“Il condottiero” di Georges Perec

di / 19 dicembre 2012

Sebbene muti di forma col passare del tempo, l’interesse per Georges Perec resta sempre alto. Ne è una dimostrazione il fatto che il mercato continui, oltre a riproporre le sue opere, la pubblicazione di libri inediti, come in questo caso.

Dopo l’uscita di Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, Voland arricchisce il proprio catalogo con un nuovo titolo del noto membro OuLiPo. Romanzo postumo, il libro in questione è Il Condottiero, scritto dal giovane Perec tra il ’57 e il ’60, pubblicato a trent’anni dalla sua morte e uscito da qualche mese in Francia in quella che sembra essere – almeno nelle intenzioni dell’autore – la stesura definitiva. La quarta riscrittura di quello che lo stesso Perec considerava come il suo primo romanzo compiuto.

Gaspard Winckler – nome già noto a chi conosce l’autore – è un pittore che non si occupa di dipingere per se stesso. È un falsario che ha speso la maggior parte della propria vita nella produzione di quadri che, come è costretto ad ammettere, si è preoccupato di attribuire a altri. La professione di falsario è innalzata a emblema di una sorta d’impersonalità, un grigiore esistenziale, con cui il protagonista è costretto a confrontarsi per giungere, parole di Perec, a una «presa di coscienza di sé». Il romanzo inizia con l’atto più significativo a questo fine, l’omicidio del committente, prima «vera azione» nella vita del protagonista, e che servirà all’autore per sviscerarne la figura, ripercorrendo ricordi e sensazioni. Ciò nonostante la personale impersonalità viene dichiarata e ribadita sin dalle prime pagine, in cui ci si muove tra scenari e atmosfere da poliziesco, e dove l’aspirante scrittore Perec mostra sin da subito le sue abilità narrative.

Il romanzo è caratterizzato da una duplice voce: quella del narratore e quella del protagonista, che si accavallano in continuazione e che, soprattutto all’inizio del romanzo e assieme a un intreccio di tre tempi verbali, contribuiscono a rendere in maniera vivida la figura del protagonista, il suo sguardo sulle cose, le sue ansie e frustrazioni. Purtroppo, l’autore non riesce a mantenere una così potente tensione narrativa lungo tutto l’arco del romanzo, e la seconda parte del testo disegna improbabili dialoghi ridondanti che a lungo andare risultano quasi imbarazzanti. E difatti, nel novembre del 1960 l’editore Gallimard ne rifiutò la pubblicazione, nonostante un «soggetto interessante e svolto con intelligenza» che però non riusciva a sostenere tutto il peso di «un eccesso di goffaggini e di chiacchiere». Parole forse condivisibili ma che non negano l’importanza della pubblicazione, oggigiorno. Perché leggerlo, dunque?

Ciò che appare realmente interessante di questo testo è soprattutto la possibilità di utilizzarlo come strumento per guardare, forse più a fondo, di certo da un punto di vista altro, nuovo, una figura di spicco del novecento letterario internazionale quale Perec. In esso, ad esempio, è già possibile ritrovare elementi propri che connaturano la voce matura dell’autore. Elaborazioni più o meno grezze di aspetti che renderanno Perec quello che successivamente è diventato, almeno in alcune declinazioni di uno scrittore dalle molteplici sfaccettature. Ne Il Condottiero emergono tematiche e stilemi che in seguito saranno riversati in romanzi quali L’Uomo che dorme e W o il ricordo d’infanzia; tutto un apparato di credenze e prassi che gravitano, per Perec, attorno alla scrittura. Inoltre, leggendo sembra quasi che le voci narranti, al di là del loro incessante mescolarsi, possano essere viste come una sovrapposizione che dà spessore a un unico, coerente discorso: forse il dialogo che il giovane Perec intratteneva (o aveva intrattenuto) con se medesimo. Lo stesso dubbio che il testo lascia sull’effettiva presa di coscienza da parte del protagonista forse riflette la mancanza di una piena consapevolezza autoriale. L’assenza di una capacità matura a gestire funzioni e tecniche narrative di cui pure il giovane Perec aveva un’idea, forse fumosa, e che tentava goffamente di manovrare. E che sembrano essere alla base della mancata riuscita totale del libro.

Tuttavia, questi sono giudizi che vanno lasciati al lettore, resta il fatto che ci troviamo di fronte un’opera che di certo contribuisce a ricomporre un quadro unitario della figura in divenire di un così importante scrittore. E da questo punto di vista Il Condottiero può essere considerato come una gran bella sfida per il lettore realmente interessato a comprendere Georges Perec.


(Georges Perec, Il Condottiero, trad. di Ernesto Ferrero, Voland, 2012, pp.170, euro 15)

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