“Il luogo senza confini” di José Donoso

di / 21 ottobre 2013

Il luogo senza confini (Sur, 2013), secondo romanzo del cileno José Donoso, è un libro che, nella sua semplicità, nasconde significati molteplici, a partire proprio dal titolo: il luogo in questione è sia El Olivo, il minuscolo paesino del Cile in cui si svolgono i fatti narrati, sia, tenendo presente la citazione del Dottor Faust di Marlowe posta in esergo, una delle possibili rappresentazioni dell’inferno – «L’inferno non ha confini».

Ad abitare questo luogo “infernale”, c’è Manuela, un travestito sessantenne che ormai da anni movimenta le serate del bordello gestito insieme alla figlia, la Giapponesina. È arrivata un giorno, Manuela, dalla lontana Talca e non è più riuscita a ripartire, anche per via di una scommessa fatta tra la madre di sua figlia, la Giapponese Grande, e Don Alejandro Cruz, il signore indiscusso dell’intera El Olivo.

Uomo nel corpo e in quanto padre, ma donna nell’animo, Manuela vive il suo inferno personale tra i rimorsi di un passato ormai distante e il desiderio di riscossa lontana da quel luogo, una riscossa che significherebbe per lei essere ammirata e amata da tutti, lei che, con il suo vestito rosso, ormai logoro, quando balla non ha eguali – è così che Manuela fiorisce e si rivela in tutta la sua vitalità e sensualità ambigua.

Intorno a Manuela ruotano, oltre alle prostitute del bordello, tutta una serie di personaggi attraverso cui Donoso mette in mostra la realtà cilena con i suoi mutamenti in corso, tra i quali lo scontro fra la tradizionale società rurale, basata sul feudalesimo, e la nascente borghesia – i continui contrasti tra Don Alejandro e Pancho Vega, camionista rozzo e primitivo che cerca nel denaro il suo riscatto sociale, ne sono una prova.

Scritto durante uno dei momenti di stallo che Donoso ha avuto nella stesura del suo romanzo più celebre, L’osceno uccello della notte, Il luogo senza confini è una rappresentazione lirica ma mai liricizzata di un microcosmo triste e meschino, e per questo autentico e pulsante. È superba la bravura dell’autore nel passare dalla terza persona narrante alla prima persona dei monologhi interiori di Manuela, dai dialoghi vivi dei personaggi alle descrizioni silenziose di un luogo in cui tutto è fango e indifferenza di un dio che delega i suoi poteri a Don Alejo e ai suoi cani. Donoso sembra accarezzare le sue e le altrui ferite con le parole: attraverso un linguaggio per lunghi tratti poetico, quasi riesce infatti a rendere accettabile la sofferenza esistenziale propria della condizione umana.


(José Donoso, Il luogo senza confini, trad. di Francesca Lazzarato, Sur, 2013, pp. 149, euro 14)

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