrontare l’analisi del testo de “L’infinito” all’esame di maturità. Critica all’accademia e viraggio verso lo spontaneismo nella lettura dei classici. Andrea, affascinato dal mondo delle discoteche e dell’immagine, “imprevedibilmente” dialoga con Giacomo, giovane relegato in un borgo di periferia, sottomesso agli umori del “signor padre”. Ogni tanto balenano concetti leopardiani, ma la rilettura di Tiziano Scarpa appare semplicistica, a tratti del tutto scontata.

Abbinare due temi triti quali la necessità di rivedere i classici in chiave moderna e meno artefatta e lo scacco che grandi del passato subirebbero nell’attualità è un compito non facile, soprattutto considerato l’abuso che Leopardi ha subito nel corso del tempo. Tiziano Scarpa si accoda docilmente alla lunga fila di coloro che hanno fallito, forse addirittura creando ulteriore danno all’immagine del poeta. La regia di Arturo Cirillo non riesce mai a sollevarsi dal testo, non brilla nemmeno per interessanti soluzioni di scena, perdendo la pur lontana possibilità di dare spessore e atmosfera a un testo prevedibile. Anche nel ruolo di attore (Giacomo Leopardi) Cirillo manca l’appuntamento con il pubblico, essendo sempre poco incisivo, privo del marchio di fabbrica che aveva caratterizzato i suoi precedenti lavori. Leopardi appare infatti monodimensionale, totalmente desumibile dal contesto in cui è calato, senza alcun tratto che riesca a porlo realmente al di là del personaggio studiato e immaginato sui banchi di scuola. Andrea (Andrea Tonin) e la fidanzata Cristina (Margherita Mannino), attratta dal secolare fascino di Leopardi, sono, se possibile, personaggi ancora più piatti. Questi ultimi sono immersi in una recitazione che tenta di riprodurre gli stilemi del giovane moderno medio, senza però andare oltre un mero esercizio linguistico. Gli ideali, le sofferenze, la complessità di Andrea e Cristina sono indagati poco e solo secondo un punto di vista esterno, quello che sa segnarne esclusivamente la pochezza culturale e lo scarso calibro ideologico. Nel complesso dunque una messa in scena povera nei contenuti e nell’interpretazione, che forse ha l’aggravante di aver sfidato con poche armi temi già abusati da altri.

L’infinito
di Tiziano Scarpa
regia di Arturo Cirillo

Visto presso la Sala Assioli di Napoli il 6 dicembre 2012.