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Libri

“Dio giocava a pallone” di Giorgio Ghiotti

di Gianluca Di Cara / 25 marzo

Volenti o nolenti, la prima cosa che ci colpisce di Dio giocava a pallone (Nottetempo, 2012) è l’età del suo autore, Giorgio Ghiotti, classe 1994. Si tratta di un libro breve ma denso, una raccolta di sei racconti che mettono a nudo la maturità dell’autore e la sua capacità di mettersi in gioco con un’opera prima da non sottovalutare.

Una sperimentazione linguistica che va dall’uso della punteggiatura, a volte assente, come a dare un ritmo particolare alla lettura, all’uso di un linguaggio particolarmente alto, che talvolta rischia però di far perdere quello che è il punto della narrazione. Ma sperimentare, nel campo della scrittura, significa anche creare e descrivere vite che non sono le nostre, immedesimarci in narratori che non potrebbero essere più distanti da noi: in questo Ghiotti riesce benissimo. In un racconto in particolare, “Cinque”, il narratore è una donna di mezza età, madre di un bambino di nove che richiede molto del suo tempo per via di problemi di salute, ed è proprio in queste pagine che possiamo vedere l’autore dare il massimo di sé, offrendoci una storia ben raccontata, toccante, scritta con un linguaggio molto semplice, al contempo mai banale, in cui molti possono riconoscersi, proprio per il suo carattere così autentico. Un giusto equilibrio, quindi, tra inventiva e consapevolezza di quali siano i limiti da rispettare per non vanificare la realtà narrativa.

Tra i temi principali che ci si presentano sfogliando Dio giocava a pallone spiccano l’adolescenza e la sessualità, che si intrecciano inevitabilmente: la prima porta, infatti, alla scoperta della seconda, ad affrontare interrogativi e dubbi, a prendere atto delle infatuazioni verso coetanei dell’altro sesso o dello stesso sesso. Eterosessualità e omosessualità, narrate con assoluta naturalezza, sono gioia e dolore dei protagonisti e sembra che, nel narrare l’amore, in qualsiasi direzione esso vada, Ghiotti abbia riversato nelle sue parole molto di sé e molto del suo passato, inevitabilmente recente e forse proprio per questo così pieno di vita. «Belli da impazzire, ognuno con la sua storia, il suo giro da fare un po’ solo, un po’ insieme, senza mai scorciatoie»: viene da pensare che il libro sia intriso della vita personale dell’autore, che ha molto in comune con tutti noi e non solo con quelli della sua generazione.

L’unica critica che gli si può muovere, volendo spaccare il capello in quattro, è che la sua padronanza della lingua e la sua capacità di descrivere emozioni, sensazioni e sentimenti a volte vengono in parte lasciate nell’ombra dal suo notevole sperimentare: già dopo le prime pagine Ghiotti non ha più bisogno di, per così dire, dimostrare le proprie abilità linguistiche con periodi complessi – ma, si noti bene, decisamente pregevoli. Abbassando solo di poco quelle che si potrebbero definire le “pretese” dell’autore, si avrebbe probabilmente una narrazione ancora più d’impatto. In breve, comunque, complimenti.

(Giorgio Ghiotti, Dio giocava a pallone, Nottetempo, 2012, pp. 166, euro 12,50)