“Notte buia, niente stelle” di Stephen King

di / 3 dicembre 2011

Un contadino decide un bel giorno di sbarazzarsi in maniera “pulita” dell’amata mogliettina che proprio non vuole saperne di continuare a vivere in campagna, così da spassarsela indisturbato con la pancia piena e la consorte… sotto il pozzo con la gola squarciata.
Una giallista di discreto successo viene attirata in una trappola micidiale, mascherata sotto la veste placida e rassicurante di uno dei tanti reading di provincia cui viene invitata.
Un uomo come tanti, come molti (troppi) – sa quanto l’amicizia, anche la più stretta e disinteressata, possa trasformarsi in odio purissimo sotto l’influsso diabolico dell’invidia – “serpe verde dagli occhi rossi” –, finché perseguitato dai suoi morsi stringerà un patto scellerato con l’inquietante mister Evild (facile l’anagramma di faustiana memoria).
Una casalinga felicemente incardinata nel triplice ruolo di moglie-madre-amante, con tanto di frittelle di marmellata alla fragola servite puntualmente ogni domenica dopo Messa, scopre all’improvviso di aver condiviso gli ultimi trentasette anni della propria vita meravigliosa con un affabile e tranquillo serial-killer psicopatico.
Tutta gente ordinaria coinvolta sua malgrado in circostanze straordinarie, chiamata presto o tardi a fare i conti con un interrogativo: Quante inaspettate personalità può avere un essere umano, nascoste nel profondo?
Risposta data dagli sviluppi drammatici delle quattro storie: Infinite. Basta solo premere il pulsante giusto – spesso sotto le sembianze di un grilletto o della lama affilata di un coltello – per farle venire a galla.
Naturalmente.

Quattro racconti “da brivido” secondo copione, da King appunto, quelli pubblicati in Italia da Sperling&Kupfterin un unico volume, dal titolo Notte buia, niente stelle (Full dark, no star, il titolo in inglese), per l’ottima traduzione dei Wu Ming.

Gli ingredienti mescolati nel volume dal rinomatissimo “chef di storie”del Maine sono più o meno i soliti: una scrittura facile e immediata, sporca – non pura cioè sul piano linguistico, ma contaminata con espressioni gergali, esclamazioni di derivazione fumettistica, e altre incrostazioni prese in prestito dal parlato –, spontanea e scorrevole.
Specie nei dialoghi, al solito trascinanti per intensità e ritmo.
Sfogliare le pagine del libro a tratti equivale ad attraversare a nuoto e senza vestiti, a pelle nuda, un fiume scuro in piena sgorgante da una palude melmosa che raccoglie e trascina con sé tutto ciò che incontra sul tragitto: dalle salviette di carta ai sassi, dai pesci morti al detersivo scaduto sciolto in acqua, dalle pietre preziose nascoste tra i ciottoli ai rotoli di merda galleggianti tra le onde.
Un flusso impulsivo e compulsivo, ribollente, dove l’interiorità tormentata e tormentosa dei personaggi dà corpo a fantasmagorie da incubo, generate per prime – sembrerebbe un paradosso, tutt’altro: quale maggior ossessione di quello che ci circonda, infatti? – dall’ottica iper-realistica dalla quale osservano e si rapportano al mondo esterno: ottica quasi naturalista per quanto lucida e spietata, cosparsa per altro di uno humor nero,al vetriolo.

Alla “King”, ripetiamo.
Ma proprio qui sta la pecca principale, a mio parere.
Per lunghi tratti Notte buia, niente stelle appare come un’esercitazione di stile un po’ fiacca, in cui King fa e gioca ad essere King, dando l’impressione di usare le storie – che sembrano tra l’altro dei deja vù: già viste già sentite da qualche altra parte – quasi come un pretesto per esibirsi di fronte ai lettori coi suoi trucchetti e giochetti di prestigio preferiti, da funambolo della parola.
Storie che, sì, scorrono, ma lo fanno in maniera prevedibile, impostata, relativamente avvincente.
L’errore – o tentazione – tipico in cui incorrono prima o poi tutti gli scrittori fin troppo bravi: farsi prendere la mano e finire con l’esagerare, diventando un’imitazione più o meno inconsapevole di sé, mai però dello stesso livello dell’originale.
Tentazione nel caso dello “stregone del Maine” – più che un semplice scrittore, dagli anni ’80 a questa parte una multinazionale vivente libraria, cinematografica ora anche fumettistica – giustificata anche dall’esigenza commerciale di sfornare un certo numero di titoli l’anno.
Male che vada di buon successo, quasi sempre grande, spesso strepitoso.
Intendiamoci: i racconti di Notte buia, niente stelle non sono privi di attrattiva.
Dentro ci trovi King e il suo ritmo vertiginoso, propulsivo, aggressivo, viscerale; solo che stavolta é un King in tono minore, annacquato, che sembra lavorare tutto di cervello investendo però davvero poco di sé e delle sue emozioni.
Come un cuoco di straordinario talento che deve preparare un piatto senza molta voglia, dosando con abilità meccanica ingredienti già mescolati a memoria migliaia di volte.
Il risultato è un prodotto discreto, ovviamente, ma i palati abituati alla sua cucina avvertiranno la mancanza di qualcosa.
L’assenza della mano, della passione, del tocco personale dello chef, capace di rendere anche una pietanza lievemente insipida, unica e speciale.
Consigliato ai “kingeristi” di ferro e agli appassionati del genere; perdibile per tutti gli altri, a meno di non essere alla ricerca di un buon passatempo di sicura ma non eccelso sapore

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