“Prima gli idioti” di Bernard Malamud

di / 11 febbraio 2013

«Con un saggio inedito dell’autore», recita la copertina. Di fondamentale importanza, potremmo aggiungere. Come spesso accade, infatti, il saggio che introduce questa raccolta di dodici racconti di Bernard Malamud edita da minimum fax per la collana Minimum Classics, si rivela strumento importantissimo per la comprensione non solo della scelta formale compiuta dall’autore statunitense del cuore del Novecento, la short story, ma anche delle ambientazioni, i personaggi e le problematiche che in quella forma si fanno spazio con urgenza e attraverso una scrittura asciutta, immediata, intrisa di realismo e satira.

Malamud non scrive per ispirazione, ma per necessità, per entrare a far parte del mondo dell’arte e per portare, in quel mondo, il suo punto di vista sul reale, la sua versione dei fatti travestiti di un’ironia critica e squisita nei confronti della società: «Per la centesima volta mi ripromisi che un giorno sarei diventato uno scrittore davvero bravo. Questo rinnovato entusiasmo, e altri episodi simili, mi tennero vivo nell’arte negli anni prima che riuscissi a realizzare qualcosa».

Il forno in cui lievita la materia narrativa è il secondo dopoguerra (First idiots è pubblicato per la prima volta dalla casa editrice Farrar, Straus, a New York, nel 1963) e gli ingredienti sono personaggi di ceto medio-basso coinvolti in storie brevi e difficoltà quotidiane che però rivelano, nella semplicità del loro intreccio, tutto il disincanto dell’essere umano che vive, lavora, ama, è semplicemente se stesso nel mondo dopo l’Olocausto.

Emerge per originalità, potenza ironica e ricchezza metaforica “L’uccello ebreo” che, sfruttando la lezione millenaria della fiaba esopiana che da sempre dà voce, caratteri e bruttezze umane agli animali, racconta la storia di un corvo parlante di religione ebraica che si stabilisce in casa Cohen guadagnandosi le simpatie di moglie e figlio e le persecuzioni del capofamiglia. Ecco uno stralcio della comica quanto tagliente presentazione del presuntuoso volatile:

«Gevalt (“Accidenti”, in yiddish, ndt), un pogrom!»
«Un uccello che parla!», esclamò Edie, sbalordita.
«In yiddish», rincarò Maurie. […]
«Per quale motivo sei venuto a questo indirizzo?» «La finestra era aperta», sospirò l’uccello. E dopo un attimo soggiunse: «Sto scappando. Volo, ma me la do anche a gambe».
«Da chi scappi?», domandò Edie, con interesse.
«Dagli antisemiti».
«Antisemiti», fecero eco gli altri.
«Proprio così».
«Ma quali antisemiti vanno a dar noia a un uccello?», volle sapere Edie.
«Tutti, praticamente».

La discriminazione è al centro anche de “Il mio colore preferito è il nero”, in cui il proprietario, bianco, di un negozio di liquori viene sedotto dalla bellissima signora Ornita, dalla pelle morbida e scura: «Voglio dire che per me, personalmente, c’è un solo colore ed è il colore del sangue. I neri mi piacciono, e se non è perché sono neri, allora è perché io sono bianco. In fondo è la stessa cosa. Se non fossi bianco vorrei essere nero. Sono contento di essere bianco perché non ho altra scelta. Comunque, ho il pallino della gente di colore. Mi piace. Chi desidera che tutti siano uguali? È una specie di dono, forse».

Interessanti i racconti ambientati a Roma (dove Malamud trascorse un breve periodo nel 1954) che ci permettono di immaginare in luoghi che conosciamo bene – il cimitero del Verano, via Nomentana, la stazione Termini – una vedova affranta che riesce con difficoltà a lasciarsi andare alle attenzioni discrete e gentili dell’affascinante Cesare Montaldo (“Meglio vivi che morti”) e il giovane Arthur Fidelman, innamorato perdutamente della pittrice Annamaria Oliovino con cui condivide la casa e pasti silenziosi in una trattoria di Trastevere (“Natura Morta”, in cui appare, in un cameo fulmineo, un Alberto Moravia di Piazza del Popolo).

Prima gli idioti è il punto di partenza ideale per chi voglia accostarsi al fortunato genere del racconto breve. Il messaggio dell’autore, attento osservatore della comédie humaine, è tutto affidato al travestimento ironico e all’uso impeccabile della metafora, di un periodare asciutto e che non stanca, di espedienti insoliti e geniali, a dimostrazione che non sono la ricchezza dell’intreccio o la complessità dei personaggi a determinare l’efficacia di una storia.

«Le storie ci accompagneranno finché esisterà l’uomo. Lo si capisce, in parte, dall’effetto che hanno sui bambini. Grazie alle storie i bambini capiscono che il mistero non li ucciderà. Grazie alle storie scoprono di avere un futuro».

(Bernard Malamud, Prima gli idioti, trad. di Ida Omboni, minumum fax, 2012, pp. 243, euro 13)

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