Viaggio al centro del colore: intervista al pittore Ercole Fortebraccio

di / 13 febbraio 2012

Una tela preparata per essere dipinta; tubetti di colori sparsi a terra e davanti agli occhi una vallata dove l’azzurro del cielo si fonde con i verdi della vegetazione. La percezione delle forme, tracciata con l’ausilio del pennello, spalanca la finestra della tela e comincia a prendere forma l’idea del pittore. Un blu oltremare compone la base materica per un cielo azzurro, robusto e tangibile. Una selva di linee dalle tinte calde, spinge lo sguardo verso il punto che il pittore ha scelto di eleggere a fuoco della composizione; un movimento svelto di strade tracciate dall’uomo seguendo il disegnato dalla natura, si adagia nella scena. Le terre dei campi si accendono di tinte squillanti che si accostano l’una all’altra con armonica musicalità. Il risultato è un’opera dal sapore profondamente evocativo, un dipinto in cui la materia, sapientemente adoperata, rivela il contesto primordiale dell’uomo oltre a svelare una mutazione sensibile degli stati dell’anima. In questo modo Ercole Fortebraccio riassume lo sviluppo di una sua creazione in un video semplice ma fortemente significativo per la comprensione del suo messaggio. Laureatosi in Architettura a Firenze, ha deciso di vivere nella sua terra d’origine, la Calabria. La progettualità delle forme è una componente basilare nelle sue composizioni, sommata al contempo alla sensibilità verso il colore, all’uso consapevole ed eccezionale dei toni che risultano sempre adeguati ed euritmici.

Ercole, ci può raccontare come è iniziato il viaggio nella pittura?
Mi viene da sorridere a pensare dove e come è iniziato questo bellissimo e tormentato viaggio. Da bambino disegnavo con immensa passione ma ho sempre declinato l’uso dei pennelli e del colore, in genere, in quanto mi risultava difficile la pratica. Il primo dipinto l’ho realizzato con l’ausilio di una piccola stecca nel 1991. Subito dopo sono nati altri lavori e con essi la consapevolezza della ricerca che mi ha spinto a proseguire senza fermarmi se non in periodi brevi di riflessione e di studio da autodidatta.

Quali sono stati i suoi punti di riferimento?
I miei primi dipinti sono informali e seguono uno sviluppo analogo a quelli di Burri, Tàpies, Vedova, Schifano, artisti da me studiati e ammirati. Con il passare degli anni, lo studio assiduo dell’arte mi ha condotto alla comprensione della pittura di De Chirico e successivamente quella di Picasso, due artisti che hanno segnato la mia coscienza per l’arte e per la storia. In maniera del tutto curiosa mi sono cimentato nelle maniere pittoriche dei maestri del Novecento cercando di carpirne i messaggi e le tecniche. Sono diversi gli artisti a cui ho dedicato attenzione, anche pittori contemporanei sconosciuti incrociati nei concorsi nazionali in giro per l’Italia. Partecipare poi alle estemporanee di pittura sotto la guida di mio padre, pittore a sua volta e punto di riferimento costante nella mia ricerca, dipingere all’aria aperta per le vie dei borghi o nelle località marine in compagnia di altri pittori (un po’ come gli Impressionisti francesi), ha generato nuova linfa per la mia pittura e ho imparato a gestire gli innumerevoli colori della natura.

Nelle sue opere è evidente un uso sapiente ed equilibrato del colore. Ma cos’è il colore per lei?
Le estemporanee (concorsi pittorici che si svolgono in una sola giornata) sono state per me decisive: una palestra di allenamento sull’uso delle tinte e dal vivo è iniziata la passione per il colore. Ecco cos’è per me il colore. Il colore è vita, sentimento, energia allo stato puro.

Quanto ha influito la formazione progettuale appresa nella Facoltà di Architettura a Firenze?
Gli studi a Firenze hanno contribuito non poco al completamento di nozioni e concetti basilari a 360°. Quindi un arricchimento completo di visione globale e spaziale. Riguardo al mutamento dello stile nei miei lavori, non so definirne il processo; non programmo mai l’impianto concettuale e vado avanti con l’istinto emozionale del periodo. Quello che salta all’occhio e che accomuna quasi tutti i miei dipinti, è l’uso spasmodico del colore e della luce, sommati al segno.

Quale può essere il ruolo dell’arte in questa società che sembra svuotata dell’umanità e della sensibilità?
L’arte è sempre stata e credo continuerà a essere un mezzo di comunicazione, un linguaggio universale capace di generare integrazione e spiritualità. L’arte è uno strumento di conoscenza e quindi anche di speranza per un mondo migliore.

Parlavamo poc’anzi di colore. Si può parlare di atmosfere mediterranee nelle sue opere, di sentimenti espressi attraverso una sensibilità cromatica?
Il Mediterraneo è intrinseco e inconscio allo stesso tempo nei miei lavori. Sono nato in Calabria e sono innamorato dei miei luoghi. Non posso non prescindere dal genius-loci dei siti del sud e quindi dalle sfaccettature e miriadi di textures cromatiche che li contraddistinguono.

Il alcune sue opere è presente un albero posto in primo piano che muta nella forma e nella concezione materica. Sembrerebbe un vessillo del suo messaggio pittorico ma allo stesso tempo allude a un cambiamento stilistico o alla ricerca di nuove forme espressive. È forse un punto di giunzione con Piet Mondrian?
L’albero di Mondrian? Magari ci sarà una linea sottile di collegamento. L’idea di inserire questo inserto naturale nelle mie composizioni è nata per puro caso e nel periodo in cui lessi alcune parole di James Redtfild: «Abbraccia anche tu un albero». L’amore per la natura e per il suo incessante ciclo vitale, è un discorso concettualmente ricco e variegato. L’impossibilità nell’eguagliare la natura (fonte d’ispirazione primaria) ha generato in me la ricerca della luce e del colore nei passaggi, la necessità di coglierne lo spirito animatore. Colori forti, provocatori, alcune volte senza mezzi toni e di getto, restituiscono un attimo infinito. L’albero è dunque il fulcro centrale in alcune mie composizioni poiché è chiamato a simboleggiare un’espressione di vita e di forza; una sorta di ponte dell’esistenza terrena con quella futura. Particolarmenteimportanti sono anche i sassi, il gioco che essi instaurano con il mare. Le textures, le faces, le striature che lascia il mare sui sassi è metafora delle textures dell’uomo, le sofferenze della vita terrena, il lento ma inesorabile divenire.

Questa in sintesi una delle molteplici sfaccettature della pittura di Ercole Fortebraccio, artista poliedrico e spontaneo, in continuo viaggio nell’arte e nella società.


Per saperne di più:
http://fortexalfa.wordpress.com/
http://www.artbreak.com/fortebraccio/works
http://facebook.com/ercole.fortebraccio

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