“Grimmless” di Ricci/Forte

di / 18 aprile 2012

La fiaba è morta tutte le domeniche pomeriggio, ed è stata seppellita dal silenzio. È morta nel momento in cui il tumulto della vita sembrava rallentare, mentre in realtà si stava solo congelando per sempre. È una noia violentemente infruttuosa, intrisa di dimenticanza, che uccide la fiaba. Allo stesso tempo i rumori, ma anche le musiche, di ogni giorno, coprono le voci affannate nella lotta per il premio finale. Nel con-tendere il primato i corpi si tendono, alla ricerca di un ideale segnato da una stella colorata, oltre la quale c’è solo il silenzio. Così come la cima è la vittoria, ma anche lo scacco dello scalatore, il traguardo è la salvezza, ma anche la comprensione della vacuità del fine. La tensione dei partecipanti alla gara è dunque tensione verso il nulla, mantenuto in gioco solo dalla sua apparente perfezione. Solo il silenzio del nulla tiene in piedi la perfezione dell’immutabile mutismo. Bisogna quindi tacere delle membra stanche della lotta, così come tacere si deve delle vite parallele che tentavano di riscattare la propria realtà interrotta, perchè giudicate perverse. Nelle case di barbie in cui si svolgono tali vite aliene ci può essere tuttavia una luce, che si spande e segue molteplici direzioni, senza alcuna possibilità di controllo. La necessità è perciò che intervenga un’istanza che possa ricondurre i fasci di luce impudenti alla via già tracciata: si affacciano al mondo per questo i mezzi di comunicazione. La narrazione giornalistica, nel riportare fatti bruti, abbrutisce le esistenze dei presunti colpevoli, in un circolo autoreferenziale ed autarchico, indipendente dai tragici vissuti dei partecipanti. Ogni movimento dell’individuo è inscritto in una casella di testo di un aggiornamento di stato, ogni anelito alla comunicazione e alla relazione è ridotto a una richiesta di amicizia su un social network. È qui che tutti i sensi della simbolica realtà collassano in un unico segno, quello tracciato dai telegiornali e dai social network. La parola, segno tra i segni, in questo mondo non può che frantumarsi. La parola, vestita ed adornata come una ballerina di tutti i vissuti che porta con sé, è tranciata di netto sul palco da una motosega. Allo stesso tempo i discorsi si spezzano: ogni unità è persa. La voce individuale diventa un messaggio di cui molti hanno un frammento ma nessuno ha il senso. L’unità della narrazione si sfilaccia come una corda troppo tesa: i tempi si accavallano, i luoghi si sovrappongono, mentre la certezza del presente si smarrisce in un labirintico bosco atemporale.

Stefano Ricci e Gianni Forte hanno scelto di rappresentare questo mondo attraverso il teatro. Ma se la narrazione in questa realtà è distrutta dal potere mediatico, nessuna voce può davvero parlare del mondo fuori dal coro finchè rimane voce. La rappresentazione in Grimmless non può quindi che essere simbolica e trarre dalla multiforme potenza comunicativa del simbolo l’opportunità di comunicare con altri ciò che il silenzio della perfezione, ossessivamente ricercata, ha celato. Attraverso il simbolismo del grido l’individuo può smarcarsi dalle catene della comunicazione significativa e uscire dal perfetto silenzio in cui ha covato la disumanità della perfezione. È questo tuttavia un silenzio colmo di dolore, è il silenzio di una Biancaneve trascinata per i capelli su un tappeto di fastidiose mele. Solo in questo modo il lutto della fiaba può consumarsi e far sì che i corpi fino a quel momento tesi si in-tendano e si ritrovino nella sofferenza. La tragedia di questa presa di coscienza è tuttavia tale da svelare la nullità di ogni obiettivo, così come l’inutilità di ogni strumento e di ogni costume, linguistico o teatrale che sia. I corpi non possono far altro che accasciarsi dinnanzi ad un impassibile principe azzurro, troppo distante nella sua perfezione per non essere a pieno titolo carnefice dell’esecuzione. Stefano Ricci e Gianni Forte riescono a comprendere una realtà non più narrabile e a plasmare la dimensione teatrale su quella esterna. I sorprendenti attori sono un calco delle voci della vita che precede e fonda lo spazio-tempo teatrale. Ogni immagine di ogni scena è un sapiente equilibrio di colori, che costantemente rimandano ad altro, all’altro inenarrabile, che pure si dibatte in ogni abitante del nostro tempo, attore o spettatore che sia.
 

Grimmless
di Ricci/Forte
regia di Stefano Ricci
con Anna Gualdo, Valentina Beotti, Andrea Pizzalis, Giuseppe Sartori, Anna Terio

Andato in scena il 17 aprile 2012 presso il Teatro Augusteo di Salerno

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