Flanerí

Musica

The Zen Circus @Black Out Rock Club, 11 aprile 2014

di Simone Mercurio / 18 aprile

Quarantacinque gradi di sudore e rock dentro un Black Out tutto esaurito, strapieno e asfissiante per la data romana degli Zen Circus, all’interno della Rassegna Ausgang.

Due ore di show, con un pubblico di ogni età in delirio. Nelle prime file davanti al palco lo zoccolo duro dei fan di Appino, Ufo e Karim. Giovanissimi, che man mano che l’atmosfera si surriscalda cominciano a denudarsi, si arriva così sul finale a giovani uomini a torso nudo e coetanee in reggiseno che tentano di salire sul palco e gettarsi addosso ai nostri tre “eroi”. Ma parliamo di musica.

L’inizio è adrenalinico, con la batteria potente che fa da intro alla title track di Canzoni contro la natura, ultimo lavoro del trio pisano (2014, La Tempesta Dischi).

Andrea Appino, voce e anima carismatica della band, sciorina una serie di canzoni che il pubblico canta. Una band che non è ancora nei circuiti mainstream quella degli Zen Circus, ma il tipo di carica musicale, il sound alternativo e seducente, i testi fortemente identificativi dei brani scommettiamo che molto presto li porteranno a un successo anche al di fuori dei circuiti indie.

Certo, speriamo non snaturalizzando troppo il loro stile: allegramente goliardico e sboccato. Senza censure: brani dal disco Andate tutti affanculo (2009 – Unhip Records, La Tempesta Dischi) come “Gente di merda”, “Figlio Di puttana” o “Vent’anni” dove Appino canta frasi come«Io quando avevo vent’anni ero uno stronzo». Diciamo che le explicit lyrics e il perbenismo potrebbe precludere agli Zen Circus quasi tutti i circuiti radiofonici commerciali. Potrebbe anche essere un bene.

«Al popolo sovrano, ai sudditi fedeli / a soreta, a fratete, a tutti i miei pensieri / un outlet infinito, è ciò che meritate / l’inferno non esiste ma somiglia a Rimini d’estate / gommone, portami via da questa città / che era mia ora è degli idioti. Che democrazia!»canta ancora Appino in “Atto secondo”. Il brano “Andate tutti affanculo” è un inno per gli Zen Circus e il suo pubblico, dal disco omonimo che è il corpo centrale di tutto il live della band. Da “L’egoista” a “Vuoti a perdere” fino alla fuori tempo “Canzone di Natale”.

Spirito folk e punk sanguigno unito al moderno cantautorato italiano che in questa seconda vita della band che alle origini si faceva chiamare solo The Zen (collaborando tra l’altro poi con Brian Ritchie, ex Violent Femmes), richiama oggi, in certi modi di cantare di Appino, – “bestemmiamo” un po’: chiudano occhi e orecchie i puristi – l’Augusto Daolio dei Nomadi, certi ritornelli alla Rino Gaetano o certe cavalcate di parole e musica di gucciniana memoria. Pur senza arrivare, ci perdoni Appino, alle vette del maestro di Pavana.

Gli Zen Circus sono una band con un potentissimo appeal dal vivo. Goliardia e cazzeggio in puro spirito toscano. Unico neo della serata romana, ci perdoneranno gli amici del locale, il Blackout che dal punto di vista sia acustico che ambientale non riesce a sostenere e a far rendere al meglio le sonorità della band toscana. In più, problemi all’areazione hanno reso faticoso, per primi agli stessi artisti sul palco con i riflettori puntati addosso – ci confideranno dopo il concerto gli stessi musicisti – la resa di uno show che poteva essere memorabile.

 

The Zen Circus
11 aprile 2014
Black Out Rock Club, Roma
in collaborazione con Ausgang