“Il sangue è randagio” di James Ellroy

di / 29 gennaio 2013

«L’America non è mai stata innocente. Abbiamo perso la verginità sulla nave durante il viaggio di andata e ci siamo guardati indietro senza alcun rimpianto».

Inizia così American Tabloid, il primo libro della Trilogia Americana di James Ellroy. Il grande narratore – «uno dei più grandi autori americani del nostro tempo», solo per citare qualche titolo che lo riguarda – dopo aver portato il romanzo noir a livelli inimmaginabili con la Quadrilogia di Los Angeles, sceglie di alzare il tiro e colpire dove non era arrivato mai nessuno. Calare l’ossessione e la dannazione umana in parabole poliziesche sconcertanti – basti citare la Dalia Nera e L.A. Confidential – non gli bastava più. Esorcizzare la vita tormentata, segnata dal traumatico omicidio della madre, nelle pagine di cult best-seller non era più sufficiente. E così dall’impossibile redenzione dei poliziotti corrotti, si passa a un corruzione peggiore, universale: quella dell’America.

L’impresa in cui si cimenta Ellroy è imponente: unire il noir con il romanzo storico. Riuscendoci.  Raccontare la storia dell’America dal 22 novembre 1958 all’11 maggio del 1972, in tre opere: il già citato American Tabloid, Sei pezzi da mille e il gran finale di Il sangue è randagio. Lo fa in maniera stupefacente: esasperando la violenza e l’impatto telegrafico della scrittura per mostrare senza mezze misure il marcio e il Male annidato dietro i grandi nomi ed eventi americani del periodo, studiati e documentati perfettamente durante la stesura delle mastodontiche composizioni. La Storia s’incontra così con storie più piccole, spesso anonime, sconosciute ai più, ma parecchio influenti. I fratelli Kennedy, Nixon, il capo dell’FBI Hoover, Jimmy Hoffa, l’aviatore miliardario Howard Huges, Martin Luther King (e sono solo alcuni), verranno mostrati impietosamente senza veli, mentre incrociano le loro parabole umane con i personaggi principali dei romanzi. La struttura narrativa di Ellroy è quella già adottata e collaudata nella Quadrilogia: portare avanti la narrazione usando le figure dei tre poliziotti protagonisti. Da loro si dipana un inarrestabile meccanismo che ha con Il sangue è randagio la conclusione suprema.

Il contesto storico: un’America sfibrata dalle lotte razziali dopo l’omicidio di Martin Luther King, l’avvento di Nixon, il Vietnam, la mafia infiltrata ovunque, l’FBI impegnata con tutti i mezzi – spesso poco leciti – nella lotta ai sovversivi, le varie operazione terroristiche contro Cuba post Baia dei Porci. Il contesto narrativo: Dwigth Holly, uomo di fiducia di Hoover e Nixon, viene incaricato di organizzare una missione segreta dell’FBI per smantellare i gruppi favorevoli al potere nero. Wayne Tedrow jr, ex poliziotto e chimico per la mafia, assoldato da Howard Huges per la costruzione di casinò in una Repubblica Dominicana intrinsa di crimine e vudù. Loro due li avevamo già conosciuti in Sei pezzi da mille, il cui titolo è legato alla somma ricevuta da Wayne proprio per fare un viaggio a Dallas il giorno dell’omicidio di Kennedy… New entry de Il sangue è randagio è Don Crutchfield: giovane investigatore privato di bassa lega, guardone perverso e incallito, dal passato torvo, invischiato nelle paludi più nere e terribili della Storia. Sarà lui, poco a poco, a unire i livelli, portando avanti anche i due crimini che terranno il lettore legato al libro fino all’ultima pagina: una misteriosa rapina di diamanti e dollari che sarà il chiodo fisso di un altro epico personaggio, Scott Bennett, e l’agghiacciante omicidio di una ragazza nella Casa dell’Orrore, battezzata così dallo stesso Crutchfield. Le indagini prenderanno le svolte impensabili. Poi le grandi figure femminili capaci di scatenare gli amori più folli e le guerre più terribili, veri motori della trama e della Storia. Da Karen a Joan Klein, che si contendono il cuore di Holly, passando per Celia, misteriosa figura su cui deve investigare Crutchfield.

Il terzo capitolo – il cui titolo è la citazione di un verso di una poesia di Housman – è il massimo compimento dei lavori precedenti: il plot giallo e le lande storiche di un’America mai vista così sporca e cattiva sono l’ambiente perfetto in cui calare le vicende di Tedrow, Holly e Crutchfield: protagonisti leggendari e indimenticabili, capaci di non abbandonare il lettore nemmeno a libro finito.

La scrittura di Ellroy è magistrale: periodi brevi, ripetizioni ossessive, ritmo, una potenza descrittiva inaudita, una capacità immensa di portare a galla i sentimenti e i pensieri dei protagonisti con tre parole. Frasi che trafiggono come colpi di pistola. E poi la base documentaristica: articoli di giornale, dossier, riferimenti precisi e puntuali agli anni trattati e agli svariati luoghi in cui avvengono i fatti. Ma la vera grandezza di Ellroy – quella che lo rende davvero uno dei più grandi romanzieri viventi – è la capacità di raccontare dell’eterno conflitto tra Bene e Male all’interno dell’animo umano. Nel suo mondo, l’unico modo per espiare il dolore e la disperazione è la violenza. Per i suoi eroi non c’è altra via di riscatto. Ogni omicidio, ogni colpo di stato, ogni attentato, ogni fatto storico e drammatico, fa riferimento sempre a quel duello iniziale. Uno scontro lampante nel periodo storico trattato dalla Trilogia Americana, ma che solo Ellroy riesce a rendere ogni giorno attuale e quotidiano, grazie alla lettura dei suoi capolavori.

(James Ellroy, Il sangue è randagio, trad. di Giuseppe Costigliola, Mondadori, 2010, pp. 859, euro 24)

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio