“Tuttissanti” di Teresa Ciabatti

di / 28 novembre 2013

I vocabolari non mettono d’accordo. Anche quando si tratta di lavoro. C’è chi ogni giorno adempie al suo dovere e non per questo viene remunerato, sentendosi raccontare che a cieli così avari è inutile scuotere le tasche. Lo stipendio, poi, è quasi un corollario. Il fiore all’occhiello di chi non ha più una giacca. C’è poi chi si alza il pomeriggio, s’imbelletta anche il fiato, si acciambella su una sedia, infioretta qualche insulto e disseta il portafoglio. Nel tempo di una pausa pranzo. C’è un ultramondo a portata di zapping, un iperuranio mediatico, in cui sono Tuttissanti (Il Saggiatore, 2013). Basta sfregare la lampada al plasma e il gioco è fatto.

Peccato non fuoriescano geni. Ma mezze cartucce. Teresa Ciabatti, autrice sempre quest’anno de Il mio paradiso è deserto (Rizzoli) e per sua stessa ammissione gran divoratrice di programmi tv di ogni tipo, specie quelli nazional-popolari, ci porta al di là della soglia magica, in questo brevissimo docu-romanzo a bordo della vita di Lucio. Alter ego di Lele Mora.

Impresario, pigmalione, demiurgo, guru, profeta del trionfo possibile. Reclutatore e creatore di pseudo-talenti. Ovvero di involucri. Bambolotti lucidati, come il Ken/Tom Selleck della copertina. Ragazzi e ragazze ben assemblati, muscolosi, panati a dovere, replicanti intercambiabili dell’esercito del vuoto. Corteggiatori o tronisti, veline o concorrenti di reality, prodotti fiammanti del subumano. Spacciati per eroi, protagonisti incipriati dell’epica prêt-à-porter, con frasi agonizzanti da pronunciare come massime. Nella brillante scuderia di Lucio, un giorno approda Christian, paesano robusto e senza doti, che però vuole emergere, nonostante tutto, nonostante il suo niente da proporre al futuro.

Lucio non sa perché, ma resta attratto da quel tipo qualunque, da quell’umile pochezza che gli sgorga dagli occhi e cerca di regalare al nuovo arrivato il sogno che aspetta così forte. Lo travolge nella sua girandola di trasmissioni, paparazzi, serate in discoteca, in cui gli euro scrosciano a migliaia solo per entrare in un locale e sorridere dentro una foto. Si spalancano gli ingressi più lisci, quelli più ambiti. Christian in poche settimane può comprare quasi ogni voglia.

Sbarca in prima serata cavalcando un talent show, ma poi la salute lo abbandona e basta meno di un soffio a violare il cristallo di quell’universo.

Non per tutti è facile ingoiare una sconfitta. Anzi, per molti a quella è preferibile il veleno.

L’autrice conosce bene le coordinate di quel mondo, trasformandolo in materia letteraria. Permettendo una navigazione più che fluida nel suo interno iridescente. Con lei, nel suo periodare secco ed essenziale, ci si addentra agevolmente nelle ville in Sardegna, nel gruppo laccato e confuso di discepoli seriali, nelle fiere cerimonie d’aria trita dove solennizzare il nulla. In assenza di altro.

E ha ragione sempre la Ciabatti nell’affermare che quei programmi tanto dispregiati narrano qualcosa della nostra storia, le nuove categorie dell’appetibile per schiere sempre più folte di spettatori.

Sinonimo altamente digeribile di comune mortale. Ovviamente non vale per tutti. Ma ci sono sempre più adolescenti e ragazzi – descritti già qualche anno fa nel romanzo di Giulio Messina Prima che sia giorno (Marsilio, 2009) o nel saggio Gioventù sprecata di Marco Iezzi e Tonia Mastrobuoni (Laterza, 2010) – che da grandi vogliono diventare soubrette, “prezzemolini”, ospiti fissi di gossip e salotti. Nuove leve per cui la coniugazione dei verbi è un gruppo di facebook, miliziani del vacuo che credono basti galleggiare, ben vestiti, davanti alle telecamere.

Tutti genuflessi davanti al tempio del successo democratico. Aperto a chiunque ci sappia fare.

Col nome giusto a trainare la rotta.

Perché stare sotto i riflettori equivale a essere qualcuno. E guadagnare corrisponde a lavorare.

E se qualcosa s’incrina, quando le uniche guerre vissute sono quelle davanti alla playstation, le spalle potrebbero cedere.

Perciò affacciarsi a queste pagine è tutt’altro che superfluo. Capire cos’è diventato tanto desiderabile. Così come è interessante approcciare la figura di Lucio/Lele. La sua infanzia, l’inquietante purezza a baluardo dei suoi proseliti. Genitore e amante, professionale e affettivo, pastore e manager, grande moralizzatore, capace di costruire personaggi ad hoc, patrono di Tuttissanti. Questo, sia chiaro, non è un libro imprescindibile, i suoi dialoghi non entreranno negli annali letterari. Ma resta una lente d’ingrandimento, una guida turistica sui dintorni tv senza etichette né giudizi di merito. Per quelli bastano due minuti di messa in onda.

(Teresa Ciabatti, Tuttissanti, ilSaggiatore, 2013, pp. 64, euro 10)

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