“Il padre infedele” di Antonio Scurati

di / 2 luglio 2014

«C’è qualcosa di storto in un uomo quando l’intero esercito delle sue debolezze viene passato in rassegna dagli occhi ignari della bambina».

Quando l’orologio della cucina segna puntuale le dieci di mattina, Giulia sbotta in un singhiozzo. «Forse non mi piacciono gli uomini»: è l’unica frase che riesce a pronunciare, e suo marito non si precipita a consolarla; dapprima immobile davanti al pianto convulso della moglie, cerca distrazione nel ritmico scandire delle ore e arriva presto ad ammettere a se stesso che non può darle la colpa di nulla.

In una specie di diario di confessioni intime, Glauco Ravelli, cuoco d’avanguardia laureato con una tesi sulla morte dell’arte in Hegel, racconta il proprio (infelice) ruolo di marito e di padre, dai primi incontri con la donna che sarebbe diventata la madre di sua figlia e dal loro innamoramento, passando per le repulsioni della moglie, i tradimenti immaginari o meno di lui, per arrivare al lento ma inevitabile disincanto della vita di coniuge e di genitore.

Dopo essersi tenuto per anni alla larga dal «veleno delle emozioni», vivendo felicemente la spensierata, cinica e nichilista vita da maschio solitario, assiste all’immagine della contentezza domestica ricreata in uno spot Barilla e prova il morso della solitudine. Intuisce subito però che il ruolo pater familias che fa la spesa al supermercato scegliendo confezioni risparmio, promette tutto tranne la felicità. E tale si sarebbe rivelato.

Il padre infedele (Bompiani, 2014) di Antonio Scurati è una storia che, raccontata dalla voce cinica e intima del padre novello, affronta questioni importanti sul ruolo e l’identità di uomini, donne, madri e, infine, padri, anzi, papà. Papà quarantenni che si sentono impauriti, nervosi, stanchi e anagraficamente inadatti alla paternità. Papà che non si trovano a loro agio dentro quel ruolo che avevano intuito che gli sarebbe toccato un giorno, al quale tuttavia giungono del tutto impreparati e persi, invocando maldestramente e senza successo quella virtù che dovrebbe essere in loro innata.

Alle confessioni intime sul declino della felicità di coppia e sull’inadeguatezza nel ruolo di padre, si uniscono riflessioni che richiamano anche Gli anni che non stiamo vivendo – raccolta di saggidi Scurati – in cui l’autore affronta, tra l’altro, anche il tema della generazione «più agiata, nutrita, longeva, sana e protetta che avesse mai calcato la faccia della terra», che eppure è una generazione insicura, depravata e con l’aria sempre un po’ disgustata. Una generazione che pretende, ma indugia prima di concretizzare, che anche se ottiene, dubita della propria scelta; una generazione affamata e mai satolla. Sono padri moderni, spauriti e a volte nauseati davanti all’impossibilità di (continuare a) vivere nell’illusione della felicità, dello scontro con la scomoda realtà dei figli che piangono e non dormono e non lasciano dormire, delle mogli che a loro volta combattono contro le proprie delusioni e girano le spalle al marito e suscitano pena e rabbia.

La repulsione di lei e la conseguente repulsione di lui, lo porteranno a fantasticare su «demoni femminili di ogni genere», che potrebbero appartenere alla realtà come alla fantasia, iniziano ad assalirlo. Non si arriva oggi a provare sensi di colpa: Glauco Ravelli, tradita la moglie, si sente però in colpa al cospetto della propria figlia. Si sente un padre fallito. Con il crescere della figlia, tuttavia, inizierà a recuperare sempre più fiducia del proprio ruolo del genitore e si sentirà autorizzato a pronunciare – in toni sempre più cupi, apocalittici e meno cinici – critiche sulla società odierna finendo per sentirsi un sorta di «eroe dei nostri tempi». Eppure non riesce a convincersi. Né a convincere noi lettori.

Del romanzo di Scurati si è parlato molto: è tra i titoli finalisti del Premio Strega di quest’anno, e ha risvegliato molte polemiche per il presunto autoplagio da Il bambino che sognava la fine del mondo, con cui nel 2009 aveva proprio sfiorato la vittoria dello Strega, battuto di un solo punto da Tiziano Scarpa con Stabat Mater.

Al di là delle controversie che ogni anno si scatenano intorno al premio letterario, Il padre infedele, con un linguaggio curato e mai banale, rappresenta non solo uno sguardo sui (mancati) padri e mariti di oggi, ma soprattutto una disincantata e lucida visione della società moderna, dei suoi vizi, delle sue tante mancanze ed esuberanze, di un’Italia della crisi, insomma.

(Antonio Scurati, Il padre infedele, Bompiani, 2014, pp. 208, euro 17)

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