“Mozart a Praga” di Piero De Martini

di / 22 febbraio 2013

Il binomio Mozart-Praga è (dovrebbe essere) di quelli conclamati da una consolidata tradizione a uso e consumo di qualsiasi adulto alfabetizzato. Interroga gli studiosi di musica alla ricerca di eventuali peculiarità stilistiche nelle cartelle praghesi del Genio e richiama i doveri del turista frettoloso che una volta esposta la giugulare all’animazione della Torre dell’Orologio si affretta a timbrare il cartellino delle tappe mozartiane. Ma – è storia – alimenta anche l’invenzione narrativa degli scrittori. Basti pensare alla novella Mozart in viaggio verso Praga, di Eduard Mòrike (1804-1875).

Nella città che un letterato di finezza oggi inimmaginabile come Angelo Maria Ripellino definì “magica” (in un libro che lo è davvero) Amadé dunque trovò una consonanza speciale. Soprattutto vi conobbe una fortuna superiore a quella ricevuta a Vienna e nella nativa, ottusa Salisburgo. Piero De Martini ne ricostruisce ora i motivi, i passaggi, le occasioni in un piccolo volume edito da Bruno Mondadori (Mozart a Praga). I due termini hanno lo stesso peso, come per siglarne una sorta di compenetrazione. Ben cifrata in un periodo storico preciso, ricostruito puntualmente: il crepuscolo del secolo illuminista. Momento presago di inquietudini che verranno poi definite romantiche, non estranee, come peraltro il loro rovescio di convincimenti laici e illuminati (e massoni), alla coppia Mozart – Da Ponte. Chiamata in causa non casualmente, se a Praga Mozart diresse personalmente Le Nozze di Figaro (il successo fu grandioso), e ivi tenne la prima del Don Giovanni e, secondo vulgata, scrisse in una notte l’ouverture. Della cui demoniaca ispirazione pure tanto s’è detto.

Al netto di improbabili nature metafisiche, quella curvatura cupa (il tono, l’accento, presenti anche, seppure in maniera minore, nella Sinfonia 38 KV 504 del 1786, detta "Praga" appunto) non è azzardato sostenere avesse qualcosa da spartire con certo clima praghese. Anche vero che nell’arte mozartiana qualsiasi repertorio di stramberie e stravaganze – il côté esoterico descritto e narrato nell’opera di Ripellino – è sempre tenuto sotto controllo. E difficilmente sprofonda nella fola astrusa, nella fumisteria astrologica, nell’eccentricità inafferrabile e misteriosa che si alimenta nei gangli sotterranei della città del Golem. Essa – in quegli anni in particolar modo – è pure uno scrigno toccato dalla grazia. Esibita, ammaliatrice, davvero senza confronti. Fra Mala Strana e il monastero di Strahov e Villa Bertramka, Mozart si sente a suo agio. Questo libro ne ricostruisce i passi, non solo musicali, e fornisce indicazioni anche per un viaggio orientato, disciplinato, nei luoghi che furono quelli del musicista: fuori dalla chincaglieria di bancarellari e hard rock cafe che ha ormai reso il centro di Praga pericolosamente simile a quello di tutte le altre capitali del pianeta.

(Piero De Martini, Mozart a Praga (1787-1791), Bruno Mondadori, pp. 150, euro 19)

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