Il dirty grunge e Monsieur Yves Saint Laurent

di / 24 settembre 2011

Con sincerità, devo ammettere che no, non ho molto ascoltato i Nirvana, non sono stati il mio gruppo guida, sarebbe attraente poterlo affermare qui, ma no, non sono stati per me affatto fondamentali; li ho ascoltati, certo, ma passivamente, dallo stereo di altri e già da allora, a undici o dodici anni, mi interessava più l’estetica che quelle band si portavano dietro, la forza inusuale ed espressiva delle cover dei loro dischi che il contenuto e la qualità delle loro canzoni, ma forse chissà, a qualcuno che legge verrà in mente che forse fu così anche per lui.

Il titolo di cui sopra potrà sembrare alquanto bizzarro: accoppiare lo stile trucido dei giovani di Seattle dei primi anni ‘90, alle sofisticatezze a volte estreme del “sarto” francese par excellence.
E invece no, “Natura non facit saltus”, “natura dura” dicevano i saggi antichi; le tendenze cambiano ma la natura resta, nelle sue espressioni più varie.

La parka è la chiave di lettura: la giacca oversize e avvizzita con la quale si fanno spesso ritrarre i coniugi Cobain-Love è, con loro, soltanto al suo punto d’arrivo o alla sua deriva, ma tale indumento caldo e ruvido ha una storia alquanto affascinate che ripercorre culture lontane e coscienti movimenti d’arte (con sfumature anche politiche), fino a ragazzine-stampella che scimmiottano la Moss; ma, tutto sommato, solo grazie a Monsieur Yves questo capo è divenuto un classico.

Alcune tendenze della moda, spesso, sono in totale contrasto con la natura, il buon senso, le stagioni e la temperatura esterna; alcune sono veramente strane e a volte  persino nocive per la salute, ma insomma le passerelle sono un sogno, un momento di ispirazione e così andrebbero vissute.

Se fuori fa freddo, piove o grandina, è inutile cercare di scaldarsi con un giacchettina sfoderata di fresco di lana, col colletto a  V e con tre centimetri di pelo finto sui polsini: è molto meglio trovare una giacca di un tessuto caldo, sufficientemente lunga, impermeabile e magari con un cappuccio. 
Lo stile grunge ha avuto questo suo grande punto a favore: ha riportato alla ribalta le stagioni, laddove il mondo della moda spesso si dimentica della loro datata esistenza.
A Seattle fa freddo,  e molto a quanto ne so, e quindi i giovanotti che pare si ritrovassero nei garage di quartiere avevano l’ancestrale necessità di coprirsi: di qui allora lunghi maglioni (a proteggere le spesso dimenticate reni, ragazze esistono davvero!) di lana, camicioni di flanella, scarponi e anfibi invernali (ohibò, indossati d’inverno), strati di t-shirt e cardigan, mix di colori a volte azzardati, quel magnifico vestirsi a strati che consente di adattare la temperatura del corpo a quella esterna .

Proprio per questo, quando quest'anno ho visto la collezione di Altuzarra che cita, in maniera soffusa, il grunge – piena di belle, lunghe, comode ed assolutamente di gusto , giacche che da secoli gli abitanti della Siberia chiamano parka – ho tirato un sospiro di sollievo.

Prima dei tardi adolescenti di Washington State, la parka conquistò l’attenzione dei Mods inglesi che, negli anni ‘50, adottarono questa giacca insieme ad alcuni elementi dell'uniforme del Royal Air Force come una specie di divisa della loro subcultura. La giacca era dritta, larga, impermeabile, rigorosamente con cappuccio e lunga fino al ginocchio.

I giovani Mods – abbreviazione di modernism – si ribellavano alle costrizioni e alla morale con la musica – la musica pop (in particolare il soul, lo ska, la musicabeat e il rhythm and blues) – e, parimenti, con il loro stile, il look curato e la moda.
Passavano gli anni e la Londra dei Mods si trasformava nella swinging London.
E qui arriviamo, a Parigi però, al nostro sarto francese, che insieme alla Sahariana infila la parka nelle sue collezioni haute couture dandogli finalmente quella consacrazione iconografica e filologica che meritava.
La abbina con malizia a morbide sete multicolori e a ricami mediorientali, la lascia morbida e destrutturata: un capo simbolo della griffe Ysl, fuori dal tempo e dalle mode, appunto un capo di stile.
YSL ha il merito supremo di avere mutuato abiti maschili rendendoli femminili, pezzi originali di altre culture adattandoli ai nostri look urbani, il tutto nutrito per la prima volta da una schiera di modelle esotiche, il primo ad usare mannequin di colore e a creare una gentile confusione, un aggraziato contrasto, quasi come un manierista; senza dimenticare che nel 1966 si inventa con la Label Rive Gauche il prêt-a-porter, la moda che oggi la maggioranza di noi indossa, pensando a volte di non seguire la moda ed essendo invece partecipe di percorsi lunghi e, lasciatemelo dire, anche autorevoli.

Yves Saint Laurent studia l’abito tipico delle tribù eschimesi, mutuato dai Mods e reso fashionable da lui; lo porta sulle passerelle, sulle riviste di moda e sulle enciclopedie della storia del costume: a quel punto il capo, circa 15 anni dopo essere salito così alla ribalta, è pronto per fare il percorso inverso.

Così, quegli alternativi di Seattle si appropriano degli oversized forse usati da qualche boscaiolo nelle versioni più “grunge”, e i loro corpi affusolati e giovani, tanto contemporanei e compiaciuti della loro sofferenza dall'aria heroin-chic, lo rendono ancora pronto ad un nuovo salto e ad un nuovo inizio.

Forse Cobain e consorte erano ben consapevoli del loro essere trendy e chic, due termini che così, uno accanto all'altro, fanno un po’ infastidire noi che non siamo, almeno non tutti, né grunge né alternativi; invece la coppia era, a mio parere, più che cosciente del carico estetico-emotivo che stava promulgando e magari ne era anche compiaciuta. 
La parka ritorna ad essere una specie d'uniforme per i fan dei Nirvana e del nuovo street style, caratterizzato da un'apparente negligenza per ciò che riguarda il modo di vestire, da un mix di abitini di seta con piccole stampe a motivi floreali, magari trovati nei mercatini di second hand, da giacche oversize, da calzature brutali alla marines, da maglioni sformati e bucati ecc.

Se fino agli anni '90 il grunge era considerato solo ed esclusivamente lo stile dei giovani ribelli, nel ‘92 il giovanissimo (all’epoca) Marc Jacobs introduce questo linguaggio nel mondo del pret-a-porter creando una collezione rivoluzionaria per Perry Ellis, la collezione che ha raccolto tutti i simboli principali del movimento che stiamo esaminando.

Camicie a quadri annodate in vita, giacconi oversize, stivali da cowboy o da motociclista con gonne lunghe e ampie, grandi stampe “strane”, abbinamenti di colori audaci tanto da sembrare che i capi siano messi insieme a caso, grandi cappelli e foulard annodati in testa, mix di stampe e disegni accostati in un look che sciocca l’inizio del minimalismo anni ‘90 e, naturalmente, motivi a scacchi in abbondanza.

Anna Wintour, il guru del fashion system, per una volta (finalmente!) prese un abbaglio e giudicò in modo molto negativo questa collezione che invece ancora oggi detta legge, si declina e si rinnova
Non ne aveva capito l'estrema facilità comunicativa e l’altrettanto semplice reperibilità dei capi necessari: uno stile versatile che quindi lasciava ampio margine di errore/orrore a chi lo interpretava.

Il super minimalismo dei tardi anni ‘90 ha poi lasciato la parka fuori dal guardaroba dei fashionistas, per la gioia della Wintour, ma nel 2003 arriva la seconda rivincita: è questo infatti l'anno della vera rinascita di questa giacca.
Kate Moss, innamorata della musica, o meglio dei musicisti, con i quali in modo più o meno alternato si accoppia e, secondariamente, dei festival musicali (dove recupera i musicisti), convoglia nel suo stile tanti elementi del grunge; così, nel 2003, la modella appare in una classica parka color kaki e tutti i fan della fashion icon – più che indossatrice o altro – corrono in cerca di una giacca come la sua .
E la Parka è tornata di moda.

Quest'autunno è la collezione del giovane stilista Joseph Altuzarra a farci ricordare , del grunge e della parka.
Il designer ha preso tutti i classici elementi dello stile: abiti leggeri di seta fluida, stampe a quadri, maglioni sformati e cardigan lunghi di lana grossa, stringate alte e naturalmente parka.
Il grunge di Altuzarra però è rinnovato e modernizzato, non ha quello spirito da clochard, quella trasandata negligenza che spesso caratterizzava quel look; ha un tono di leggerezza, disinvoltura e spigliatezza estrema che si congiungono ad un eleganza fresca e femminile , il tutto sottolineato da tacchi alti, abiti bellissimi ed una estrema cura degli abbinamenti dei colori, nonché infine un maquillage perfetto, non alla Courtney Love con il suo famoso rossetto sbavato ma, bensì, con capelli ben pettinati e raccolti dietro.
Il grunge di adesso è, per fortuna, più adatto a tutte le età

Praticato nella sua essenza più estrema ,dopo i 22 anni, a meno che non siate Kim Gordon (vocalist dei Sonic Youth, artista e stilista di moda), è secondo me esteticamente al quanto pericoloso. Certo funziona se ambite a sembrare delle vere nostalgiche del caro Kurt, ma chissà poi se anche lui oggi non si sarebbe lavato i capelli e magari non avrebbe pure indossato un blazer.

Non me ne vogliano i puristi.

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