“Storia di un corpo” di Daniel Pennac

di / 8 marzo 2013

A dieci anni dal suo ultimo romanzo, Daniel Pennac torna con Storia di un corpo (Feltrinelli, 2012).
Il protagonista, dodicenne, dopo un episodio in cui la paura fa reagire il suo corpo come non si sarebbe aspettato, creando una dissociazione tra il fisico e la mente, si propone di tenere il diario del suo corpo. Sarà l’inizio di un processo di ricerca e scoperta che, quaderno dopo quaderno, lo accompagnerà fino alla morte. Il ragazzino emarginato delle prime pagine si trasforma rapidamente, sotto gli occhi del lettore, in adolescente, giovane uomo, marito, persona di mezz’età, fino al raggiungimento della vecchiaia. L’esistenza fluisce, rapida e inarrestabile, attraverso una costante ricerca tesa alla conoscenza dei meccanismi e dei cambiamenti del corpo, in un viaggio intimo e realista che raccoglie il tentativo di superare l’eterno conflitto fra il corpo e l’anima. Il corpicino esile del dodicenne che comincia ad annotare le reazioni della sua fisicità rispetto a quello che lo circonda, fino a diventare corpo consumato di un anziano alla soglia dei novant’anni, concentra su di sé le vicende umane che lo caratterizzano, offrendo una prospettiva materialistica, reale, sui moti dell’anima; il corpo accompagna la mente per tutta la vita e insieme a essa cambia, stagione dopo stagione, sfuggendo spesso alla governabilità.

L’intensità delle emozioni si imprime inesorabile sul corpo, plasmandolo. Attraverso una grande lente tutta fatta di carne, muscoli, sangue e ossa, scorre davanti a noi un carrello vitale che passa per la pubertà, la scoperta sessuale, l’innamoramento, la paternità; un carrello che rovescia, tramite la stessa lente, l’individualità del corpo quando il protagonista, prima padre e poi nonno, potrà trasmettere il frutto della sua ricerca a figli e nipoti. Tutto avviene in maniera completamente cruda, senza lasciare spazio a descrizioni emozionali astratte; i turbamenti, le insicurezze, le esperienze sono raccontati impiegando l’uso dei cinque sensi e del loro impatto sul corpo: odori, profumi, secrezioni, sensazioni tattili, immagini, suoni, si uniscono in un amalgama fino a diventare fotografia unica.

Daniel Pennac, con il suo ultimo romanzo, offre una visione allo stesso tempo nuda e delicata del rapporto che siamo costretti ad avere con il nostro involucro, trattando in maniera originale ed efficace quello che sembra essere uno degli ultimi tabù della nostra società: il corpo. Lo fa in un percorso che conduce la giovinezza mentale insieme alla compattezza delle membra fino all’inevitabile declino di un’interiorità scheggiata sempre più in profondità dalla malattia e dal lutto. Il libro si chiude su un esausto ottantasettenne, stremato dal peso della propria penna, il quale lascia la sua testimonianza alla figlia e si prepara a morire, insieme al fratellino immaginario che aveva inventato da bambino nel tentativo di lenire le sue paure e solitudini.

(Daniel Pennac, Storia di un corpo, trad. di Yasmina Melaouah, Feltrinelli, 2012, pp. 341, euro 18)

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