“Il casale” di Francesco Formaggi

di / 31 ottobre 2013

Viene in mente, leggendo Il casale di Francesco Formaggi (Neri Pozza, 2013), uno di quei funzionali, oliatissimi congegni narrativi che erano, di solito, i film del grande Hitchcock: ne ha, questo romanzo, la calibrata utilizzazione del tempo e dello spazio, a partire dall’arrivo in macchina, con i premonitori incidenti di percorso e il loro macabro valore di preannuncio, fino al sostituirsi di una sferzante pioggia da girone dantesco alla calura vacanziera di luglio, via via che la vicenda si avvita verso la catastrofe.

E così il luogo – quasi geometrico – entro cui, con perfezione di unità aristotelica, va in scena il dramma: il casale appunto (il che, retrospettivamente, carica di senso, fin nell’allusione alla sua parte, diciamo così, “muraria”, l’essenzialità un po’ scialba del titolo) e, ovviamente, i suoi dintorni, in cui si dispiega una naturalità non propriamente bucolica.

Del resto, alla sceneggiatura filmica il ductus della storia si avvicina sempre di più lasciando da parte gli iniziali indugi narrativi, come quello su energia/mollezza delle strette di mano, o l’insistenza nella descrizione della bruttezza del corpo, maschile, soprattutto, che avevano insaporito i capitoli iniziali di una – abbastanza hitchcockiana, di nuovo! – ironia dell’inadeguatezza e del disagio.

Lo stesso può valere per il dialogo che, dapprima giocato non senza leggerezze da commedia, si fa sempre più duro, nudo, rimbalzante, di battuta in battuta, fra i personaggi come i fendenti scambiati su un ring. 

E se qualche perplessità il retroterra psicologico dei personaggi (non sappiamo mai, ad esempio, cosa abbia avvinto il protagonista alla sua ragazza, al di là di un’ovvia pulsione eterosessuale: detto altrimenti, che ci trova, in lei? E lei, in lui? Né alcuno, dei personaggi, sembra mosso da alcunché di superiore a un più primitivo livello di sessualità), effettivamente la lascia, quando poi i fatti si mettono a girare sempre più vorticosamente si finisce per non farci più caso, e ci si lascia prendere nel loro implacabile scivolare da piano inclinato, si trova del tutto persuasiva quella che si rivela come la tesi di fondo del libro: l’emergere sempre più conclamato del male, a cui la vicenda s’incarica di fornire niente più che uno straccio di  pretesto per sprigionarsi, e squadernare la sua belluina, distruttiva potenza. Fino all’indovinatissimo explicit, che va a segno come un colpo basso: lasciandoci, per altro, poco meno che entusiasti.

(Francesco Formaggi, Il casale, Neri Pozza, 2013, pp. 240, euro 16,50)

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