“Fino a diventare uomini” di Thomas Brussig

di / 28 luglio 2010

Dopo un quasi-capolavoro come In fondo al viale del Sole e un primo mini pamphlet come Litania di un arbitro, splendida invettiva di un arbitro di calcio contro le ipocrisie della società, Thomas Brussig mette a segno un altro colpo vincente. Il libro in questione è Fino a diventare uomini, nel quale, in neanche cento pagine, riesce nuovamente, come nel precedente volume (sempre edito dalla nuova e deliziosa casa editrice romana “66thand2nd”) a mescolare sapientemente storia e sport, filosofia e luoghi comuni. Un libro da leggere in un’ora, voracemente. Non assaporarlo lentamente, divorarlo. Brussig ti scaraventa nel suo mondo con una forza inaudita, ti prende per la giacca, ti tira e ti butta giù, poi ti rialza e comincia a parlare, parlare, parlare. Un monologo incessante, senza respiro. Vorresti incazzarti perché non sei d’accordo con tutto quello che dicono i suoi personaggi – che siano l’arbitro del precedente libro o l’allenatore di Fino a diventare uomini poco importa – ma stai sempre lì orecchie tese ad ascoltare, ascoltare, ascoltare. Ti perdi negli spostamenti di tempo – la Germania dell’est, la caduta del muro, la Germania di oggi – e nella miriade di riferimenti quasi sempre sportivi e non solo. Come un cronistorie del nostro tempo l’allenatore-Brussig infila uno dopo l’altro ricordi di diverse generazioni di persone: la vittoria dell’Ungheria sull’Inghilterra, la sconfitta dei magiari proprio contro i teutonici; la grande Olanda e il calcio totale. E poi, e poi. E poi il sogno della Germania dell’Est, quel mondiale raggiunto una sola volta. E quella soddisfazione, il gol di Sparwasser. L’Est povero che batte l’Ovest ricco. Storie d’altri tempi. Ma lo sport si sa è storia, politica, specchio della vita – reale o al rovescio – e vita stessa- Gente per cui il calcio è più importante di tutto. L’allenatore si incazza con il “giudice in gonnella”, non sa neanche cosa sia Vergatterung. Gli ordini. Quelli che un allenatore impartisce ai suoi ragazzi. Quelli che un generale ordina ai militari di leva. Che colpa ha Heiko, il capitano della squadra? Aver sparato quando gli è stato ordinato di farlo? Qui c’è l’errore. Ma non sbaglia Brussig, sbaglia il personaggio. L’allenatore non sa che a non capire il significato di Vergatterung non sono soltanto giudici in gonnella. Non lo capiranno le generazioni future. Io stesso non voglio sapere cosa significa Vergatterung. Il muro di Berlino per me e per quelli della mia generazione vuole essere la maceria che è a terra, non quello che è stato prima del millenovecentoottantanove. Non, non lo voglio sapere il significato di Vergatterung. E questo Brussig, che è veramente uno dei migliori talenti europei lo sa. Eccome se lo sa. 

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