1/ Parti in fretta e non tornare

di / 5 ottobre 2010

Con l’àncora caponata, e coperta di vele fino alla cima degli alberi, la mia nave pareva immobile, come un modellino posato su di un marmo levigato, alternato di luci e d’ombre. Impossibile distinguere la terra dall’acqua nella tranquillità enigmatica delle forze immense dell’universo. Mi prese una repentina impazienza.

Joseph Conrad, La linea d’ombra, trad. Gianni Celati

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Lei si accostò al suo lato del letto e si sdraiò accanto. Rimasero lì tranquilli per un po’, fumando la sigaretta, finché  lui fece cenno con la testa che non ne voleva più, e lei spense la cicca. Lui si allungò, la baciò su una spalla e spense la lampada. – sai una cosa?-, le disse, rimettendosi giù, – penso che voglio andarmene da qui. Voglio andare da qualche altra parte-. Lei gli si strinse addosso, infilandogli una gamba tra le sue. Erano lì, sdraiati su un fianco, l’uno accanto all’altra, con le labbra che quasi si toccavano.

Raymond Carver, Le Anatre, trad. Riccardo Duranti

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La stazione è buia e scura come in un bianco e nero anni 20. Blocchi di fumo salgono compatti avanzando verso le pensiline di legno:  una nuvola densa che cancella tratti di pellicola. Sulla banchina vuota c’è solo una coppia di mezza età. Lui ha un cappotto scuro che gli arriva ai piedi, ha il cappello inclinato verso destra, leggermente calato sugli occhi celesti che ha ereditato dal nonno. Anche i baffi sono un regalo del famoso antenato ma questo l’uomo ancora non lo sa. La sua donna ha una pelliccia scura, i capelli acconciati da poco con uno splendido pendente che le si affloscia sull’ampia fronte come un centrotavola. Lui ha sistemato la sua valigia nel treno, sopra il suo sedile, poi è uscito per abbracciare ancora una volta la sua fidanzata. Lei lo guarda con occhi languidi appena velati. Nella sua voce c’è una nota di speranza:  “Spero che ti piacciano le nozze all’antica”, dice. “Preferisco le notti di nozze all’antica,” risponde lui, rapido, con un sorriso trattenuto. Lei ride, “sei incorreggibile”, dice,  sorride secondo una scandalizzata posa studiata, poi ruota su se stessa con una naturalezza appresa in anni e anni di prove, un lieve vezzo necessario per una donna come lei. Ed infatti ecco che lui le si avvicina, la stringe da dietro infilandole il viso nello spazio tra la testa e la spalla. La sua bocca finisce nel pellicciotto che spunta dal cappotto di lei. Ma lui non se ne preoccupa, con un gesto lieve ruota leggermente la testa e prende a sputacchiare fuori i fastidiosi peletti. “ Questo vuol dire che mi ami,” chiede una volta libero. “Puoi scommetterci le mutandine”, la risposta di lei arriva pronta e maliziosa e lo trafigge al cuore. “O mio unico amore”,  dice lui e in un slancio di ebbrezza , gli occhi chiusi a contemplare il futuro, la stringe a sé. Gli occhi di lei, persi verso l’alto come a contare sul soffitto i giorni che mancano alla loro unione, si sgranano: “Taffetà, caro”, dice. “Taffetà, cara”, ripete lui soffermandosi a dilatare ogni lettera, ancora perso in un’estasi di gioia.

Mel Brooks, Frankenstein Junior

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Se non dovessi tornare,

sappiate che non sono mai

partito.

               Il mio viaggiare

È stato tutto un restare

Qua, dove non fui mai.

Giorgio Caproni , Biglietto lasciato prima di non andar via

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Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?

Totò, Peppino e la Malafemmena

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Dalle più recenti statistiche elaborate dal CRDINC risulterebbe che la fuga dei cervelli dall’Italia sarebbe un fenomeno solo apparente. Secondo quanto riferito dall’insigne Professor Kruhn la maggior parte dei cervelli italiani fuggono secondo un flusso unico nel suo genere. Come emerge dai dati, infatti, a varcare i confini nazionali sarebbero appunto i cervelli, colpevoli di abbandonare i propri padroni invischiati dentro la melma dell’immobilità. I corpi inermi – residenti in Italia e quindi conteggiati nell’ultimo censimento –  continuano la normale attività svolta quotidianamente e risultano in possesso dei diritti fondamentali sanciti dalla legge e dalle convenzioni internazionali. In corso di verifica i dati sull’occupazione dei cervelli all’estero. Laconico il commento di Gianni Morandi: – uno su mille ce la fa-.

Fonte Dati CRDINC, Centro Ricerca Dati Inutili e Non Consultabili, rapporto 2009

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Nove milioni di bambine, un milione di ragazzini. Un giro d’affari da 250 miliardi. Ottantamila viaggiatori — giovani, colti, reddito medio — che ogni anno lasciano l’Italia (salda in testa alle classifiche dei predatori) a caccia di sesso proibito. Cifre così enormi da sembrare inventate. Invece sono i dati del nuovo rapporto che oggi Ecpat Italia presenterà alla Bit, la Borsa internazionale del turismo di Milano.

Jacomella Gabriela, Corriere.it, 19 febbraio 2009

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Strano lui si era immaginato tutto moderno. Luci. Pulizia. Insomma tutto l’opposto di Mogadiscio, la polverosa. Era come essere in mezzo a un disastro. Era il mese di novembre. Nebbia e foschia. Lui che era venuto da un cielo limpido e azzurro come la bandiera somala. Roma era lontana dall’idea che si era fatto. Pochi alberi con poche foglie ingiallite, alberi spogli, cielo grigio e…freddo!

Garame Garame, Il latte è buono

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 Me ne andavo da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del “volemose bene e annamo avanti”, da quella Roma delle pizzerie, delle latterie, dei “Sali e Tabacchi”, degli “Erbaggi e Frutta”, quella Roma dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle…

Me ne andavo da quella Roma dei pizzicaroli, dei portieri, dei casini, delle approssimazioni, degli imbrogli, degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali, dei pagamenti che non vengono effettuati, quella Roma degli uffici postali e dell’anagrafe, quella Roma dei funzionari dei ministeri, degli impiegati, dei bancari, quella Roma dove le domande erano sempre già chiuse, dove ci voleva una raccomandazione…

Remo Remotti, Mamma Roma

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Uscito dalla città, guardando i campi innevati, si rallegrò di essere solo in mezzo a quelle distese, si avvoltolò nella pelliccia, si spostò sul fondo della slitta, si calmò e si appisolò. L’addio con gli amici l’aveva emozionato, e aveva iniziato a ricordare tutto l’ultimo invero che avevano trascorso a Mosca e le immagini di quel passato, interrotte da pensieri e rimproveri confusi, avevano iniziato a nascere spontaneamente nella sua immaginazione.

Lev Tolstoj, I Cosacchi, trad. Luisa de Nardis

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I migliori viaggi si fanno ad un tavolo d’osteria.

Camillo Sbarbaro

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A cura di DB, titolo: Fred Vargas, trad. Balmelli e Botto; le citazioni sono allevate e macellate secondo i canoni sanciti dal trattato Klinsmann-Rasputin e dalla convenzione di Srebrenica del 1995.

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“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

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