“Svanire” di Deborah Willis

di / 15 febbraio 2013

«La gente semplicemente scompare. Mia moglie se n’è andata. Mia mandre ha raggiunto una vecchiaia robusta. E mia figlia la vedo solo raramente […]. Il fatto è che talvolta la gente torna. Tornano proprio quando ormai pensavi che se ne erano andati per sempre, quando hai perfino smesso di sentire la loro mancanza».
Nella vita di ognuno di noi c’è stata una scomparsa, per noi più o meno traumatica, più o meno dolorosa, o c’è stato comunque un punto di rottura dopo il quale la nostra vita ha preso una piega diversa. Qualcuno a un certo punto se n’è andato e noi, impreparati, siamo rimasti alle prese con il dolore, la rabbia e troppi ricordi. Siamo sopravvissuti e cambiati: c’è chi è diventato più cinico, chi più prudente, qualcuno ingenuo quanto prima. L’assenza non è mai completa, ed è a volte così forte che paradossalmente diventa una nuova presenza, una cosa con la quale ci abituiamo a convivere, attraverso la quale decidiamo l’approccio alla vita e giudichiamo nuove situazioni. Può trattarsi di una ricchezza, di una possibile saggezza precoce che ci è stata regalata senza che l’avessimo mai auspicato, ma può essere invece un peso, un arto in più che ci fa camminare goffamente, che ci fa inciampare e vergognare.

Il libro di esordio della giovane scrittrice canadese Deborah Willis, una lucida e accattivante  raccolta di racconti intitolata Svanire,indaga il tema dell’assenza, quella fisica e quella emotiva, i modi in cui la affrontiamo, il modo in cui le vite dei padri rimasti senza figli, dei mariti rimasti vedovi, delle figlie che non hanno mai conosciuto il proprio padre… cambiano dopo che questa si è imposta. Quattordici racconti con al centro una galleria di persone comuni che combattono, ognuno a modo suo, con le proprie fughe, traumi, perdite e le derivate conseguenze.
C’è un marito, rimasto vedovo, che trascorre le serate al casinò, al tavolo del blackjack, cercando (disperatamente) di avvicinarsi all’impassibile donna croupier, a sua volta portatrice di traumi e segreti. C’è una coppia che, vivendo l’apice della felicità, sente già nell’aria l’inevitabile presentimento di un non troppo lontano addioche li aspetta. Ci sono uomini di mezza età che ritrovano un barlume di – se non proprio amore – affetto, tanto tacitamente desiderato, con donne che spesso, per età, potrebbero essere loro figlie. E dopo essersi lasciati trasportare da un sentimento che non rievocavano da anni, vengono di regola abbandonati alla loro solitudine di prima, ancora più amara. C’è una moglie che cerca, senza troppa determinazione, di ricostruire l’immagine dell’amante di suo marito seguendo tracce che rivelano ben poco, di cui lei però si accontenta.

Un motivo interessante, che appare in alcuni racconti è il travestimento, il ricorrere alle maschere, alla magia. In alcuni casi si tratta semplicemente di indossare vestiti che una volta appartenevano ad altri, per compensare in tale modo l’abbandono, oppure per provocare una reazione nelle persone che ne subiscono l’assenza.
Molto efficace è il punto di vista che l’autrice adotta in alcuni racconti: scrive infatti in seconda persona (usando, parallelamente, spesso il futuro), espediente che rende il personaggio, agli occhi del lettore, un manichino nelle mani dell’imprevedibile narrazione, come sono le vite dei personaggi stessi. Alternando spesso i punti di vista, saltando da un piano temporale all’altro, l’autrice non lascia spazio per una possibile immedesimazione, ma narra storie che non percepiamo mai come incompiute.
La scrittura della Willis è di stampo carveriano: sobria ed essenziale, e anche quando tratta i temi quali l’abbandono, il trauma, la morte, non vi è posto per pateticità o compianto, ma piuttosto per ironia, divertimento e distacco.

(Deborah Willis, Svanire, trad. di Anna Baldini e Paola Del Zoppo, Del Vecchio Editore, 2012, pp. 287, euro 13)

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