“Capitomboli” di Luca Ragagnin

di / 4 dicembre 2013

Siete stanchi di libri dalla trama troppo prevedibile? Le abbazie piene di delitti e di monaci impiccioni con la barba finta da Sherlock Holmes vi hanno stufato? Meglio ancora: è il concetto stesso, di trama, che ormai vi disgusta? Bene, ho il libro che fa per voi: Capitomboli. Divagazione in Dissolvenza su Tutto di Luca Ragagnin (Miraggi Edizioni, 2013). Ecco: se per trama intendete una successione di “fatti”, di azioni che i personaggi compiono o parole che si scambiano e, bene o male, conducono a un finale, ecco, il libro che vi sto raccomandando una trama così non ce l’ha.

Se trama c’è (e c’è, datemi il tempo di provarvelo…), non è di sicuro quella connessione tra vicende, temporalmente intese, cui siete abituati: no, qui l’intreccio della narratologia è invece fra nomi, i 165 nomi che s’intruppano a fine volume sotto l’estrosa titolatura «Rubrica degli Smarriti». Nomi, in prevalenza, di autori di libri: c’è anche una spolverata di pittori e altri creatori non certacei, ma sono una sparuta minoranza. Nomi, con ancora più netta prevalenza, di autori di libri del secolo scorso, il tremendo, inconcludente Novecento.

È fra questi scrittori, fra un lacerto e l’altro di una loro opera, o un frame della loro vita o  (sì, è come pensavate) della loro morte, che si tendono i fili di questa particolarissima narrazione – da non virgolettare come amano ora in politica –, e la motivazione intima di queste connessioni è, probabilmente, la parte più stimolante di questo libro. Essa infatti non è, quasi mai, del tipo «Dato A, ne consegue necessariamente B»: il più delle volte al lettore tocca la sfida (il gusto?) di lasciarsi assorbire nella pagina al punto da intuirla, e non sempre si è sicuri fino in fondo di esserci riusciti. Si è però certamente catturati entro la sapiente tessitura ragnesca dell’autore.

Anche a causa di una prosa che sa essere, a un tempo, svelta, colloquialmente viva e coinvolgente, e anche, quando occorre, distesa su più ampie membrature narrative, piegata a finezze di lessico di cui si assapora la risonanza poetica. 

Infine, last but not least, l’impaginazione stessa, coi rimandi bibliografici in margine, invece che a piè di pagina, la gradevole alternanza di oasi fotografiche, gli spiritosi capolettera a inizio di capitolo… pardon, “capitombolo” (secondo la loro paronomastica titolatura), dopo essere comparsi tutti, in buon ordine alfabetico, sulla copertina. E qui, il coup de théatre:la copertina bisogna cercarsela sotto una sovraccoperta, non meno elegante e graficamente inventiva, ma stampata in una curiosa carta da pacchi, con però, più o meno al centro, un foro da cui occhieggia invitante la baigneuse in costume anni Venti che si avvinghia a ciascuna delle sottostanti maiuscole.

Libro, in conclusione, tutt’altro che usuale: e perciò stesso (non fosse poi, la meditata riflessività del discorso che, a lettura conclusa, ci si accorge di aver seguito, da uno all’altro dei nove “capitomboli”) caldamente consigliato, a chi legge.

 

(Luca Ragagnin, Capitomboli. Divagazione in Dissolvenza su Tutto, Miraggi Edizioni, 2013, pp. 128, euro 14)

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