“Angeli caduti” di Harold Bloom

di / 21 giugno 2010

È innegabile che l’argomento trattato in Angeli Caduti (Bollati Boringhieri, 2010), di Harold Bloom, eserciti un particolare fascino sulla società di oggi, e non solo su quella americana, a cui l’autore fa specificamente riferimento. Sta qui infatti un primo motivo di attrazione alla lettura, accanto agli altri che sono: la brevità del testo e la scorrevolezza del discorso.

Non bisogna però farsi ingannare dalle apparenze, perché il contenuto è costellato di abbondanti riferimenti letterari, storico-filosofici e religiosi, riportati  in chiave chiaramente diacronica e tutti attinenti alle credenze gnostiche dell’autore.

Al di là, tuttavia, delle questioni filologiche, degli accostamenti letterari e delle esegesi bibliche, interessanti sono le suggestioni personali che l’autore intende comunicare, quasi subliminalmente, al lettore-destinatario: esse travalicano, a mio parere, la stessa tesi centrale del libro e diventano il vero messaggio dell’autore. Infatti, una volta stabilito che tutti noi possiamo considerarci “angeli caduti” e che, per Bloom, le due espressioni “angelo caduto” ed  “essere umano” sono in pratica due sinonimi per indicare la stessa entità o condizione, vi è tutta una serie  di messaggi che rivelano altrettante prese di posizione  dell’autore sulla società contemporanea e sulla sua weltanschauung o visione del mondo.

È pur vero che tali messaggi Bloom  sembra mutuarli da altri (Shakespeare soprattutto e da Ibn Arabi, in particolare la teoria della “lotta per l’angelo”), tuttavia la visione da lui proposta  non è priva di suggestioni e di riflessioni. Si rivedano ad esempio le pagine sulla lettura profonda e le cultura visiva: «Il nostro unico peccato è l’impazienza: per questo stiamo dimenticando l’arte di leggere. L’impazienza è sempre più spesso un’ossessione visiva; vogliamo vedere una cosa subito e poi dimenticarla. La lettura profonda è tutt’altro, richiede pazienza e memoria. Una cultura  visiva non può distinguere tra angeli caduti e non caduti, dal momento che non siamo in grado di vedere né gli uni né gli altri altri. Stiamo disimparando a leggere noi stessi: possiamo vedere immagini di altri, ma non riusciamo a vederci realmente, o a vedere gli altri».E altrove: «La lettura profonda viceversa è in declino, e se dimentichiamo come leggere e perché, finiremo per annegare nei media visivi».

Assai forte è, come si è detto, il legame con Shakespeare: «In Amleto – come in chiunque di noi, anche il migliore – la dimensione della caduta è dominante, eppure sussiste ancora l’intelligenza angelica. Questo ci riporta al perpetuo fascino degli angeli; siamo forse una loro parodia, oppure essi ci suggeriscono, come fecero ad Amleto, un elemento divino nell’immaginazione umana, con la sua intelligenza di ciò che sarà».

Non a caso questi riferimenti riportano a due altre opere di Bloom: Come si legge un libro, e perché (Rizzoli, 2000) e Shakespeare: l’invenzione dell’uomo (Rizzoli, 2001). 

Si può concludere quindi come Angeli Caduti possa considerarsi una logica ripresa di idee, già espresse da Bloom, ma in chiave di un angelicismo assai di moda, soprattutto negli Stati Uniti.  

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio