“Educazione siberiana” di Gabriele Salvatores

di / 1 marzo 2013

Il freddo penetrante, le nevi bianchissime e i troppi gradi sottozero sono i colori e le caratteristiche della Siberia, luogo in cui è ambientato il nuovo film di Salvatores, Educazione Siberiana.

La prima considerazione? Ogni suo film è diverso dall’altro e nessuno si assomiglia; un regista che non si accomoda mai sulle vecchie pellicole incarnando la vera passione per l’Arte del Cinema.

Educazione siberiana è tratto dall’omonimo libro di Nicolai Lilin edito nel 2009 da Einaudi; un romanzo di formazione, ambientato nell’ultimo ventennio dello scorso secolo, nell’ex Unione Sovietica.
Anni di cambiamento, in cui il tempo fa da padrone e stravolge la realtà: dopo la caduta del muro di Berlino, la modernizzazione, seppure lenta e osteggiata, si fa spazio prepotentemente.

Anni in cui il consumismo ha soppiantato in modo rapido e precipitoso la violenza del comunismo: violenze che si sommano ad altre.

Le terre della Siberia narrata sono profondamente sconvolte; terre in cui gli ideali sani di libertà e di lotta, soprattutto, alla libertà, si perdono con il consumismo dilagante, e della libertà, ottenuta con il sangue e con i denti, non si sa più che farsene. Diventa uno slogan vuoto, una merce sul bancone.

Il libro, da cui si ispira liberamente, è un memoir di ricordi, di situazioni, di personaggi che si alternano, senza una vera e propria linea narrativa, che, invece, Salvatores ha ridisegnato aggiungendoci un pizzico di romanticismo.

I protagonisti sono due ragazzi di dieci anni che crescono insieme, amici per la pelle, istruiti dal saggio e criminale nonno Kuzja, maestosamente interpretato da John Malkovich. Da inseparabili compagni di piccoli furti ed esercitazioni con le armi, i due crescono con principi differenti e gli anni di lontananza che li dividono finiscono per creare due opposti, un’antitesi di ruoli: uno corrotto dai tempi e dai costumi nuovi, l’altro tradizionalista, integro, non disposto a cedere a compromessi.

Attraverso una serie di contraddizioni, viene proposto un elenco di parole chiave, fondamentali e simboliche, che svelano il mistero e il compito spirituale di questa banda di “criminali onesti” come loro si definiscono, un ossimoro già particolare, che si batte per il bene collettivo.

Codice. Una parola ripetuta spesso nel libro; un codice etico al quale sottostare, severo, rigidissimo, paragonabile all’onore della mafia siciliana. La contraddizione viene proprio dal considerarsi nel giusto, dal perdono del Signore «per i peccati che siamo costretti a commettere». C’è il codice dei tatuaggi, tutto siberiano. Per “gli onesti”, il tatuatore è come un confessore: è lui che decide come inchiostrare le pagine della tua pelle. E non basta solo volerlo, bisogna anche guadagnarselo.

Educazione. L’educazione siberiana è questa Regola, predicata scrupolosamente come un Vangelo, che tenta di sopravvivere, tramandandosi, seppur senza speranze, alle nuove generazioni, in cui i nuovi codici, violentissimi anche essi, ne modificano l’osservanza.

Il tempo. In una società dove il tutto e subito è la consuetudine e dove l’importante è farlo il più velocemente possibile, la sola sopraffazione sull’altro permette la sopravvivenza, la tradizione dei criminali siberiani non ammette corse e soprusi. Un tempo di cambiamenti, inoltre, rinnova le antiche terre di Stalin modificandone l’aspetto, rendendo ancora più povero chi si confronta con i grattacieli sorti all’improvviso.

Commuovente la scena in cui i giovani siberiani, ritrovatisi in città, sperimentano per la prima volta una giostra, e “Absolute Beginners” di David Bowie fa da sottofondo al loro divertimento. «Un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore possa amare», afferma il vecchio Kuzja che detta un’educazione sentimentale siberiana al nipote Kolima.

Il regista di Mediterraneo ha ancora un ardore da sperimentatore e indaga i labirinti di questa cultura nordica, degli ideali della criminalità per bene e della criminalità per male, del fascino del nuovo e l’attaccamento alla tradizione, alle radici, temi a lui cari, rinnovando la sua carriera.

Un film immenso e ricco di significato, di stimoli e di simbologia. Uno stratagemma che, senza fingere, collega il passato al presente con un filo rosso sottilissimo; un intuitivo Gabriele Salvatores, che non delude mai.

(Educazione siberiana, di Gabriele Salvatores, 2013, drammatico, 110’)

 

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