“300 - L’alba di un impero” di Noam Murro

di / 11 marzo 2014

Ci sono voluti sette anni per proseguire il racconto della seconda guerra persiana tra i greci e l’esercito asiatico guidato dall’imperatore Serse iniziato in 300 di Zack Snyder, ispirato dal fumetto omonimo di Frank Miller del 1998. Ora Snyder passa in sceneggiatura e produzione, lasciando la regia a Noam Murro sprovvisto di un testo di Miller a cui guardare, se non le bozze di quel Xerxex ancora in fase di scrittura che sarebbe dovuto uscire in contemporanea con il film.

Ricostruzione fantasiosa della battaglia di Salamina (480 a.c.) con cui l’alleanza delle poleis greche ottenne la prima importante vittoria contro le truppe persiane prima dei definitivi successi di Platea e Micale, 300 – L’alba di un impero ha il pregio più grande nello spunto narrativo: non seguito o prequel del film del 2007, ma storia parallela e contestuale, incentrata su fatti contemporanei alla battaglia delle Termopili messa in scena da Snyder. Si tratta di un modo inedito di fare cinema in cui si vede l’influenza dello sviluppo del linguaggio televisivo delle grandi serie.

Mentre Leonida resiste nella battaglia delle Termopili, l’ateniese Temistocle appresta la difesa marittima della Grecia alla guida di una flotta inferiore per numero, mezzi e risorse rispetto al colossale potenziale persiano, fronteggiando le navi condotte dal luogotenente di Serse, la sensuale e spietata Artemisia di Alicarnasso, a largo di capo Artemisio. Saranno le prove generali della battaglia di Salamina che portò una prima inattesa vittoria all’alleanza greca.

Ci sono molte licenze nell’esposizione dei fatti della seconda guerra persiana. Non poteva essere altrimenti. L’operazione è quella di perpetrare l’immaginario machista del primo film, ma se lì la storia veniva in soccorso con una trama di eroismo e sacrificio autentica, con la resistenza spartana delle Termopili che ha già in sé le caratteristiche sufficienti per elevare la storia a epica e che può anche portare a giustificare una certa libertà nei confronti della storiografia da parte di Miller prima e Snyder poi, le battaglie navali guidate da Temistocle hanno il sapore di un altro tipo di eroismo: non il valore personale, ma il genio tattico dello stratega. Un tipo di materiale ben diverso per essere convertito in cinema spettacolare, soprattutto per mostrarlo secondo i criteri dell’estetica generata dal primo 300. Ecco che quindi diventa necessaria un’opera di adattamento e trasformazione della storia per cercare di riproporre un film che sia il più possibile simile al precedente del 2007, con Temistocle elevato al rango di predestinato, cui viene attribuito un ruolo ben più importante della realtà dei fatti nella vittoria di Maratona durante la prima guerra persiana (490 a.c.), con tanto di responsabilità dell’uccisione del re Dario e della conseguente volontà di vendetta maturata dal figlio Serse, al quale va contrapposto un avversario di sicura presa individuato nel comandante Artemisia, regina di Alicarnasso, adattata a una rappresentazione sessuale-predatoria mutuata dalla serie HBO Il trono di spade.

Nello sforzo di accostarsi il più possibile allo stile visionario di Snyder, il pubblicitario Murro perde ogni traccia di identità limitandosi a riproporre le forme espositive di 300 esaltate questa volta, nelle intenzioni almeno del regista e della produzione, dalle possibilità del 3D, e cercando a tutti i costi la frase memorabile da consegnare all’immaginario collettivo al fianco dei vari «Questa è Sparta» e «Stasera ceneremo nell’Ade». Il punto è che senza il carisma dei personaggi (il Temistocle di Sullivan Stapleton è insignificante rispetto a Gerard Butler/Leonida, il temibile Serse di Rodrigo Santoro del primo film diventa praticamente un imbecille manipolato da Artemisia, interpretata da Eva Green, unica che lascia una traccia) e con una trama sfilacciata che non si preoccupa di essere continua, i tripudi di CGI e i virtuosismi di camera nelle scene di battaglia diventano ridondanti e sterili. Al quindicesimo fiotto di sangue proiettato dal 3D verso la platea nei primi dieci minuti si avverte molta più noia che meraviglia, e l’abuso del ralenti per dare enfasi ai movimenti dei guerrieri porta a chiedere quale sarebbe il reale minutaggio del film mandato tutto a velocità normale.

 

(300 – L’alba di un impero, di Noam Murro, 2014, fantasy/storico, 102’)

 

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