“Hitchcock” di Sacha Gervasi

di / 5 aprile 2013

Dal libro Hitchcock – L’incredibile storia di Psycho di Stephen Rebello (1990, ripubblicato ora da Il Castoro), Sasha Gervasi ha tratto Hitchcock, bio-pic che parte dalla lavorazione di uno dei più importanti capolavori della storia del cinema per arrivare a osservare la vita privata e le ossessioni del Maestro del Brivido, interpretato mimeticamente da Anthony Hopkins.

È il 1959. Alfred Hitchcock è reduce dal successo di Intrigo Internazionale e alla ricerca di un soggetto per un nuovo film. Rimane colpito dalla vicenda di Ed Gein, assassino seriale perseguitato dalla figura della madre al punto da riesumarne il cadavere. Decide che Psycho, il romanzo di Robert Bloch ispirato alla vicenda, sarà il suo prossimo film. Nessuno deve sapere la trama, per questo fa acquistare tutte le copie del libro di Los Angeles e dintorni. Alla Paramount, intanto, i dubbi sul suo nuovo progetto sono molti: troppo violento, crudo. Il finanziamento per la produzione non arriva. Hitch decide di intervenire di tasca propria, ipotecando la casa e rinunciando controvoglia a non poche delle sue costose abitudini. Psycho diventa un’ossessione: Ed Gein inizia a comparirgli in sogno, la commissione per la censura solleva obiezioni sulla scena della doccia prima ancora che venga girata, mentre Alma, la moglie adorata nonché collaboratrice più autorevole di sir Alfred, sembra sempre più vicina a Whitfield Cook, sceneggiatore sciupafemmine che vorrebbe convincere il regista a lavorare su un suo copione.

Si trova a proprio agio il regista Sacha Gervasi nel ricostruire il lavoro dietro le quinte e la vita privata di personaggi pubblici. Lo aveva già fatto nel 2008 con l’acclamatissimo Anvil! The story of Anvil, documentario in cui si seguiva la band metal canadese Anvil alle prese con un nuovo tour mondiale venticinque anni dopo l’effimera gloria degli anni ottanta. In Hitchcock parte da materiale narrativo di sicuro fascino come la realizzazione di uno dei film più importanti e conosciuti di tutti i tempi, ma finisce troppo presto per deragliare nel binario parallelo della storia d’amore e gelosia già vista tante volte. Se è vero che il legame tra Alfred Hitchcock e Alma Reville andava oltre il matrimonio verso una simbiosi assoluta anche sul piano lavorativo (al punto che ricevendo l’AFI Life Achievement Award nel 1979 il regista dedicò il premio alle quattro persone che gli erano sempre state accanto nella vita, «una montatrice, una sceneggiatrice, la madre di mia figlia e la cuoca a cui ho visto fare miracoli in una cucina domenstica, e il loro nome è Alma Lucy Reville») il film di Gervasi finisce per banalizzare in un andamento televisivo le dinamiche delle loro turbolenze sentimentali, le infatuazioni, più o meno innocenti, di Hitch per le sue bionde, la frustrazione della vita nell’ombra di Alma, il ricongiungimento alla base del trionfo di Psycho.

Peccato, perché quando il film fa metacinema interessa e diverte. I nervosismi del set, le dinamiche produttive, i problemi tecnici e le numerose trovate di Hitchcock sono ricostruite con cura partendo dal monumentale lavoro documentario fatto da Rebello nel suo libro.

Con il trucco di Howard Berger e la voce di Gigi Proietti, Anthony Hopkins evita il rischio caricatura che la mole, sia fisica che artistica, del personaggio comportava, finendo per scomparire in un Alfred Hitchcock assolutamente credibile nelle sue debolezze private e nel suo manierato umorismo. Al suo fianco si muove un cast di alto livello con Helen Mirren nei panni di Alma, Toni Colette in quelli della segretaria Robertson, Jessica Biel come Vera Miles e Scarlett Johansson chiamata a dar vita alla protagonista di Psycho Janet Leigh, che ripropone magistralmente la celeberrima doccia, momento culminante delle tensioni personali e professionali di Hitchcock durante le riprese.

Notevole la sequenza della prima, in cui Sir Alfred, rimasto fuori sala a spiare il pubblico, dirige con coltello/bacchetta invisibile la colonna sonora nella scena della doccia, quando agli agghiaccianti violini arrangiati da Bernard Hermann si aggiungono le grida degli spettatori terrorizzati.

 

(Hitchcock, di Sacha Gervasi, 2013, biografico, 98’)

 

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