Nella casa del pianista

di / 1 agosto 2011

Nella casa del pianista (Iperborea, pp. 419. Euro 18,00) di Jan Brokken è un estremo omaggio al sentimento sacro dell’amicizia. Scritto a distanza di 17 anni dalla morte dell’amico Youri Egorov, è una biografia in forma romanzata, il ritratto intenso e commosso di questo pianista geniale, morto a 33 anni di Aids, onesto e umile ma bruciato dalle trasgressioni e dagli eccessi.

Genio e sregolatezza. Un binomio che sembra più adatto a definire una delle tante rock star morte in giovane età per droga, alcol o suicidio. In questo caso si tratta di un virtuoso della musica classica: «Lo spinello suggellava la fratellanza degli anticonformisti. Il fatto che si esibisse in frac non lo rendeva meno ribelle; in tutta la musica che suonava sottolineava l’aspetto rivoluzionario».

Nato nel 1954 a Kazan in Russia, a 22 anni decide di fuggire alla ricerca illusoria della libertà assoluta. Youri era infatti un omosessuale e negli anni ’70 il regime sovietico perseguitava gli omosessuali che, se scoperti, rischiavano di finire in carcere tra gli altri criminali o internati in manicomio perché ritenuti malati mentali. Per questo cercava in tutti i modi di dissimulare la sua vera natura: «In un paese come l’Unione Sovietica tutti giocavano a nascondersi, nessuno poteva essere completamente se stesso». Fu inevitabile però che nella Russia dei delatori e dei servi di partito anche una confidenza potesse far precipitare gli eventi. Cominciano così le minacce e le telefonate minatorie che lo raggiungono anche a casa dello zio presso il quale si era trasferito con la mamma. L’occasione per una fuga che lui stesso sapeva sarebbe stata irreversibile, si presentò quando venne invitato a Brescia in Italia per un concerto in cui avrebbe dovuto sostituire Arturo Benedetti Michelangeli. Destino volle che l’aereo atterrasse in anticipo così da permettere a Youri di eludere l’incontro con l’ambasciatore incaricato di venirlo a prendere, quasi sicuramente un agente del KGB. Grazie a una donna o forse un angelo si trovò catapultato alla stazione, direzione Roma. Nella capitale si presentò in questura per chiedere asilo politico. Per quasi un mese venne rinchiuso nella cella di una vecchia abbazia. Il diario di quei giorni fa parte dei 12 fogli consegnati da Youri a Jan tre giorni prima di morire. Teatro dell’incontro fra i due fu Amsterdam. Ottenuto il visto, infatti, decise di scegliere l’Olanda come patria di elezione, quasi paese simbolo del “libero” Occidente.

La “casa del pianista” è la casa sul Brouwersgracht, uno dei canali della città olandese. È da qui che Jan Brokken, giornalista e scrittore, durante le sue passeggiate in cerca di ispirazione, si imbatte nelle travolgenti note provenienti dallo Steinway di Egorov: «Ogni volta che passavo davanti al numero 84 del Brouwersgracht, mi tornavano in mente quei momenti. Dal secondo piano turbinavano frammenti di Bach, Hayden, Scarlatti, Schumann, Chopen, oppure Prokof’ev, o Šostakovič».

Da un’intervista inizia un legame di amicizia destinato a durare oltre il tempo e la morte. È proprio per non dimenticare che lo scrittore olandese tratteggia la figura di questo esile ragazzo profondamente russo. Amante della poesia (Achmatova, Brodskij, Manedel’stam, etc.), sapeva a memoria e a volte recitava interi dialoghi de Il maestro e Margherita di Bulgakov, il suo libro preferito. In casa non mancavano mai vodka, storione affumicato, caviale e panna acida fresca. Genio inquieto, amava il rischio perché sentiva che sarebbe morto giovane: «Youri aveva dentro una costante inquietudine, come se avesse a disposizione poco tempo. Continuava a inseguirsi, a inseguire un fuoco dentro di sé che non riusciva mai a spegnere». Perennemente insoddisfatto di se stesso anche di fronte a una standing ovation, viveva per la musica e padroneggiava «lo strumento come un atleta il suo corpo».

Brokken non lo idealizza né ne nasconde vizi e debolezza. Youri Egorov è soprattutto un uomo, figlio di un’epoca ben determinata, un uomo però capace di far miracoli con le sue mani: «Il paradiso, il paradiso non esiste tranne in rari casi, nei momenti magici della musica. Quel pomeriggio il paradiso scese sulla terra. Ciò che fece ascoltare non solo fu di una bellezza immortale, fu come se Youri avesse dato corpo all’eternità».

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