“Il ricatto” di Eugenio Mira

di / 18 marzo 2014

Già passato al Torino Film Festival come film di chiusura, arriva Il ricatto, thriller di ambientazione musicale del regista spagnolo Eugenio Mira che guarda da vicino al cinema di Alfred Hitchcock.

Tom Selznick è un brillante pianista afflitto da panico da palcoscenico esploso dopo aver fallito l’esecuzione dal vivo di La Cinquette, pezzo per pianoforte solo di una complessità unica composto dal suo mentore Patrick Godureaux, unico interprete al mondo capace di suonare le ultime quattro battute. Proprio per rendere omaggio al suo maestro, scomparso l’anno prima, Selznick accetta di tornare a Chicago per esibirsi dal vivo, suonando il pianoforte appartenuto a Godureaux, dopo cinque anni di assenza dagli auditorium, per un evento promosso e ispirato dalla sua fidanzata, l’attrice di grande successo Emma. Durante il concerto scoprirà, dallo spartito, che la sua vita e quella di Emma sono in pericolo e che la sua sopravvivenza dipende esclusivamente da una perfetta interpretazione di La Cinquette. Tenuto sotto tiro dal fucile del suo interlocutore invisibile, il pianista non ha altra possibilità che concentrarsi su un’esecuzione impeccabile così come gli viene richiesto.

Non ha paura di confrontarsi con Alfred Hitchcock, il regista spagnolo Eugenio Mira, alla terza prova dopo i due thriller The Birthday e Agnosia, entrambi inediti in Italia. Il riferimento al maestro della suspense non è mascherato, e non ce n’è bisogno, è anzi il gioco su cui fa leva Il ricatto (molto più pertinente il titolo originale, Grand Piano). Perché se Hitchcock viene chiamato direttamente in causa da Selznick mentre parla per la prima volta con il suo aguzzino, con riferimento a Paura in palcoscenico, l’intera struttura della minaccia all’interno del teatro richiama L’uomo che sapeva troppo e la sequenza dell’attentato alla Royal Albert Hall.

Mira è abile nell’aggirare il rischio della ripetizione e della stasi implicite nel fixed setting e nella scelta di lasciare Elijah Wood in pratica solo sulla scena per gran parte del film. Proprio la contrapposizione tra la necessaria immobilità del bersaglio Selznick e la continua, incessante, idea della morte che il cecchino gli ispira parlandogli via auricolare, contribuisce a mantenere alto il livello di tensione in un modo che per certi versi ricorda In linea con l’assassino (2003) di Joel Schumacher.

La regia, anche essa mutuata da Hitchcock filtrato da Brian De Palma, non teme il virtuosismo, soprattutto nella prima parte più dinamica, lasciando muovere la camera senza stacchi di montaggio e con un uso anche troppo compiaciuto del piano sequenza e della profondità di campo. Notevole lo stacco gola tagliata – archetto di violoncello.

Forte della sua parallela attività di musicista e compositore per il grande schermo, Eugenio Mira declina in un’allegoria estremizzata il panico di esibirsi comune a molti artisti. La paura del palcoscenico si trasforma da concetto teorico e psicologico a minaccia concreta: all’errore non corrisponde più una recensione negativa ma la morte, con gli occhi del pubblico trasformati in mirini di fucile.

Chiamato a reggere il film per buona parte da solo, Elijah Wood se la cava producendosi anche in un pianismo credibile che ha richiesto mesi di preparazione per rendere verosimili anche i soli movimenti in scena.

Nonostante le numerose inverosimiglianze che riguardano soprattutto l’idea generale del palco trasformato in trappola mortale, Il ricatto riesce a mantenersi in una struttura compatta e tesa, forte anche di una breve durata, prima di rovinarsi in un finale eccessivamente, e inopportunamente, orientato verso l’azione. Se lo si guarda come un omaggio celebrativo e divertito a Hitchcock e al cinema noir anni Cinquanta, funziona. Se si cerca altro, è meglio lasciar perdere.

 

(Il ricatto, di Eugenio Mira, 2013, thriller, 90’)

 

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