“Il caso Kerenes” di Călin Netzer

di / 14 giugno 2013

A conferma della nouvelle vague del cinema romeno, scossa e alimentata da Cristi Puiu e Cristian Mungiu, arriva Il caso Kerenes di Călin Peter Netzer, già vincitore dell’Orso d’oro all’ultimo Festival del Cinema di Berlino.

Cornelia è una ricca signora dell’alta borghesia di Bucarest. La sua vita è scandita da cene eleganti, incontri formali, il lavoro come scenografa teatrale, le incomprensioni con un marito che sente distante, e gli sfoghi con la sorella dottoressa. Sfoghi che si concentrano sul figlio Barbu, andato a vivere lontano con una donna divorziata, e incapace di ricambiare l’affetto possessivo e invadente che la madre vorrebbe donargli. È l’unica incrinatura in una vita apparentemente perfetta, l’unico strappo nel tessuto cucito a mano da Cornelia. Un incidente automobilistico in cui Barbu investe e uccide un bambino sembra offrire l’occasione, il pretesto, per riavvicinare il figlio e poter tornare a controllare la sua vita.

La più celebre Cornelia ad aver dedicato la vita ai propri figli è senza dubbio la madre dei fratelli Gracchi di romana memoria; educatrice, consigliera, fiera ostentatrice delle virtù filiali fin dalla più giovane età. La Cornelia di Natzer ha molto poco da spartire, oltre al nome, con la matrona romana. Le accomuna il benessere, sì, e l’aver consacrato la vita alla crescita, in tutti i sensi, dei figli, ma gli esiti le allontanano, le portano agli estremi opposti.

L’ansia di controllo assoluto che la madre di Il caso Kerenes proietta sul figlio è indipendente dallo stesso interesse di Barbu, va oltre la necessità dell'uomo reale per caricarsi esclusivamente della proiezione ideale che la donna ha fatto del proprio figlio. Cornelia vive in un mondo in cui tutto è disponibile, tutto è inclinabile secondo la sua volontà. Non è prepotenza, o arroganza. È abitudine. Proprio per questo non può accettare che a sfuggirle, unico evaso dalla prigione di cui è sovrana, è il figlio tanto amato. L’incidente le apre la strada per una gloriosa offensiva, per invadere massicciamente la vita del figlio ora a rischio di fronte alla minaccia dei quindici anni di carcere che arriverebbero con una condanna. È la breccia in cui inserisce il suo esercito di conoscenze per sabotare il meccanismo della giustizia e riportare il figlio a casa, la sua. Barbu è un inetto a vivere: l’amore asfissiante che come ossigeno purgato respirava nella casa familiare ha finito per renderlo un guscio d’uomo, ma questo a Cornelia non importa. A lei importa solo che lui segua i suoi consigli, che la sua vita assomigli a quella che lei vorrebbe.

Più che soffermarsi sul rapporto madre-figlio, a Netzer interessa concentrarsi sulla madre, incarnazione di un potere apprensivo e oppressivo, espressione della possibilità del male attraverso una concezione errata di amore come controllo. Dietro la dimensione individuale e familiare si delinea un affresco sociale in cui le differenti classi sociali non si incontrano ma possono solo scontrarsi. Cornelia rappresenta quella borghesia abituata a risolvere ogni situazione ricorrendo all’autorità della conoscenza, dell’aggancio, della corsia preferenziale. L’immagine della Romania che emerge non è distante da realtà note: un paese facilmente incline alla corruttibilità, più che alla corruzione, in cui prevale un atteggiamento mentale che porta a lasciar prevalere l’autorità di censo sull’autorità legale (il rapporto tra Cornelia e gli agenti incaricati del caso ne è la prova). La famiglia modesta del bambino ucciso vede le proprie possibilità di giustizia diminuire sempre più sotto i colpi del denaro della famiglia di Barbu, trovando però nella dignità del dolore il coraggio e la forza di rifiutare ogni tipo di compromesso per raggiungere una morale altra, alta.

Călin Netzer accompagna la perfetta Cornelia di Luminiţa Gheorghiu con telecamere mobili e nervose. In due momenti dimostra tutto il suo talento: l’iniziale festa di compleanno (con sottofondo musicale di Nino D’Angelo e Gianna Nannini); il confronto tra Cornelia e i genitori del bambino.

(Il caso Kerenes, di Călin Peter Netzer, 2013, drammatico, 113’)

 

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