[Oscar 2013] “Les Misérables” di Tom Hooper

di / 31 gennaio 2013

Premessa doverosa: Les Misérables di Tom Hooper, candidato a otto premi Oscar tra cui miglior film e regia, non è l’ennesima trasposizione cinematografica del romanzone di Victor Hugo del 1862: è l’adattamento del musical tratto dal romanzo. Nel 1980 a Claude-Michel Schönberg e Alain Boubil venne in mente di scrivere uno spettacolo musicale tratto dal romanzo e di portarlo in scena nei teatri di Parigi. Non ebbero successo. Lo spettacolo venne però notato dall’impresario Cameron Mackintosh che pensò di portarlo a Londra con un nuovo libretto in inglese. Fu un trionfo. Da allora lo spettacolo è stato riproposto per più di venticinque anni consecutivi nel West End, portato a Broadway e in giro per il mondo, vincendo premi su premi e diventando il musical più longevo di sempre.

La storia è la stessa del libro di Hugo: nel 1815 Jean Valjean, il prigioniero 24601 del carcere di Toulon, riottiene finalmente la libertà dopo diciannove anni di prigione per aver rubato un tozzo di pane (e aver tentato più volte la fuga). Mentre l’uomo lascia il carcere, il funzionario di polizia Javert lo avverte che non lo perderà di vista, perché un ladro è destinato a rimanere tale. Di nuovo libero Valjean si scontra con la difficoltà di tornare a una vita normale con i suoi documenti di ex-galeotto. Trova conforto e riparo presso un vescovo di campagna che gli offre un tetto dopo giorni di vagabondaggio. La notte non resiste alla tentazione di rubare al vecchio l’argenteria, ma, sorpreso dalla polizia, riceve l’inattesa grazia dell’uomo che afferma di avergli donato la refurtiva e lo invita a usarla per il bene. Colpito dalla carità, Valjean straccia i suoi vecchi documenti e decide di iniziare una nuova vita votata agli altri. Passano gli anni, Valjean è diventato Monsieur Madeleine, sindaco e imprenditore a Montreuil sur Mer. Il caso vuole che il suo antico aguzzino Javert venga nominato ispettore di polizia della cittadina. Lo riconosce. Valjean/Madeleine è costretto alla fuga perché il poliziotto vuole ritradurlo in carcere per non aver rispettato i termini della libertà vigilata, ma Valjean, pronto a pagare per le sue colpe, non può consegnarsi perché ha promesso alla morente Fantine, prima operaia presso la sua fabbrica, poi costretta dalla miseria alla prostituzione, di prendersi cura della di lei figlia Cosette. Obbligato moralmente dall’impegno assunto, Valjean riscatta la bambina dai biechi locandieri che l’avevano in custodia e raggiunge Parigi, dove i due vivranno tranquillamente fino all’esplodere delle insurrezioni del giugno 1832 che portò i parigini sulle barricate e Valjean a rincontrare Javert.

È un film di ossessioni, Les Misérables: l’ossessione di Javert per Valjean e per un concetto di Legge come Giustizia; l’ossessione di Valjean per le sue colpe da espiare e per una Giustizia che va oltre la legge; l’ossessione di Marius, giovane rivoluzionario di ricca famiglia, per Cosette, che sconvolge gli equilibri padre-figlia; dei Thenardiér, i biechi locandieri, per i soldi; dei giovani parigini per la libertà; di Tom Hooper per i suoi attori. Gli si incolla in faccia con la telecamera e non li lascia respirare. Fedele all’impostazione quasi operistica del musical (niente dialoghi, niente coreografie, tutto cantato), il regista de Il discorso del re si concentra sugli interpreti con continui primi piani. Dopo l’ouverture spettacolare sui lavori forzati di Valjean, con canzone corale e movimenti coordinati, il campo si restringe sul cantante di turno e sui riflessi emotivi del cantare (Hugh Jackman/Valjean bravo ma non da Oscar, Russel Crowe/Javert un po’ rigido e fuori posto, Anne Hathaway, nel breve ruolo di Fantine, conferma che il 2012 è stato un anno d’oro per lei), tornando ad aprirsi nella scena della locanda, con la coppia formata da Sacha Baron Cohen e Helena Bohnam Carter perfettamente affiatata, e nel finale barricadero che richiama parecchia pittura di Delacroix. Per gli amanti dei musical c’è molto di cui bearsi: grandi canzoni, duetti serrati (Confrontation, per dirne uno), pathos ed emozione, con un ottimo impianto scenografico e effettistico che sa molto di teatro lirico. Per tutti gli altri rimane lo scoglio, non piccolo, di due ore e mezzo di canzoni e primi piani che tendono alla ripetitività e il pensiero, di fondo, che se avessero fatto un normale film dal romanzo ci sarebbe stato solo da guadagnare.

(Les Misérables, di Tom Hooper, musical, 2012, 153’)

 

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