“La ciociara” di Roberta Torre

di / 20 febbraio 2012

Roberta Torre si misura con le tavole del palcoscenico e, per farlo, sceglie Annibale Ruccello, uno dei più grandi teatranti del secondo Novecento, e la sua rilettura de La ciociara. Scelta, sulla carta, azzeccata dato che entrambi vogliono distaccarsi dai toni realistici del romanzo moraviano e dalla tragicità del film di De Sica. Una ciociara, quella di Ruccello, in flashback: Cesira e Rosetta sono figlie e vittime del consumismo, ormai la guerra è alle spalle e tutto è cambiato; il passato, che ha fotografato violenze, stupri, morti atroci, ritorna solo come apparizione fugace, quella di Michele, partigiano ucciso per salvare altre vite umane, ma è altresì riscontrabile negli atteggiamenti di Rosetta, profondamente segnata dallo stupro, non più angelo ingenuo e bambino ma donna con una ferita aperta al centro del cuore. «È la guerra», dice Concetta, una brava Dalia Frediani, fredda e glaciale come solo una persona altrettanto segnata dalla guerra può essere e Cesira vorrebbe, su quel corpo vecchio, ricurvo sul bastone, sfogare la sua rabbia. Non ha colpa quella donna, irrigidita dalla paura poiché i suoi figli possono da un momento all’altro essere catturati dai fascisti, e non ha colpa il papà di Michele che non riesce a distinguere tra tedeschi e inglesi, vuole solamente riaprire il negozio, tornare a guadagnare per pranzare, con gli amici, nei migliori ristoranti di Napoli. Tutti questi personaggi vengono resi da Roberta Torre sul palco come proiezioni mentali, brevi flash che si susseguono veloci. Cesira vorrebbe poter dimenticare ma quegli orribili avvenimenti ritornano e la trasportano nella dimensione altra della memoria. Una trovata geniale, quella di Ruccello, straordinaria, che rispetta il testo di Moravia ma, allo stesso tempo, lo sovverte. Purtroppo, la voglia indomita di Roberta Torre di sperimentare una nuova (eppure tanto vecchia) forma di teatro-cinema ha sminuito tutto. Donatella Finocchiaro non è mai in parte, troppo insipida e poco “ciociara”, mentre Daniele Russo rende il personaggio di Michele troppo scolastico. Buoni, invece, i personaggi secondari, tra cui Rino Di Martino nei panni di Tommasino. Cambi di scena troppo lunghi e caotici, proiezioni continue di foglie che cadono senza senso, brutti filmati leziosi, che vorrebbero sottolineare maggiormente alcuni passaggi ma di cui realmente non se ne sentiva il bisogno. Una “recita da fine anno” che non ha niente in più rispetto alle rappresentazioni amatoriali di tanti ottimi gruppi teatrali legati alle varie azioni cattoliche o associazioni culturali. Peccato, davvero, per la cocente delusione e per l’amaro in bocca che questo spettacolo ambizioso lascia alla fine. Peccato perché Roberta Torre è una regista mai scontata e Donatella Finocchiaro ha saputo offrire prove ben più intense. Peccato perché si poteva e si doveva fare di meglio.


La ciociara
di Annibale Ruccello
tratto da La ciociara di Alberto Moravia
regia di Roberta Torre
con Donatella Finocchiaro, Daniele Russo, Rino Di Martino e Dalia Frediani

In scena al Teatro Bellini di Napoli dal 17 al 26 febbraio

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